Posts Tagged ‘ambiente

14
Ago
09

Rane Bollite, api e Landscape amnesia

Wasserfrosch

Dov’è finito l’orto?

E i manuali di fai da te estremo?

Dove gli interminabili pipponi sulla biologia del suolo e la necessità di smettere di rivoltare zolle di terra , dove le bucoliche narrazioni di un (presto ma non troppo) quarantenne alle prese con la sua nuova vita agreste, dove gli esperimenti di sussistenza, dove i brutali scontri con l’ottuagenaria vicina di casa… ma soprattutto, dove gli appunti di Emilia o novità illuminanti sul biochar?

Persi di fronte ad un paio di nuclei di api.

Perché?
Non so.
Forse perché la nuova vita agreste non è più tanto nuova e si sta cercando un “salto di qualità”.

Forse perché traslare i concetti, spostarli e ritrovarli in altri contesti, magari, li rende più chiari. Magari può riportarli a quella lucentezza che avrebbero dovuto avere in origine.

Le rane.
Friedrich Goltzun tot di eoni fa fece uno “scellerato” esperimento:
Primo – prendi una rana
Secondo – asportale il cervello
Terzo – (pensavi che fosse sufficiente come schifezza?) mettila in una pentola di acqua fredda
Quarto – metti la pentola sul fuoco e alza lentamente, ma inesorabilmente, la temperatura fino a portare l’acqua ad ebollizione
Conclusioni – la rana rimane lì e si lascia bollire non percependo il cambiamento di temperatura, aggiungendo un po’ di aromi, probabilmente, il buon Goltz sarebbe riuscito ad ottenere la versione barocca di un brodo di rana.

Ignoro il perché perdere tempo con un’attività simile, ma gli scienziati sono strani (e un po’ perversi): pare che uno abbia passato buona parte della sua vita a tagliare la coda ai gatti sperando di farli nascere senza… ma poi Darwin lo superò a sinistra e, probabilmente, lui finì a lavare i boccali in qualche pub di Southampton…

In ogni caso, l’ardito esperimento di Herr Goltz venne ripescato e riadattato dalla letteratura anglosassone fino a farlo divenire metafora di un peculiare atteggiamento sociale: se i cambiamenti sono così lenti da non essere percepiti, le “rane” si fanno bollire nel loro brodo.
Per alzare un minimo lo spirito letterario di questo blog si potrebbe citare, come esempio di letteratura da “rana bollita” la poesia “prima vennero…” sull’ascesa del nazismo (anche se così andiamo probabilmente troppo in alto).

Si, va bene, ma che c’entrano le rane, io sto aspettando i prossimi appunti di Emilia.

Bene, probabilmente non li vedrete mai se non nella loro veste originale che trovate qui.

Secondo Jared Diamond (sempre sia lodato, soprattutto per alcuni articoli che ha scritto a proposito delle macchine da scrivere) gli abitanti dell’Isola di Pasqua si comportarono come le rane.

Avete presente l’Isola di Pasqua?
Si, quella con i testoni di pietra. Quella spersa nel bel mezzo dell’Oceano. Quella che sembra brucata dalle capre da un miliardo di anni. No, non quella del flop mostruoso di Kevin Kostner. Quella vera.
Secondo Diamond (a dire il vero secondo un suo amico che gli ha dato l’idea mentre faceva degli studi sullo scoglio oceanico) gli abitanti dell’Isola di Pasqua non si resero conto di cosa stavano facendo fino all’ultimo momento.
Capiamoci, sei già uno che ha avuto la fortuna di arrivare su un isola nel bel mezzo del nulla. La colonizzi, ti stabilisci per benino, decidi di costruire degli enormi testoni di pietra per ammazzare il tempo e, mentre ti dedichi a queste amene attività, piano piano inizi ad abbattere uno dopo l’altro tutti gli alberi dell’isola.
Un giorno, sei lì che stai segando una palma che sicuramente ti servirà a qualcosa di indispensabile, tipo una libreria con incasso per la testa di pietra in scala 100:1 che segna il tempo (azzurro-pioggia, rosa-bel tempo) o per realizzare finalmente quel soppalchino per riporci la collezione di scalpelli intarsiati a mano dal nonno e… ops!

Era l’ultima… fine delle palme, restano le teste
(forse il loro significato è proprio quello: segnalare a chiunque si avvicini che quella è un’isola di teste di… pietra)

Landscape Amnesia.
Così viene definita la sindrome che colse gli isolani.
Quando i cambiamenti nel panorama sono talmente lenti che non possono essere tramandati da una generazione a quella successiva ed improvvisamente… puff! Il bosco non c’è più, la montagna non c’è più, non ci sono più i ghiacciai e, sotto casa, ti trovi il più largo e profondo baratro erosivo che tu abbia mai visto (ma in realtà non l’hai mai visto fino a quando non hanno iniziato ad incrinarsi le piastrelle del bagno, un gres magnifico, nero, opaco).
Una cosa simile successe negli USA con la Dust Bowl. Quando si resero conto di ciò che avevano fatto nella Corn Belt ormai avevano mandato in orbita ettari ed ettari di terreno coltivabile. Non c’era niente di sbagliato in ciò che facevano, era il progresso, bisognava produrre cibo, non poteva essere sbagliato, s’era sempre fatto così (non è vero… ma ci credevano)… Una cosa simile sta succedendo con i terreni coltivabili dell’alveo del Po, dal Piemonte all’Emilia e più in generale con i terreni coltivabili Europei.

Peak Oil.
E’ bello, è interessante, inizia a fare notizia.
Peak Soil.
Non gliene frega niente a nessuno. (o quasi)
E’ buffo, è come se ci preoccupassimo per il frigo che rischia di non funzionare più quando, tanto, non c’è più niente da metterci dentro (a parte una riproduzione di testa dell’isola di pasqua segnatempo)

Stai abusando del nostro tempo e della nostra pazienza… le api?

Le api.
Le api sono un sistema accelerato.
Nessuno ha fatto niente di male alle api. Si è solo cercato di razionalizzare il sistema. Di rendere le lavorazioni più semplici, più produttive.
In poco più di un centinaio di anni le api, un organismo che ha qualche migliaio di anni in più degli esseri umani, sono perennemente a rischio. Darwin, ovunque esso sia, sta ridendo allegramente, insieme ad un branco di primati non evoluti, dimostrando che le sue teorie erano corrette: la varroa, dopo anni di trattamenti chimici sconsiderati si è “evoluta” meritando l’appellativo destructor.
Osservate l’ironia della “sorte”: da una parte si ibridano le api per ottenere nuclei sempre più produttivi e docili (delle piccolissime mucche alate a strisce) mentre dall’altra si agisce selezionando involontariamente parassiti e patogeni sempre più resistenti…

In agricoltura, nel sistema di produzione alimentare, questi meccanismi sono più lenti e complessi. più difficili da analizzare e rappresentare.
Con le api (ahimè) è più semplice, i tempi sono più rapidi e l’amnesia meno incalzante.

Voi non sentite l’acqua che inizia a scaldarsi?

20
Gen
09

La finestra sul cortile

Terranauta si veste a nuovo.

“Siamo un quotidiano (5 giorni a settimana). Ci occupiamo di ecologia, ambiente, e molto altro ancora.
Siamo liberi, indipendenti, controcorrente.
Siamo selvatici, lunatici, incazzati, ottimisti, estremisti e moderati.
Siamo Stefano, Virginia, Elisabeth, Valerio, Alessandra, Elisa, Marco, Rachele, Andrea 1, Andrea 2, Francesca, Claudia 1, Lorenzo, Claudia 2, Giancarlo, Miriam, Paolo, Giovanna, Daniel, Luca, Nicola, Daniela, Maria Rosa, Gianluca, Laura, Daria.
Siamo giovani, giovanissimi, adulti, anziani, bambini.
Siamo uomini donne maschi femmine etero omo laici ambientalisti ecologisti decrescenti transitanti emozionanti
Siamo bipedi, quadrupeti, centipeti. Abbiamo le ali, le pinne, le zanne.
Abbiamo rami, foglie, radici, frutti.
Abbiamo mani, piedi, lingua, occhi, orecchie, seni, peni, vagine, gomiti, talloni.
Il mondo è la fuori, Ne siamo parte, ci appartiene.
Possiamo osservarlo, possiamo cambiarlo, possiamo amarlo, possiamo viverlo.
Facciamolo insieme. Ognuno come può. Ognuno come vuole. Scrivete, leggete, consigliate.
Amateci, criticateci, appoggiateci.”

Daniel Tarozzi

(intanto, io, cerco di riprendermi dall’influenza senza troppo successo…)

20
Nov
08

diario di campagna n°214

we-have-a-war-garden
Disclaimer: questo sarà un post polemico dai toni a tratti un po’ accesi… se si vuole innescare una blogwar siete i benvenuti, vado a prendere la piccozza e torno subito 😉

Sono stato un po’ lontano dal computer in questi giorni, ma la “finestra” temporale per completare i 1000 mq di orto non è un dato certo e và presa al volo prima che il terreno si inzuppi.
Sarà l’aver messo da parte la rumorosissima motozappa, sarà la pratica zen del rastrellare le superfici dei bancali, saranno i movimenti lenti e silenziosi del pacciamare con la paglia ma ho finalmente riacquistato la facoltà di pensare.

Quando sono tornato davanti allo schermo ho letto questa notizia via weissbach (uno dei miei tank di notizie sul mondo di fuori) …

Sinceramente, mi spiace per il signor Agostino e per tutti quelli nella sua posizione ma…
basta con l’ eco-retorica del “Contadino”, per favore!

Basta con la teoria dei guardiani della terra bistrattati e maltrattati, basta con l’immagine dei portatori di tradizione legati ai cicli della natura dalle mani grosse e sporche di terra… vi prego…basta…

Siamo al ripescaggio della retorica dell’arcadia del ‘700, saggi pastorelli e licenziose fornarine che zampettano felici tra macchie di sorbo e campi di papaveri cantando stornelli…
Ma ci avete fatto caso? I papaveri nei campi di grano non ci sono più… li hanno sterminati con i diserbanti selettivi comprati con i finanziamenti statali!

Mi controllo.

Io vivo nel bel mezzo del posto di lavoro dei contadini, può essere che da altre parti siano diversi, ma qui sono compatibili ed idealizzabili quanto Marchionne quando piange per ulteriori finanziamenti all’industria dell’auto. (non mi sono controllato…)

Qui, durante la stagione estiva kilometri cubi di terreno fertile se ne volano via trascinati dai venti caldi grazie a tecniche agricole non sostenibili.
Ogni anno vengono richiesti più contributi per ristabilire la fertilità del terreno attraverso prodotti chimici costosissimi dal punto di vista energetico (la produzione industriale dell’azoto è un massacro energetico) che vengono continuamente dilavati andando ad inquinare le falde.
Qui i contadini prendono il trattore più grande e potente che hanno per lavorazioni superficiali bruciando quintali di gasolio e si lamentano per i controlli che non gli permettono più di utilizzarlo per andare in giro con il fuoristrada o scaldarci la casa.
Sono quelli che prendono sovvenzioni statali per fare le rotazioni ma poi non le applicano in una logica assurdamente autolesionista.
Sono quelli che comprano in nero diserbanti e fertilizzanti per mantenere le certificazione bio.

I contadini da “ideale” si sono estinti almeno due generazioni fa, gli ultimi sono quasi centenari e faticano anche a riconoscere i propri parenti… Sono stati spazzati via dalle politiche agrarie dissennate messe in atto dagli anni ’50 ad oggi. (a titolo di esempio quest’articolo) Quelli attuali hanno si e no l’età di mio padre e sono quelli che, per ignoranza o convenienza, si sono seduti su un sistema non sostenibile e l’hanno protratto fino ad oggi.

Ed oggi? Sveglia, siamo in crisi, lo siamo da anni ma abbiamo sempre fatto finta di niente.
Per quale recondito motivo devo condannare confindustria che chiede più aiuti all’impresa e non confagricoltori? Il settore dei trasporti è al primo posto come emissioni di CO2, l’agricoltura gli sta di poco dietro si salva solo perché il calcolo delle emissioni inquinanti si ferma all’anidride carbonica e trascura le emissioni di metano e protossido di azoto. Forse se si smette di compatirli e finanziarli entrambi si sveglieranno ed incominceranno a “cambiare”, a modificare dei sistemi assolutamente insostenibili in cui si sono rinchiusi.
Le associazioni di categoria dei contadini sono quelle che si sono opposte al decreto della comunità europea che autorizza la vendita della frutta e verdura “imperfetta”. Riferimenti: qui e qui

Allo stato attuale i contadini da retorica bucolica sono, tendenzialmente, “sciroppati” sui 30-40 anni, spesso senza vere e proprie radici contadine (per quanto tutti le si abbia: l’Italia è un paese dall’industrializzazione relativamente recente, ma ce la tiriamo come fossimo dei leader della new-economy…) che hanno mollato le precedenti professioni per inseguire quell’immagine candidamente agreste.
Gente che lavora cercando di fare una differenza, fuori dalle regole di un “Mercato” o nonostante esso. Gente che inventa e sperimenta.
Persone di cui, mi spiace, ma non posso dichiarare di far parte ( io sono qua perché non avevo molte altre scelte! O così o a spazzare i cessi da McDonald e a 37 anni mi sembrava veramente troppo…)

Mi spiace… ma non ci sarà mai niente di buono da imparare dai contadini attuali.

“Non è mai troppo tardi per rinunciare ai nostri pregiudizi. Non possiamo accettare nessuna maniera di pensare o di agire – per quanto antica essa sia – senza averla precedentemente sperimentata. Ciò che tutti, oggi, accettano per vero apertamente o senza discutere, può apparire falso domani; puro vapore di opinioni…”
“…ciò che i vecchi vi dicono che voi non potete fare, fatelo: così scoprirete che invece ne siete capaci…”
“ Sono vissuto per circa trent’anni su questo pianeta, e ancora debbo sentire dai più vecchi di me la prima sillaba di un consiglio valido o per lo meno sincero. Essi non mi hanno detto nulla, e probabilmente non possono dirmi nulla, che serva allo scopo. La vita è un esperimento che in gran parte io non ho ancora tentato; il fatto però che essi l’abbiano portato a termine, a me non porta vantaggio alcuno. Se posseggo qualche esperienza che penso possa essermi utile, mai di essa i miei Mentori mi fecero menzione.”
“Un contadino mi dice:”Non si può vivere solo a dieta vegetale, poiché essa non fornisce le sostanze per formare le ossa”. E pertanto egli dedica religiosamente parte della sua giornata a fornire il proprio organismo delle materie prime necessarie alla formazione delle ossa; e mentre parla, cammina dietro ai suoi buoi, che, con le ossa fatte di sostanze vegetali, si trascinano appresso a lui e il suo pesante aratro, per quanti ostacoli abbiano davanti.”

Henry D. ThoreauWalden ovvero vita nei boschi – (1845-47)

Lo ripeto, l’agricoltura così come la conosciamo è insostenibile, è una delle pratiche più insostenibili che il genere umano abbia creato dal neolitico ad oggi, i suoi danni sono a lentissimo rilascio ma ci sono e sono devastanti. (Il già citato articolo di Jared Diamond)

Quindi, vi prego, basta condannare le emissioni di CO2 dell’agricoltura, i vari picchi (petrolio, fosforo, suolo fertile), gli inquinamenti delle falde a seguito degli allevamenti di bestiame per poi idealizzare chi in quel sistema ha prosperato fino all’arrivo della crisi…
Vi prego, prendete una zappa, scalzate il prato all’inglese e le begonie, andate in comune a chiedere un pezzo di orto urbano, occupate le aiuole del parco, montate giardini pensili sul balcone, trasferitevi in un capanno da pesca sul Trasimeno e siate quel contadino che idealizzate.

Altri articoli di interesse pescati a caso:
Le cinque attività umane più inquinanti
Deterioramento dei terreni agricoli
e l’introduzione a “Walden – ovvero vita nei boschi” fatta da WuMing2




L’ orto di carta

Diario di bordo ad aggiornamento casuale e saltuario di un cialtrone nell'orto... giocando con il fango, la permacultura, l'agricoltura sinergica in compagnia di William Cobbett, John Seymour, Fukuoka e Kropotkin.

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Troverò altri sistemi di finanziamento occulto…

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