Archive for the 'Lezioni di avicoltura motivazionale' Category

08
Gen
11

Il Dilemma dell’Onnivoro

Mi guardano.
Tre paia di occhi fissi su di me. In attesa.
Io sono in piedi, dall’altra parte di una tavola che sembra allungarsi ogni secondo che passa.
Anch’io guardo.
Vedo la mia mano che si abbassa, prende la forchetta. Il contatto è leggero tra il pollice, l’indice ed il medio. Quasi dovessi servirmi di una pietanza pregiata. Un po’ come si farebbe in una serata chic per servirsi del caviale. Che poi, siamo sinceri, sa un po’ di pesce morto…
Loro continuano a guardami; iniziano ad abbozzare sorrisetti.
Loro sono Noemi, Cristina e l’amico G. I trecento bambini che affollano normalmente il pavimento sono già a dormire. Forse gli si è voluto evitare uno spettacolo che potrebbe trasformarsi in incresciosa tragedia.
Piano, vedo la mia mano avvicinare i rebbi alla pietanza e sollevarsi verso il mio volto.
Più mi concentro sul gesto più il tavolo sembra allungarsi allontanando in un’oscurità indistinta i tre ghigni dei subdoli “osservatori esterni”.
Nessuno di loro ha voluto affrontare con me il viaggio terminale, nessuno a voluto scontrarsi come me con l’innata paura legata all’assunzione di sostanze sconosciute (per quanto tutti quanti in tenerà età si sia violato più e più orifizi con qualsiasi oggetto e sostanza… ma poi si cresce e si matura una certa diffidenza…)
Bastardi.
Mi hanno abbandonato da solo. Da solo ad assaggiare le uova dei cent’anni fatte in casa.

Si, perché, memore dell’inverno passato, all’inizio dell’autunno mi son detto: “ Quest’inverno le galline smetteranno di fare uova. Adesso ne abbiamo in eccesso. Ci sarà pur un modo per conservarle”.
Va da sé, un modo c’è: Le si fa bollire ben bene e le si mette in salamoia.
Troppo semplice.
Io non voglio un uovo cotto conservato.
Voglio un uovo.
C’è chi le surgela. E già… ma nella nuova casa probabilmente non avremo neanche il frigo (abbiamo scoperto che spesso e volentieri, per noi, diventa solo una cosa in cui inciampare in cucina…)
Per farla breve: mi sono lanciato nella sperimentazione delle uova sotto sale. C’è chi lo fa nella calce… ma non avevo calce a portata di mano e poi mi faceva un po’ impressione.

E’ stupido a pensarci adesso che mi sto mettendo l’uovo in bocca. Ma all’epoca preferivo l’idea di una bella soluzione quasi satura di sale e spezie all’idea della calce.
E ora sono qui, con tre spettatori, che cerco di scoprire se starò male o se sopravviverò al mio esperimento e loro pronti a testimoniare per le generazioni future.
Bastardi.

Ne avevo già parlato della paura che mi assale ogni volta che apro un barattolo di conserve fatto da me (cosa che, irrazionalmente, non mi capita quando apro un barattolo fatto da amici che so vivere tecnicamente in un pollaio con condizioni igieniche degne di uno slum di Pretoria). Credo che abbia a che fare con 30 anni di prodotti confezionati. Eppure, mia madre ha sempre fatto le conserve in casa… bah.
In ogni caso: l’uovo fresco conservato è la mia personale tappa estrema sul percorso dell’onnivoro di Pollaniana memoria
Ricetta per l’uovo in salamoia:
Le misure sono secondo gli standard americani visto che la ricetta l’ho presa da qui e che anni di pratica nei cocktails mi impedisce di comprendere le complicate dinamiche matematiche nascoste nelle misurazioni del sistema italiano.

Ingredienti:
¼ di tazza di sale per 1 tazza di acqua (½ tazza per 2 tazze ecc… ecc…)
Un barattolo di plastica o vetro (meglio vetro) che sia in grado di contenere tutte le uova
1 cucchiaino di spezie (io ho esagerato in aglio per rafforzare l’effetto antibatterico… sigh)

Metodo:
Io ho preso le uova più fresche che avevo e le ho pulite con un panno asciutto.
Pulirle con un panno bagnato può portare allo scioglimento della cuticola protettiva del guscio ed all’infiltrarsi all’interno dell’uovo di ospiti non graditi… lo scopo del gioco è “sigillare” l’uovo.

Ho messo le uova pulite (e non cotte) nel barattolo e preparato la prima tazza di salamoia. Nel caso non fosse bastata a coprire le uova ne avrei preparata un’altra. Ma sono stato fortunato e quindi mi sono limitato ad aggiungere le spezie.
Sopra le uova ho messo uno di quei cosi di plastica che si mettono sopra i crauti o i sott’olio in modo da essere sicuro che le uova rimanessero sommerse.

A quel punto si deve aspettare un mese prima di fare la prova.
Sinner di The Waitakere Redneck’s Kitchen dopo un mese le tira fuori e le conserva in frigo.
Io ammetto di essermele dimenticate in un armadietto in cucina per ben più di un mese…
Così, per aumentare il brivido e dare un po’ più di gusto alle scommesse che Noemi sta raccogliendo tra il gradito pubblico.
Bastardi.

Ho preso l’uovo dal barattolo e l’ho fatto bollire. Si potrebbe utilizzare in altre maniere ma per la prova ho pensato che fosse sufficiente.
Loro mi guardano.
Il boccone “sospetto” mi entra in bocca, la punta della forchetta lo posiziona al centro dell’unico strumento di analisi che mi è rimasto (la prova dell’olfatto aveva dato come risultato “ma quanto aglio hai messo?”).


E’ buono.

Oddio, deve piacere. A me piace. Non sa per nulla di zolfo come mi aspettavo. La consistenza è stramba, tipo: il tuorlo sembra sabbioso mentre il bianco è un po’ flaccido.
Se non fosse che non bevo (ma so abbinare i vini) direi che sono l’accompagnamento perfetto per una serata con gli amici a giocare ad Agricola (possibilmente con l’espansione “contadini della brughiera”) bevendo un bel rosso zeppo di tannini. Oppure leccando direttamente il fondo di una botte in rovere mentre si fanno quattro chiacchere.

Comunque sono vivo e lo rifarò.
Anche se poi si è scoperto che con il nuovo pollaio le galline non hanno mai smesso di fare le uova nonostante le temperature sub-polari e l’assenza totale di riscaldamento e/o illuminazione.
Bastarde.

Ps.- L’uovo delle foto è un uovo di faraona messo sotto sale il 16 luglio e cotto e mangiato oggi 8 gennaio. E’ buono e non è stato in frigo neanche 5 minuti. La faraona che l’aveva deposto è stata portata via dalla volpe a fine agosto. Io e la volpe ringraziamo (anche se io avrei un paio di cosette da dire a quest’ultima).
Ma se la ricetta vi sembra un po’ strana per i vostri gusti o non volete sfidare il dilemma dell’onnivoro… potete sempre andare al supermercato a comprare le uova fresche
di

26
Ott
10

La Gallina di Troia

Ovomobile.jpg

I lavori per la casa sono rimandati a primavera.
Quelli per la nostra casa.

Intanto stiamo organizzando una serie di collocazioni mobili per tutte le bestie e non-bestie che dovranno seguirci nel breve tratto tra “la bassa della Dora Baltea” e “l’alta della Dora Baltea”.
(Mi rendo conto solo ora che continuo a fare su è giù per un fiume e che quel fiume manco è il paludoso e mefitico Eridano… bah… casi della vita… in ogni caso: non ci mancherà mai l’acqua…)

Prendiamo i polli. La loro casa è stata semidistrutta a fine agosto da uno dei tanti e puntuali tornado che spazzano la zona.
A voglia la vecchietta a dire che non serano mai visti. Ormai, qui, devi essere proprio un imbecille per non aver segnato sul calendario almeno due tifoni. Inizio e fine estate. Ma se trent’anni fa non cerano vuol dire che ci vogliono altri 30 anni prima di metabolizzare il cambiamento… si parlava di bollire le rane?
Vabbè.

Distrutta parzialmente la vecchia casa s’è pensato di organizzarne una nuova (e più carina) già pronta per essere adagiata sulle verdi praterie del nuovo OrtodiCarta. Una che si inserisse da subito nel progetto più ampio e che, soprattutto, avesse le stesse dimensioni del cassone del carro e non costasse un’accidente.
Signore e signori…. la Gallina di Troia: un pollo in grado di contenere 13 polli, realizzato al 100% con materiale di scarto (grazie Yvonne, Elena e Luca per la copertura) e dotato di una magnifica coppia di sci Rossignol (grazie Barbara) per poter deambulare sù e giù per i campi.
ChickTrack1.jpgChickTrack2.jpgChickTrack3.jpgChickTrack5.jpgChickTrack7.jpgChickTrack8.jpgChickTrack9.jpg
Riferimenti utili ed interessanti:
Il solito TheCityChicken con i suoi oltre 140 ChickenTractor
La sezione “Pollicoltura” de The Modern Homstead

16
Giu
10

Attendere prego…

Ci sono le attese di quando sei alla fermata del pullman e ti accendi una sigaretta sperando che questo lo convinca ad arrivare in fretta.
Ci sono le attese in cui tu non devi fare niente se non aspettare, e poi le cose succedono.
Ci sono le attese di quando tu hai già fatto tutti i piani, tutti i progetti, tutte le ipotesi e poi, tanto, sai che sarà comunque e sempre navigazione a vista.
Ci sono le attese che neanche lo sapevi che lo stavi aspettando ma adesso lo sai.
Ci sono le attese in cui tu hai preparato tutto, adesso puoi sederti, prendere un libro e far passare il tempo.
Ci sono le attese che tu hai messo giù i semi ma i tuoi tempi non sono quelli del seme e passi ogni due ore a controllare se qualcosa è germogliato.
Ci sono le attese che “la pentola osservata non bolle mai”.
Ci sono le attese che per non farle sembrare tali ti trasformi in una trottola che poi, quando ti fermi, ti gira la testa, hai la nausea e quello che aspettavi ti sta guardando con uno sguardo vagamente disgustato.
Ci sono le attese in cui hai mollato tutto perché qualcosa deve cambiare ma l’intervallo tra “il prima” ed il “dopo” non sembra finire mai e, mentre ti chiedi cosa puoi fare è già dopo (ma sembra passato un secolo)
Ci sono le attese che ti sfibrano stancandoti più di qualsiasi lavoro.
Ci sono le attese che ti offrono l’occasione di provare altro.
Forse ci sono attese che sono “intervalli” ed attese che sono “lavori”.

Da mesi ho la sensazione di essere finito in un’attesa che è lavoro.
Il lavoro di attendere.
Siamo fermi. Io, Noemi, e il piccolo “sto sviluppando una mia personalità e non vi piacerà” rampollo di casa. Il resto va avanti… la gallina è diventata mamma, le api (nel loro modo) anche, quell’abbandono di micro orto che copre un’aiuola in giardino cresce, si semina, si bagna… si fa i fatti suoi quasi non visto e non notato nella frenesia che ha mi ha coinvolto nel tentativo di “ingannare” l’attesa, di evitare questo lavoro.
Fortunatamente mi è stata data la possibilità di evitarlo correndo su e giù, incontrando persone e realtà. Tre anni e passa a “curare il proprio orticello”, comunicando quasi esclusivamente in forma digitale iniziava ad avere un vago sapore di limite.
Ok… la comunicazione digitale ne ha un po’ risentito e chiedo scusa a tutti quelli a cui ho dato (sto dando) risposte sommarie o di cui ho perso traccia delle mail e a tutti quelli che si aspettavano post logorroici e deliranti sulle basi di scambio, l’arte della guerra di Sun Tzu, le consociazioni delle brassicacee e la fisica di Star Trek.
Ma, contemporaneamente, vorrei ringraziare tutte le persone incontrate in questi mesi, con cui si è parlato, discusso, scambiato… in definitiva: ci si è allegramente contaminati.
Grazie a tutti, avete reso ricco ed interessante un spazio che sarebbe stato altrimenti “vuoto”, mi avete permesso di mettere in gioco in modo diretto e reale un “cambiamento” confrontandolo, cercandone i limiti, raccontandolo ed agendolo non più in una forma astratta, attraverso parole scritte ma attraverso il contatto diretto.
Grazie.
Stiamo ipotizzando uno spazio sufficientemente grande da potervi contenere tutti (o quasi… diciamo che si potranno organizzare dei turni 🙂 )… ma prima lo dovremo costruire!

Ah… quasi dimenticavo… mancano 2 giorni…

16
Apr
09

Guinea Fowl Gardening

E’ giunta l’ora.
Le potete sentire, la sera o dopo una giornata molto umida. Si spostano silenziose e furtive tra i vostri germogli di insalata, tra i piantini di zucchine.
Potete sentire le loro mandibole serrarsi sui morbidi cotiledoni dei vostri meloni.
E voi… le avete già provate tutte. Messi alle strette dalle loro scie di vischiosità traslucida, avete più volte vacillato pensando a quali mirabili prodotti la chimica avrebbe potuto offrirvi per sterminare una genia di esseri che, ignari dell’evoluzione della vita sul pianeta terra, non si sono resi conto che le terre sono emerse e loro avrebbero dovuto rimanere in acqua…
Avete anche provato a consolarvi con il “non avete un problema per l’eccesso di lumache, avete un problema di mancanza di anatre” (Bill Mollison) ma se avete mai avuto un’anatra… non serve… piedoni enormi a parte, dopo un po’ l’insalata ve la assaggeranno. E la troveranno eccezionale per mandare giù il maritozzo bavoso appena deglutito.

Lumache.

Arrendetevi. (Voi, non le lumache… anche se sarebbe bello…)
Come dicono alcuni dottori quando non sanno più che pesci pigliare: sono “endemiche”.
L’AEA (Agenzia Europea per l’Ambiente) le ha catalogate tra i 10 principali ricercati per “attentato alla biodiversità” nell’edizione 2009 di “Segnali Ambientali”.

Da par mio, quest’anno sto riducendo al minimo le trappole a crusca e birra, ho smesso di spargere cenere, gusci di uova tritati, caffé e fili di rame sul terreno. Tanto meno m’è mai passato per il cervello di applicarmi in pratiche antroposofiche tipo dinamizzazione delle ceneri delle lumache stesse…

No. Quest’anno ho deciso di rispondere con biodiversità all’attacco alla biodiversità.
Faraone.
Da manuale: non razzolano, non mangiano le verdure, hanno i piedi piccoli e si cibano al 90% di insetti (arrivano anche a dare la caccia ai topi…).
Hanno persino scritto dei manuali su come coltivare un orto con loro.

Per l’occasione e per permettergli di vivere in uno stato semi-brado (tutto il giorno libere nel campo, la sera al sicuro a casetta ho ripescato (grazie allo stimolo di questo post di Marco e Daria) un vecchio progetto di chicken tractor.

Il tutto è stato realizzato a costo zero (il materiale è di recupero, ruote e rete comprese).

Per chi ancora non lo conoscesse, qui trovate tante immagini ed idee da farvi venire la nausea.
Qui i miei vecchi post sulle lumache. (sigh!)
In ogni caso… arrendetevi e lasciate in giro le foglie brutte della lattuga così che si mangino quella e non i piantini…

07
Apr
09

Chrysopogon Zizanioides ed altre bestemmie

Tornare a casa è bellissimo.
Tornare a casa e trovare una serie di pacchi e pacchetti da aprire è ancora meglio.
Anche se avrò delle difficoltà a spiegare ai miei figli perché a natale non mi entusiasmo così tanto e soprattutto perché il contenuto dei pacchi non è di plastica colorata…

Vetiver… decine e decine di piantine di vetiver strette in una lunga e voluminosa scatola di cartone.
Quando l’ho aperta c’era ancora il sole, non aveva ancora iniziato a piovere ininterrottamente.
L’odore del vetiver è unico. Aprendo la scatola vengo investito dall’aroma che collego, ancora, a Marco, fornitore della “Real Casa del Mulino”, e alla Sardegna.

vetiver

Marco in sovrappiù, dando corpo all’ “economia dei legami deboli” (citazione un po’ tirata per i piedi, ma passatemela…), mi ha inviato 3 Kg di trinciato secco così da non dover aspettare che le piante si sviluppino per dare seguito ad una parte fondamentale del mio esperimento (adoro i campioni omaggio!).

trinciato

In permacultura vige una regola che sintetizzata malamente suona come: “tutto deve avere più di una funzione ed essere supportato da più di una funzione”. Il vetiver, pur essendo digeribile solo da ruminanti particolarmente affamati e non avendo nessun apprezzabile effetto se fumato, risponde a questa fondamentale regola. Il ché spiega anche perché io mi impunti su quest’erbaccia…

A cosa mi servirà l’incredibile ibrido sterile Chrysopogon Zizanioides?
• Consolidamento della sponda franosa e assorbimento dei nitrati lungo la ripa del pollaio (oggetto di un overgrazing canino per tre anni…)
• Drenaggio, mobilitazione dei micronutrienti e stimolazione dell’autofertilità del suolo nell’orto
• Produzione di biomassa ad alto contenuto di Carbonio e lignina (biochar, pacciamatura ecc…)
• Micro fitodepurazione
• La qualsiasi mi venga in mente nel frattempo.

Per chi si chiedesse come faccio a stare in giro, preparare l’orto, fare gli esperimenti e perdere così tanto tempo in internet… non so cosa rispondere. No, sinceramente, non saprei proprio cosa dire. Non sono né di “buona famiglia” né, tantomeno, riesco a farmi mantenere da Noemi… anche se ci provo spesso ma lei si rifiuta categoricamente! Comunque, ho l’indubbio vantaggio di non essere solo.
Ma sto divagando.

Cercherò di pubblicare ogni singola applicazione (anche se alcune sono talmente elementari da non richiedere più di un paio di righe…). Ogni possibile approfondimento può essere rintracciato nell’esaustivo e gratuito “Vetiver System Application” (via Marco)

IL VETIVER – parte 1 di 4 (esclusi imprevisti)

Ovvero:
come ti recupero una sponda franosa dopo che i cani l’hanno resa “morta” e, contemporaneamente la rendo un habitat adatto alle galline in barba alla volpe affamata.

Antefatti:
per qualche motivazione irrazionale e priva di giustificazione per circa tre anni i cani sono stati vincolati ad uno spazio “relativamente” piccolo (vincolati è un termine un po’ esagerato essendo assidui frequentatori della campagna circostante, ma passatemi il termine…).
In questi tre anni sono riusciti a distruggere quasi ogni forma di vita vegetale grazie ad un’abbondante calpestio, sconsiderata attività di perforazione a caccia di lucertole ed un pesante inquinamento da nitrati (i cani maschi si sa… tendono a spisciazzare abbondantemente ovunque…).
Per inverso, le galline avevano abbondante spazio per razzolare e godersi la bella vita ma erano estremamente “predabili” (con buona pace per due anatre, 3 pollastri ed un gallo andati ad incrementare la dieta a base di scarti dell’autogrill delle volpi locali) e stava iniziando a risultare veramente complesso trovare le uova…

prima-copia

Azioni:
Scambio delle zone tra cani e polli. In questo modo i cani pattugliano adeguatamente la zona (quando non dormono sulle mie balle di paglia) e le galline sono più vicine alla casa rendendo inutile andare fino alla compostiera per buttare gli scarti vegetali… ora li posso lanciare dalla finestra della cucina!
Come già detto, la costruzione del nuovo pollaio dovrebbe beneficiarle nella stagione invernale, mentre il luppolo che infesta la recinzione dovrebbe fornire una sufficiente ombreggiatura durante il periodo estivo.
Si è optato per un micro sistema “Balfour”.
Il sistema Balfour da “il libro dell’autosufficienza” di J. Seymour ed. 1977.

“E’ adatto per l’allevatore da cortile, o per coloro che hanno uno spazio molto limitato o un piccolo orto. Occorre un recinto attorno al pollaio, nel quale ammucchiare paglia, felci o quella vegetazione che avete sottomano. Inoltre dovrete avere un paio di recinti ad erba, o tre, se c’è spazio sufficiente, nei quali le galline possano andare direttamente da recinto a paglia. Le galline razzoleranno fra la paglia soddisfacendo il loro istinto, e risparmieranno l’erba. Poi le farete passare in un recinto ad erba, spostandole sull’altro dopo due o tre settimane. Mangeranno così anche un po’ di verde, mentre l’erba del primo recinto si riposerà e potrà tornare a crescere. Il recinto a paglia vi fornirà cinque quintali di buon letame all’anno per gallina. “

Il buon vecchio John la fa un po’ semplice come al solito… ma l’idea è più o meno quella… esclusa la parte sul letame di cui, avendo scelto di realizzare un orto sinergico privo di concimazioni, mi importa poco o nulla… forse come terriccio per i piantini, ma anche no…

aiuto-indesiderato

Utilizzo del Vetiver:
I tre recinti “a erba” sono disposti su dei terrazzamenti lungo la ripa che fa da argine al canale, “bruciati” dai cani e, conseguentemente, soggetti ad un forte dilavamento. E qui entra in scena la mirabolante piantina (sarebbe in grado di fare molto di più, ma non avevo ripe peggiori sotto mano per l’esperimento… è già difficile trovare un dislivello che superi il metro qui intorno…).
Ogni terrazzamento è stato delimitato da un filare di vetiver, in questo modo dovrei riuscire ad ottenere i seguenti benefici:
Consolidamento delle sponde franose.
Vedi “Vetiver System Applications – A Technical Reference Manual” parte 3
In inglese si chiamano “mulch-trap”… barriere che fermano e metabolizzano resti organici di varia natura collaborando alla ricostruzione del suolo ed alla ricostruzione “automatica” delle terrazze. (se i sedimenti non vengono rimossi a monte della pianta, lentamente si creerà un’a stratificazione che porterà alla letterale “crescita” del terrazzamento senza spaccarsi la schiena a spostare quintali di terra…)
Vedi “Vetiver System Applications – A Technical Reference Manual” parte 5 pagina 64 fig. 1
Assorbimento dei nitrati prodotti in eccesso dai cani
Vedi “Vetiver System Applications – A Technical Reference Manual” parte 4 capitolo 5
Nicchia ambientale per insetti (e quindi parziale fonte proteica per i polli…)
Vedi “Vetiver System Applications – A Technical Reference Manual” parte 5 capitolo 3.1
Delimitazione al suolo dei recinti ad erba (che saranno comunque costituiti da una rete mobile nella parte superiore… le galline volano!!)
• Quando completamente sviluppato, lo sfalcio, può diventare un’ottima pacciamatura sia così com’è sia come biochar
Vedi “Vetiver System Applications – A Technical Reference Manual” parte 5 pagina 73

impianto

Credo di essermi dimenticato un sacco di roba… ma per ora direi che è sufficiente.
Coming soon:
Vetiver 2 – Le piante perenni nell’orto… ovvero: l’erbaccia che aiuta…

07
Mag
08

lezioni di avicoltura motivazionale n°17

Essendo nato il primo pulcino “autarchico” dell’orto di carta posso, a ragion veduta, approfondire l’argomento forte del recente successo (più suo che mio a dire il vero).

COME AUTOCOSTRUIRSI UN’INCUBATRICE
(lezioni pratiche di cialtronaggio funzionale)

Si è partiti da un presupposto… così come i bambini, i polli nascono! Si, lo so, può sembrare assurdo ma lo fanno, e tendenzialmente non hanno bisogno di nulla di particolare.
Nel nostro caso non ce la siamo sentita di lasciare la cova alla sola gallina presente in zona (è un’esperienza sufficientemente faticosa soprattutto la prima volta) quindi si è dovuto creare un ambiente che ricreasse il microclima presente sotto il culo di una chioccia.
Per farlo si è utilizzata una vecchia borsa termica, di quelle di plastica rigida.
schema
Ribaltata su un fianco gli è stata piazzata all’interno una lampadina da 30 watt ed una ventola da pc. Nel coperchio, che adesso è in posizione frontale, è stata tagliata una finestra (non possedendo da diversi anni una televisione… si è ricreato un surrogato… e per 21 giorni non succede niente, proprio come in televisione) mentre sopra e su un lato sono stati praticati dei fori che possono essere aperti all’occorrenza per regolare la temperatura e l’umidità.
Il tutto è stato controllato in modo da preservarne l’isolamento termico.
All’interno è stata posizionata una centralina meteorologica di fabbricazione coreana (5 € al mercato, gli strumenti di precisione sono fondamentali per la riuscita dell’esperimento) e un paio di barattolini dove mettere l’acqua per mantenere alto il tasso di umidità.
Fronte
Mantenete la temperatura tra i 37° ed i 38° con un tasso di umidità del 75% per 21 giorni girando l’uovo tre o quattro volte al giorno ed è fatta! Al resto ci pensa il pennuto (qui, in versione pornostar).

Link ispiratori:
Il pollaio del re

06
Mag
08

lezioni di avicoltura motivazionale n°16

NOTIZIE FLASH.

Dopo 21 giorni di sballottamenti, sperature davanti a faretto alogeno schermato con tubo in cartone da carta igienica, temperature flottanti tra i 36° e i 39° con tasso d’umidità gestito da un motore a propulsione di improbabilità infinita (rubato alla Cuore d’Oro di Zaphod Beeblebrox) e rotolamenti a destra e manca dell’incubatrice “Ovolund” … L’uovo n° 1, incubato il 15 Aprile si è incrinato!
La tensione è alle stelle… quanto meno la mia… devo dire, non senza un certo disappunto, che quando è nato il piccolo alieno rossiccio di cui mi occupo a tempo pieno, io fui molto più partecipe al parto di quanto non sia Noemi in questo frangente…

Squillo di telefono
Noemi – …si?!…
Nicola – …si sta schiudendo!
Noemi – …cosa?
Nicola – Il n°1, s’è incrinato il guscio! Oddio! Si sono rotte le acque!…
Noemi – …ti chiamo un ginecologo?
Nicola – No, non lo so. Devo ancora fare la nursery!
Noemi – …si, stai tranquillo. Ora però sto montando un bagno. Rilassati e respira profondamente.
Nicola – …quella cosa, tipo respiro di cane che si faceva al corso pre-parto? ANF! ANF! ANF!…
Noemi – …………..si fai così và… ciao, adesso riattacca, ciao!

Seguiranno approfondimenti…

15
Apr
08

Lezioni di avicoltura motivazionale n°11

ARREDAMENTO SVEDESE, HAPPY-HOUR E SESSO REGOLARE

CI SONO DELLE LEZIONI apprese nei lunghi anni di resistenza dietro un bancone da lounge bar che risultano fondamentali nel corretto allevamento di una felice ovaiola.
Nella società urbana attuale la maggior soddisfazione dei propri sottoposti si ottiene quando a questi si permette di godere di una serie di benefit indispensabili, così da motivarli e calarli nella predisposizione di spirito più efficace per il raggiungimento delle missions aziendali.
Lo stesso ragionamento è stato adottato con la nostra gallina.

DA UNA SITUAZIONE “allo stato brado”, in compagnia di un paio di esuberanti galli e una spaesata anatra, in cui l’unico risultato apprezzabile era un cazzeggio diffuso per il cortile e l’impossibilità per qualsiasi essere strisciante di penetrare entro i confini del regno; si è deciso di applicare, alla pollastra, le regole basilari del social management più sofisticato.
Attualmente la signorina gode di un suo appartamentino dotato di tutti gli optional: mangiatoia Gorfuld, abbeveratoio Fijord, rigorosamente in accesi colori pastello (anche perché assemblati con sottovasi verde bottiglia e tubi in PVC da 20 cm arancione), dove può godere di una sua meritata privacy.
La sera, verso le 17 – 17.30, esce per incontrare gli amici e dedicarsi a un simpatico aperitivo a base di stuzzichini e prelibatezze (il sushi di bacarozzo non rientra nel suo menù casalingo). Trascorre, quindi, l’happy-hour tra amenità e chiacchiere scaricando le tensioni accumulate nella lunga giornata di ovulazione… qui viene tendenzialmente abbordata e, se di luna buona, si apparta con uno dei galli a sua scelta per del sano e regolare sesso. Soddisfatta e ripagata della giornata torna al suo “nido” postmodernamente accogliente pronta ad affrontare la successiva giornata con spirito rinnovato e produttivo.

QUESTA TECNICA CI ha già fruttato sei uova di medie dimensioni e di ottima qualità, il che vuol dire: quasi un uovo al giorno rispetto allo zero totale dello “stato brado”. In questo momento sto collaudando l’incubatrice Ovolund (di un giovane designer in bianco e nero appoggiato indolentemente a una balaustra in campagna con un morbido golfino ma prodotta in un sobborgo di qualche città vietnamita) per evitare di doverle pagare la maternità.

DISCLAIMER: Ogni similitudine tra il mio personale sistema di avicoltura e il mondo reale è dovuto da un’esposizione troppo prolungata ai cartoons della Walt Disney. Il fatto che il soggetto dell’esperimento fosse una gallina e dovuto esclusivamente all’impossibilità attuale di far fare le uova ai galli e in nessun caso è riconducibile a forme di sessismo.




L’ orto di carta

Diario di bordo ad aggiornamento casuale e saltuario di un cialtrone nell'orto... giocando con il fango, la permacultura, l'agricoltura sinergica in compagnia di William Cobbett, John Seymour, Fukuoka e Kropotkin.

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Troverò altri sistemi di finanziamento occulto…

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