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Nov
08

diario di campagna n°214

we-have-a-war-garden
Disclaimer: questo sarà un post polemico dai toni a tratti un po’ accesi… se si vuole innescare una blogwar siete i benvenuti, vado a prendere la piccozza e torno subito 😉

Sono stato un po’ lontano dal computer in questi giorni, ma la “finestra” temporale per completare i 1000 mq di orto non è un dato certo e và presa al volo prima che il terreno si inzuppi.
Sarà l’aver messo da parte la rumorosissima motozappa, sarà la pratica zen del rastrellare le superfici dei bancali, saranno i movimenti lenti e silenziosi del pacciamare con la paglia ma ho finalmente riacquistato la facoltà di pensare.

Quando sono tornato davanti allo schermo ho letto questa notizia via weissbach (uno dei miei tank di notizie sul mondo di fuori) …

Sinceramente, mi spiace per il signor Agostino e per tutti quelli nella sua posizione ma…
basta con l’ eco-retorica del “Contadino”, per favore!

Basta con la teoria dei guardiani della terra bistrattati e maltrattati, basta con l’immagine dei portatori di tradizione legati ai cicli della natura dalle mani grosse e sporche di terra… vi prego…basta…

Siamo al ripescaggio della retorica dell’arcadia del ‘700, saggi pastorelli e licenziose fornarine che zampettano felici tra macchie di sorbo e campi di papaveri cantando stornelli…
Ma ci avete fatto caso? I papaveri nei campi di grano non ci sono più… li hanno sterminati con i diserbanti selettivi comprati con i finanziamenti statali!

Mi controllo.

Io vivo nel bel mezzo del posto di lavoro dei contadini, può essere che da altre parti siano diversi, ma qui sono compatibili ed idealizzabili quanto Marchionne quando piange per ulteriori finanziamenti all’industria dell’auto. (non mi sono controllato…)

Qui, durante la stagione estiva kilometri cubi di terreno fertile se ne volano via trascinati dai venti caldi grazie a tecniche agricole non sostenibili.
Ogni anno vengono richiesti più contributi per ristabilire la fertilità del terreno attraverso prodotti chimici costosissimi dal punto di vista energetico (la produzione industriale dell’azoto è un massacro energetico) che vengono continuamente dilavati andando ad inquinare le falde.
Qui i contadini prendono il trattore più grande e potente che hanno per lavorazioni superficiali bruciando quintali di gasolio e si lamentano per i controlli che non gli permettono più di utilizzarlo per andare in giro con il fuoristrada o scaldarci la casa.
Sono quelli che prendono sovvenzioni statali per fare le rotazioni ma poi non le applicano in una logica assurdamente autolesionista.
Sono quelli che comprano in nero diserbanti e fertilizzanti per mantenere le certificazione bio.

I contadini da “ideale” si sono estinti almeno due generazioni fa, gli ultimi sono quasi centenari e faticano anche a riconoscere i propri parenti… Sono stati spazzati via dalle politiche agrarie dissennate messe in atto dagli anni ’50 ad oggi. (a titolo di esempio quest’articolo) Quelli attuali hanno si e no l’età di mio padre e sono quelli che, per ignoranza o convenienza, si sono seduti su un sistema non sostenibile e l’hanno protratto fino ad oggi.

Ed oggi? Sveglia, siamo in crisi, lo siamo da anni ma abbiamo sempre fatto finta di niente.
Per quale recondito motivo devo condannare confindustria che chiede più aiuti all’impresa e non confagricoltori? Il settore dei trasporti è al primo posto come emissioni di CO2, l’agricoltura gli sta di poco dietro si salva solo perché il calcolo delle emissioni inquinanti si ferma all’anidride carbonica e trascura le emissioni di metano e protossido di azoto. Forse se si smette di compatirli e finanziarli entrambi si sveglieranno ed incominceranno a “cambiare”, a modificare dei sistemi assolutamente insostenibili in cui si sono rinchiusi.
Le associazioni di categoria dei contadini sono quelle che si sono opposte al decreto della comunità europea che autorizza la vendita della frutta e verdura “imperfetta”. Riferimenti: qui e qui

Allo stato attuale i contadini da retorica bucolica sono, tendenzialmente, “sciroppati” sui 30-40 anni, spesso senza vere e proprie radici contadine (per quanto tutti le si abbia: l’Italia è un paese dall’industrializzazione relativamente recente, ma ce la tiriamo come fossimo dei leader della new-economy…) che hanno mollato le precedenti professioni per inseguire quell’immagine candidamente agreste.
Gente che lavora cercando di fare una differenza, fuori dalle regole di un “Mercato” o nonostante esso. Gente che inventa e sperimenta.
Persone di cui, mi spiace, ma non posso dichiarare di far parte ( io sono qua perché non avevo molte altre scelte! O così o a spazzare i cessi da McDonald e a 37 anni mi sembrava veramente troppo…)

Mi spiace… ma non ci sarà mai niente di buono da imparare dai contadini attuali.

“Non è mai troppo tardi per rinunciare ai nostri pregiudizi. Non possiamo accettare nessuna maniera di pensare o di agire – per quanto antica essa sia – senza averla precedentemente sperimentata. Ciò che tutti, oggi, accettano per vero apertamente o senza discutere, può apparire falso domani; puro vapore di opinioni…”
“…ciò che i vecchi vi dicono che voi non potete fare, fatelo: così scoprirete che invece ne siete capaci…”
“ Sono vissuto per circa trent’anni su questo pianeta, e ancora debbo sentire dai più vecchi di me la prima sillaba di un consiglio valido o per lo meno sincero. Essi non mi hanno detto nulla, e probabilmente non possono dirmi nulla, che serva allo scopo. La vita è un esperimento che in gran parte io non ho ancora tentato; il fatto però che essi l’abbiano portato a termine, a me non porta vantaggio alcuno. Se posseggo qualche esperienza che penso possa essermi utile, mai di essa i miei Mentori mi fecero menzione.”
“Un contadino mi dice:”Non si può vivere solo a dieta vegetale, poiché essa non fornisce le sostanze per formare le ossa”. E pertanto egli dedica religiosamente parte della sua giornata a fornire il proprio organismo delle materie prime necessarie alla formazione delle ossa; e mentre parla, cammina dietro ai suoi buoi, che, con le ossa fatte di sostanze vegetali, si trascinano appresso a lui e il suo pesante aratro, per quanti ostacoli abbiano davanti.”

Henry D. ThoreauWalden ovvero vita nei boschi – (1845-47)

Lo ripeto, l’agricoltura così come la conosciamo è insostenibile, è una delle pratiche più insostenibili che il genere umano abbia creato dal neolitico ad oggi, i suoi danni sono a lentissimo rilascio ma ci sono e sono devastanti. (Il già citato articolo di Jared Diamond)

Quindi, vi prego, basta condannare le emissioni di CO2 dell’agricoltura, i vari picchi (petrolio, fosforo, suolo fertile), gli inquinamenti delle falde a seguito degli allevamenti di bestiame per poi idealizzare chi in quel sistema ha prosperato fino all’arrivo della crisi…
Vi prego, prendete una zappa, scalzate il prato all’inglese e le begonie, andate in comune a chiedere un pezzo di orto urbano, occupate le aiuole del parco, montate giardini pensili sul balcone, trasferitevi in un capanno da pesca sul Trasimeno e siate quel contadino che idealizzate.

Altri articoli di interesse pescati a caso:
Le cinque attività umane più inquinanti
Deterioramento dei terreni agricoli
e l’introduzione a “Walden – ovvero vita nei boschi” fatta da WuMing2


26 Risposte to “diario di campagna n°214”


  1. novembre 20, 2008 alle 5:19 PM

    Quando Nicola lascia il rastrello e da’ di piglio ai pennarelli e alla tastiera io lo adoro proprio, applausi applausi 🙂

    Un paio di distinguo però li avrei anche. Dopo, però, che ora sono in produzione.
    (In nottata se non tracollo linko, anche se inutilmente, chi legge me legge già anche qui).

    Applausi, applausi :))

  2. 2 alessandro
    novembre 20, 2008 alle 7:34 PM

    sei un mito… Ti sobillo ulteriormente chiedendoti: e vogliamo parlare degli allevatori? Massimo rispetto!

  3. novembre 20, 2008 alle 11:47 PM

    Apprezzo la tua scelta radicale ed il tuo coraggio di URLARE.
    Mi considero e scusa se mi permetto di considerarti un apocalittico (mi sono sempre sentito un apocalittico), nel senso di qualcuno che vede prima della moltitudine la fine di un’epoca e l’inizio, speriamo, di un’altra.
    Ognuno di noi DEVE prendere in mano la sua zappa ed incazzarsi come una jena, la nuova rivoluzione dev’essere veramente contadina (nel senso di amore per la terra) questa volta; ne ho abbastanza delle cicliche rivoluzioni borghesi che sostituiscono una borghesia con un altra, questa mentalità borghese che ci si è ormai incrostata dentro deve essere rimossa.
    Abbiamo però troppa paura di perdere quella poca sicurezza che abbiamo. Lascio un lavoro statale con una moglie iper-precaria e un figlio di un anno e mi metto a fare il contadino di aiuole? Dovrei farlo o forse fra un po’ mi toccherà farlo. Non mi sento ancora pronto (dovrei esserlo perché c’è meno tempo a disposizione di quello che pensiamo), ma quello che posso fare in questo momento è condividere, conoscere, sperimentare un nuovo stile di vita e mi solleva il fatto che piano piano sto trovando una comunità (in rete e nel quotidiano della mia città) che mi fa sperare per il futuro, è già qualcosa per iniziare…

    duri i banchi! come si dice a venezia

  4. novembre 21, 2008 alle 9:33 am

    Ciao,
    sono l’autrice del post su ecoblog e non mi sembra di avere fatto retorica, scrivendo della storia del Signor Agostino. Non ho parlato di sistemi di agricoltura ma di quanto pagano al chilo i mercanti e intermediari i prodotti a chi li coltiva. Se a te sembra normale pagare 5 centesimi al chilo le patate rosse, cioè 5 euro a tonnellata, o 5 centesimi al chilo la lattuga le cui piantine costano 0,025 centesimi….allora hai ragione tu, non ho capito nulla.

    Forse ti sembra normale che un contadino non possa proporre direttamente il contivato agli ipermercati? O ti sembra normale che per vendere direttamente al pubblico debba passare per il pizzo della camorra?

    Per cui mi chiedo, ma quale post hai letto allora?
    Marina

  5. novembre 21, 2008 alle 10:01 am

    Ciao Marina e grazie per essere intervenuta,
    premetto che mi spiace per il Signor Agostino e per le decine di altri agricoltori (alcuni anche amici) che patiscono le leggi di un mercato irrazzionale, e no, non credo che sia normale che i prodotti ortofrutticoli vengano pagati una miseria.
    Quello che contesto è lo scollegare la figura del contadino da una serie più o meno conscia di connivenze con il sistema che ha creato quel mercato.
    Mi spiace, sono amici, sono persone con cui collaboro e lavoro ma non sono angeli. Sono, in molti casi, una delle cause dei propri mali.
    E poi permettimi, e sia detto senza cattiveria, la parte finale del post suonava un po’ retorica… ma questa è solo questione di stile, i contenuti sono meglio.
    Saluti

    @equipaje – grazie mille… e si, alcune cose si potevano esprimere diversamente ma i concetti più o meno sono quelli (e la punteggiatura fa schifo 😉 )

    @michele – Non so se sono un’apocalittico, sicuramente ho uno zoccolo di cinismo non indifferente e devo sempre districarmi con una formazione a base di autori nichilisti.
    In ogni caso, io sono nella tua stessa situazione (ho due figli, una moglie oltre la soglia del precariato ecc… ecc…) quindi vuol dire che siamo nella norma. L’idea che io abbia fatto delle scelte drastiche non sussiste. Io sono come centinaia di altre persone che ad un certo punto si sono trovate (per caso, per dabbedaggine personale) con il culo per terra ed hanno cercato di reinventarsi…
    La paura di cui parli tu è quella dei tuffi… si ha paura solo prima di saltare e tutto appare più semplice se qualcuno, passandoti dietro, di dà una spinta quando meno te lo aspetti (gli bestemmierai dietro ma intanto hai fatto il tuffo).
    L’unica cosa che ti posso dire è: non forzare le tappe e preparati per quando qualcuno passerà a darti “la botta”! 😉
    In bocca al lupo!

  6. novembre 21, 2008 alle 12:29 PM

    Buondì!
    vado in ordine.

    Un certo salto logico tra il post su Ecoblog e questo torrente in piena in effetti lo vedo persino io 🙂
    Ma un applauso a scena aperta, tuttavia, va allo spirito di questo tuonante post nicol-savonaroliano, un vero e proprio “severo richiamo alla responsabilità individuale”.

    Importanza della responsabilità individuale: tema cui ero assai sensibile già in tempi in cui l’argomento risultava parecchio impopolare (cfr., ad es.: “l’operaio di Gardone Val Trompia che in Beretta produce pallottole è del tutto innocente?”).
    Responsabilità individuale, coerenza personale: due pilastrini. Ma sul serio.

    E tuttavia.
    Pensate un momento al progressivo abbandono delle nostre campagne e montagne negli anni ’50, a tutto quello che questo ha significato, ed ancora significa, per il territorio. Pensate un attimo ai Dust Bowls negli Stati Uniti negli anni ’30 -li ho recentemente ricordati.
    Ve la sentite davvero di dire che la colpa è tutta e solo dei contadini?

    Beh, io no.
    E badate che non sto giustificando un bel nulla: i diserbanti/fertilizzanti in nero o il disgustoso ostruzionismo alla “frutta imperfetta” son argomenti che mi fanno oltremodo incazzare.
    Ma di due cose son convinta:
    – l’ingranaggio sociale è qualcosa di più e di diverso dalla mera somma delle sue parti
    – la presa di coscienza individuale è un punto di partenza fondamentale, auspicabile, doveroso ma NON basta a cambiare il suddetto ingranaggio.

    (Va bene, ho finito 🙂

  7. 7 Vincenzo
    novembre 21, 2008 alle 3:55 PM

    ma sopratutto.. grazie davvero per lo stimolo ai giovani.
    Non è una stupidaggine, di gente che ti incoraggia così ce n’è poca davvero.

  8. novembre 21, 2008 alle 5:19 PM

    Un altro “angolo di vista” sui contadini: io ho lavorato come operaio specializzato per una decina di anni presso Aziende agricole anche molto note: penso che spedirli in Siberia a soffiare alitate calde sulla Taiga per fare nascere le viole sarebbe un gesto generoso!!
    Se poi vi fate una rapida scorsa sui legami tra Potere Democristino, ass. di Agricoltori e uso dei fondi statali, europei ecc.negli anni tra il 1950 e la fine secolo allora la Siberia è poco, troppo poco.
    Per fortuna ho conosciuto contadine/i e neo-contadine/i Meravigliose/i

  9. novembre 21, 2008 alle 10:49 PM

    Porca! Io temevo di venir linciato ed invece ne nasce una discussione accesa ma interessante!

    @ equipaje – premetto che ho adorato il post sui Dust Bowls con reminescenze da “Uomini e topi”!
    Ma mica siam qua a far letteratura 😉
    No, anch’io non me la sento di incolpare solo i contadini… molto, troppo spesso sono stati semplicemente raggirati con una serie di miraggi economici (non ricordo esattamente e dovrei andare a cercare le fonti, ma se non sbaglio uno degli ultimi raggiri è stato compiuto proprio in Sardegna dove sono piombati finanziamenti EU a pioggia che nessuno sarebbe poi stato in grado di restituire perché sproporzionati… con conseguente fallimento di un tot di contadini…)

    E che dire… sposo in pieno la chiosa del tuo commento (noto sfumature di Bateson o sbaglio?!)

    @ Alessandro – scusa mi ero perso il tuo commento! Gli allevamenti intensivi sono veramente il peggio… ma adesso confagricoltori gli monta i pannelli solari sopra e poi vedi che figata! (non mi chiedete dove l’ho letta che non me lo ricordo…)

    @Vincenzo – Grazie… ma se riesco a convincere anche la mia mamma è meglio 😉

    @ La mia mamma – si, lo so, ti sei già convinta da sola anni fa… era per dire… si, poi ti chiamo, si… si, veniamo una volta a pranzo… ciao, si… ciao

    @Renato – Concordo. Solo che qui, nella piana, tra mais industriale e pioppi da polpa bisogna andarli a cercare con il lanternino tra gli ultra ottantenni. Anche se devo ammettere che ne ho trovati di eccezionali anche tra i “fetenti”… ci stiamo lavorando su… incominciano a sentire la crisi e delle cose le dovranno modificare per forza. Due anni fa mi prendevano per pazzo, un anno fa per uno strano, adesso mi fanno domande e mi danno risposte…
    Qui c’è gente che non è riuscita a battere giornate intere di mais perché non aveva i soldi per il mietitrebbia…

  10. novembre 22, 2008 alle 1:45 PM

    Vi porto ad esempio uno di quei contadini che dice Nico: ha 80 ettari qui vicino ed ha strizzato ed approfittato talmente tanto dei contributi per i vari impianti ed espianti che oggi ha un impero, non discuto chi è o chi non è, non me ne pò fregà de meno, non sono giudice e non voglio diventarlo.
    Sapete cosa fa questo gran signore? prima si spellava le mani per l’attuale capo del governo, poi è diventato un Mastelliano di ferro ed ora sinceramente non so, in ogni caso è stato nominato capo della locale direzione della associazione di categoria (uno di quelli che decide).
    Il signor Agostino non è paragonabile a questo personaggio (perché lui si che è un contadino), ma piuttosto al fattore di questo personaggio che sfruttato otto ore al giorno per una miseria, ha sviluppato una malattia cardiaca ed è stato scaricato in malo modo.
    Il personaggio di cui sopra della terra e di come si produce cibo da essa, di come ci si sente umili e veri a tirarne fuori ciò che serve, non sa una mazza, lui coltiva ciò che è profittevole, non ciò che serve ed anche questo, in questo mondo ci sta.
    Ciò che va discusso e ciò a cui ci si deve opporre con resistenza alla Agostino, è il mondo odierno che impone le regole di profitto che generano guasti, inquinamento, corruzione, cancro.
    Sta ad ognuno (che abbia voglia e coscienza) spegnere la televisione per un po’, non sentirsi svuotato quando torna dal lavoro e guardarsi intorno, cercate il vostro ambito di resistenza morale a tutto ciò, cercare un’idea , ed agire di conseguenza: non è necessario lasciare il lavoro perché questo campa la famiglia, piuttosto buttate tutto il ciarpame contenuto nel garage e mettetelo a disposizione per costituire un GRUPPO SOLIDALE D’ACQUISTO, organizzatevi nel condominio per trasformare quello stupido giardino in un ORTO SINERGICO da dare in affido agli anziani del palazzo, mettetevi a studiare i proverbi dei vecchi, recuperate tutto ciò che si può di quella sapienza che ci hanno strappato da DALLAS in poi.
    Ognuno può avere un’idea, facciamo una rete provvedendo ai bisogni ed al bisogno di tornare un po’ indietro, e che Agostino sia il presidente!

  11. novembre 22, 2008 alle 6:21 PM

    Bel post, Nicola. Pieno di tutto e di più. Che cosa dire?
    Io posso parlare un pò della situazione del’entroterra veneziano.
    Da un lato, l’agricoltore è causa di metà dei suoi mali, e lo è senza nemmeno saperlo. Qui le colture tradizionali sono state abbandonate per far posto solo ed unicamente a monoculture – mais, soia, grano. Siepi e fossati sono stati spazzati via o inquinati dai pesticidi. L’abbattimento della biodiversità nelle campagne è stato – negli ultimi 40 anni – mostruoso. Ma la colpa non è nemmeno tutta loro. I contadini si son trovati a vedere la terra come una cosa che da non più cibo ma solo qualche spicciolo. E allora via, si vende al proprietario che ne ha di più, così che la possa far diventare ancora più un deserto. Mio padre, dopo un anno di lavoro, per coltivare un paio di ettari di terreno a mais ha guadagnato forse un centinaio di euro, compresi i contributi. il resto è andato in spese. No, dimenticavo: qualche quintale di mais l’abbiamo tenuto, ci servirà da viatico per i polli. Così risparmiamo sul mangime. Tanti contadini, poi, inquinano e sprecano per pura ignoranza. erano abituati a fidarsi dei venditori e a fare quello che gli altri dicevano. Così, se il negoziante ti da la pozione magica che fa sparire tutte le erbacce cattive, tu la spargi e basta, non ti fermi a leggere la composizione, con quei termini complicati che sembrano una fromula magica in aramaico. Due anni fa mio padre torna a casa con un erbicida miracoloso per il rovo. Non ricordo cosa fosse, ma ricordo che ne cercai informazioni in internet e vidi che era sotto osservazione per aver presumibilmente causato tumori, aver inquinato falde acquifere e provocato sterilità. Obbligo mio padre a riportarlo indietro. Il venditore:”perchè me lo riporti indietro?” Mio padre:”perchè mio figlio non vuole che lo uso, dice che è cancerogeno”. E l’altro:”Allora digli che i rovi se li togliesse lui a mano!”
    Questo è il problema: la salute (nostra e della terra) è considerata una cosa di cui curare eventuali sintomi solo quando si presentano. Se quello che faccio oggi mi romperà le balle domani, lo faccio lo stesso: domani qualcun altro pagherà, ma se dovessi pagare io, il mondo sarebbe crudele e ingiusto.
    Vabbè, basta catastrofismo. La palla al balzo sta a noi. Appoggiamo le operazioni meritevoli, diffidiamo delle imitazioni e mettiamoci in gioco. Io sto lavorando, in campo avicolo, sulla selezione e ricostituzione di vecchie razze autoctone, ma mi interessa anche il campo agricolo e cerco di recuperare dai VECCHI contadini e avicoltori di una volta segreti e informazioni, oltre che un pò di materiale genetico prezioso sotto forma di semi, talee o animali. Negli ultimi due anni ho capito che chiunque – davvero chiunque – può farlo, basta mettersi in moto, informarsi ed agire. Aiutare a salvare un’antica varietà di melo si può fare anche in appartamento, bastano un terrazzino, qualche cura, volontà ed un vaso grandicello.
    La rivoluzione può partire persino dal bonsai che ospiti sul balcone!!

  12. novembre 22, 2008 alle 7:50 PM

    Io alle rivoluzioni ci credo pochino, ne ho seguite troppe. Quella che chiamiamo agricoltura si chiama Agoindustria e obbedisce alle leggi di mercato.
    Se cambiamento è possibile verrà quando saremo, sarete, saranno “massa critica” in grado di bloccare la Megamacchina. Per ora siamo, siete, saremo testimonianza, rivolta esistenziale, resistenza… Ogni tanto si dovrebbe spingere lo sgusrdo oltre le aiuole dell’orto, e dopo aver piacevolmente discusso sulla pacciamatura, sui saponi, sulle conserve altrettanto piacevolmente discutere di come immaginare e dare vita da una realtà differente. Ad ogni modo: “Pacciamare bene, pacciamare tutti”
    Buon cammino

  13. novembre 22, 2008 alle 7:57 PM

    Mi è molto piaciuto questop post. Si può non condividere, in tutto o in parte, l’ho trovato anche un po’ “ingiusto” nei confronti di Marina, ma credo che Nicola abbia buttato lì argomenti non da poco, che raramente si trovano in blog e siti bio/eco/verdi/etc. e qui, finalmente, se ne discute liberamente. Sulla retorica “campagnesca” in altro tempo ed in altro luogo virtuale feci non poco casino dubitando delle “varietà antiche recuperate grazie a laboriosi vecchi contadini”. Come giustamente rileva Nicola, buona parte della carica retorica proviene semplicemente dal fatto che ben pochi “nuovi contadini” sono nati tali e/o vivono vendendo prodotti della terra. C’è da aggiungere che è molto facile creare slogan suggestivi ed è molto difficile approfondire i problemi.
    Purtroppo credo che sia difficile comprendersi pienamente tramite post e commenti, ma ho letto (e leggerò) con attenzione il confronto.
    Non sono un esperto di tematiche agricole, nè vivo “di terra”, ma volevo proporre alcuni elementi di discussione da intendersi come richieste di aiuto a capire meglio:
    – Sulla linea del discorso di Nicola sul “guardare avanti”, credo che sia meglio guardare “criticamente” al passato ed alle “vecchie varietà” (ammesso che esistano ancora), nate e cresciute in un ambiente sociale ed ambientale molto diverso dal nostro
    – A quanto pare ( http://www.oilcrash.com/italia/italia_a.htm ) in italia abbiamo mq. 2100 e rotti a testa di superfice agricola utilizzabile. Allo stadio attuale può l’agricoltura biologica (e le sue “figlie” sinergiche, biodinamiche, etc.) renderli sufficienti? Lo chiedo conscio del fatto che il dato “tecnico” non è facilmente sseparabile da dati sociali, culturali, etc.
    – Forse sarebbe necessario anche orientarsi su specie vegetali differenti da coltivare. Esistono studi che (ad es.) mettano a confronto apporto nutritivo di specie con l’energia (nelle sue varie forme) impiegata a produrli?

    Grazie in ogni caso e ciao a tutti 🙂

  14. novembre 22, 2008 alle 10:26 PM

    Grazie Andrea per il commento… hai centrato, a mio parere, molti dei problemi che io ho solo abbozzato.

    Ciao Giam,
    sono d’accordo praticamente su tutto, compreso il discorso “vecchie varietà” che spesso si limita ad un collezzionismo da giardino… (io sto cercando di preservare il seme di un grano del 1400 ma esclusivamente perchè il grano attuale ha un ciclo vegetativo più corto e non permette un certo tipo di rotazioni…).
    Sul essere stato ingiusto con Marina… ha ripensarci bene a mente fredda è vero: ho confuso due livelli e me ne scuso.
    Da una parte c’era la storia di Agostino (opinabile o meno)
    Dall’altra c’era una giornalista di una testata regolarmente iscritta che ne raccontava la storia con dati anche “pesanti” ma senza riferimenti certi… il chè da il tono retorico al pezzo.
    Un conto è un articolo di fatti, un conto è la narrazione di una chiaccherata con il vicino di casa che mi dice che la camorra lo taglieggia… (con questo non voglio mettere in dubbio che sia vero, attenzione…)… un conto è un blog sgangherato senza arte nè parte un conto è un nanopublisher…

    Scusa la digressione… torno a bomba.
    Gli interrogativi che sollevi sono interessantissimi, su alcuni mi sono nate altre catene di interrogativi quindi mi toccherà studiare dell’altra roba!
    Parto dal fondo e ti dico che si esistono studi che mettono a confronto apporto nutritivo ed energia necessaria per la produzione (ma riguardano quasi solo produzioni “industriali”)e le variabili in campo sono moltissime.
    Per dire: sto cercando di convincere il mio vicino di campo ad applicare il no-till ad un ettaro di grano e verificare la quantità di raccolto con le spese sostenute per fare poi un confronto con quello “tradizionale”… per ora non se ne farà niente ma lo lavoro ai fianchi! 😉

    Secondo punto -mi pare un po’ la storia del “ci sono 7 donne per ogni uomo”… chi si è fregato le mie altre 6? 🙂 Se fosse così, sulla carta saremmo a posto ma ci si provò con gli orti di guerra nel ventennio e risultò che non è possibile essere completamente autosufficienti (a meno di non campiare tutti, ma proprio tutti stile di vita ed alimentazione). Sul fatto che le tecniche agricole “alternative” possano soddisfare la richiesta, di nuovo, dipende…
    Ti porto il mio esempio pratico:
    io sto montando un’orto collettivo su un terreno (in prestito) di 1000 mq (il meccanismo e simile ad un GAS per intenderci)una quindicina di persone potranno dimezzare il loro fabbisogno a costi bassissimi saltando qualsiasi filiera. L’orto lo porterò avanti principalmente io. Se non applicassi sistemi “alternativi” mi trovereste morto nel campo dopo due giorni ed i costi sarebbero tre volte tanto…
    Se altre persone agissero in questo modo, non si salva sicuramente il mondo… ma se va in vacca si ha la coscienza pulita!
    Sulla prima questione ho un’approcio molto pratico… non mi pongo tanto l’ossessione sulle specie antiche. Mi interessa di più il rapporto energetico di cui parlavi prima (considerando in questo tutti i livelli, impoverimento del terreno compreso).
    Esiste tutta un nuovo filone di agricoltura che viene chiamato Darwinian Agriculture che sull’argomento centra molto l’attenzione (non mi fa impazzire ma alcuni concetti non sono così sballati)…
    comunque hai ragione… è un casino comprendersi e spiegarsi tramite post e commenti…
    Da questa primavera giuro che apro le porte al Mulino!! 😀

    Grazie a te anche per sopportare la mia confusione!
    ps- tu ci scherzi… ma io ho già dovuto cambiare due tastiere per i pezzi di terra che ci son cascati dentro! (fortunatamente ho un’amico che mi passa i “dismessi” da rottamare) 😉

  15. novembre 24, 2008 alle 12:11 PM

    Specifico brevemente un punto:
    non sono CONTRO le vecchie varietà. Sono “contro” l’assunzione acritica delle stesse e, sopratutto, sono “contro” le speculazioni.
    Ciao a tutti 🙂

  16. novembre 24, 2008 alle 12:25 PM

    …evviva! Anch’io! Anch’io!!!

  17. novembre 27, 2008 alle 12:27 am

    Ciao Nicola, hai detto perfettamente tutto complimenti!
    Sono con te, mi avvio verso una vita fatta di idee comuni e sopratutto guardando al futuro non so se ce la farò ma voglio andare come un uccello quando è il momento di migrare. Ho letto quel pezzo che hai riportato perchè sto leggendo il libro di Thoreau… grande!!

  18. novembre 27, 2008 alle 1:19 am

    Benvenuto Peppe… e che dire? Grazie… anche se il pezzo sa veramente molto di sfogo. Ma vabbè… ognitanto ci vuol pure quello.
    A me Thoreau a fatto un sacco ridere! Lo so, non è quella la parte centrale del libro… ma ci sono dei pezzi veramente geniali!

  19. novembre 27, 2008 alle 1:39 PM

    Eh vabbè fa parte della nostra natura ma quando lo sfogo è cosi veritiero è ancora più bello!
    Peccato che forse siamo lontani sennò due chiacchiere ce le facevamo dal vivo, io purtroppo qui sono solo con questi pensieri con queste idee e per il momento ci sono solo blog come il tuo e come altri a darmi una mano morale, ma penso che alla fine chi più chi meno ci sosteniamo a vicenda. Beato te che ha fatto ridere. A me all’inizio mi ha fatto un po’ male perchè ho ritrovato cose nel libro che effettivamente sono vere oggi e delle quali ne ero consapevole. Ma la sua genialità e saggezza anche ai giorni nostri è straordinaria.

  20. novembre 29, 2008 alle 9:42 am

    Complimenti Nicola, ottimo e abbondante.
    Condivido e sottoscrivo.

  21. novembre 29, 2008 alle 2:17 PM

    Grazie Francesco e ben venuto! Come è andata con la raccolta delle olive quest’anno?

  22. novembre 30, 2008 alle 11:29 am

    Anche questa, ottima e abbondante 🙂
    Olive sanissime come non si vedevano da tempo e di conseguenza l’olio ha delle caratteristiche di qualità eccellenti.
    Se non fosse per le nuove normative sull’etichettatura….sarebbe il massimo

  23. dicembre 18, 2008 alle 12:23 PM

    Noi lo avevamo fatto… e poi in parte siamo tornati indietro. Ci eravamo riconvertiti da attività diverse, contadini di ritorno saltando la generazione dei padri per ritornare a quella dei nonni. Piccola azienda orticola biologica verso la fine degli anni 80. Terreno non di proprietà, casa in affitto, 10 anni di alzatacce e fatica per pochi soldi. Poi mi pare fu il governo Prodi ad aumentare i contributi per i coltivatori diretti. Nessuna progressione in base al tipo e alla dimensione dell’azienda. Adesso quella terra non è più il nostro lavoro ma solo un grande orto per noi e per gli amici. Peccato? in parte si. Ma quanto è dura e bassa la terra, e che freddo raccogliere gli spinaci in gennaio, sotto l’acqua, in mezzo al fango. Altro che valle degli orti. Adesso i nostri meloni sono un ottimo mezzo per gestire le pubbliche relazioni. Tanto loro maturano più in fretta di quanto noi si riesca a mangiare e allora che godano gli amici!

  24. dicembre 18, 2008 alle 2:42 PM

    Benvenuta Vera,
    peccato? No, non credo, mi pare che nel vostro “piccolo” stiate continuando a fare ciò che per me è un modo estremamente sensato (e sano) di occuparsi delle proprie responsabilità di base: cibo, casa e relazioni sociali ed in più le condividete!
    Concordo sulla vitaccia del contadino, anche perchè i contributi all’agricoltura, il mercato e pratiche storicamente insensate portano direttamente a quella “vitaccia”.
    Immagina un paese di 1000, 1500 ambitanti in cui tutti quelli che dispongono di 50mq di giardino lo utilizzino come voi (e me)… la rivoluzione di ottobre figurerebbe come una passeggiata! 🙂
    In qualche post fa citavo un’articolo di cui sempre di più condivido i contenuti: ci si deve evolvere, dopo una società agricola passata ad essere industriale, adesso è il turno di una società orticola.
    (ragazzi… questo è fanatismo puro! 😀 )

  25. 25 bastalusole
    febbraio 26, 2010 alle 10:19 am

    Ed è qui che dico “che bell’incontro”.
    Qui in cui citi:
    “Sono vissuto per circa trent’anni su questo pianeta, e ancora debbo sentire dai più vecchi di me la prima sillaba di un consiglio valido o per lo meno sincero. Essi non mi hanno detto nulla, e probabilmente non possono dirmi nulla, che serva allo scopo”

    proprio mentre io leggo il suddetto libro, passato dalla mano di mio padre (del canavese).
    Ma in fondo non è questo il punto. 😀

    Da ieri ti leggo, (ti) studio.con piacere.
    più avanti domanderò,se ci sarà bisogno.Ora sto cercando,ancora,di collegare i pezzi, tuoi e orto/sinergici.

    grazie Nicola.
    (da un altro Nicola, pinerolese,ora! :D)


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L’ orto di carta

Diario di bordo ad aggiornamento casuale e saltuario di un cialtrone nell'orto... giocando con il fango, la permacultura, l'agricoltura sinergica in compagnia di William Cobbett, John Seymour, Fukuoka e Kropotkin.

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