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26
Mag
10

Peperoni sulla Torre Velasca

Quando andammo con Rizomi a Venezia assemblammo una piccola Guida-Fai-da-Te che raccogliesse un po’ delle tecniche e degli esperimenti che abbiamo portato avanti…
Questo piccolo prodotto del nostro ingegno (altrettanto piccolo) è stato portato in giro più e più volte. Approfittando della visita a Milano abbiamo deciso di fare che metterlo on line…
Lo trovate dall’altra parte facendo click sull’immagine.

e ‘sta volta il titolo è rubato a meristemi… mi veniva più facile con i numeri

29
Mar
10

Talmente tante schegge da trovarmene le mani piene

Visto che pare che la vita preceda i miei pensieri e ragionamenti, ve la dico tutta:
sono contrario agli OGM.
Detto questo posso prendere respiro dal post sugli organismi mentalmente modificati in attesa di essere in grado di postare la 2° parte in cui il ragionamento si arrovellerà sempre più fino a raggiungere la compressione di una nana bianca… vi anticipo solo che ho trovato gli schemi per una macchinetta per “fotografare” il mio DNA…

Ma torniamo agli eventi che ci travolgono:

Il 3° Permablitz, finalmente baciato dal sole, sì è concluso in un tripudio di cibarie e programmi per il futuro orto urbano!!

(facendo click sulla foto sarete portati alla collezione completa delle immagini)

Meris, dal profondo Nord-Est, mi invia lo schema del suo orto sinergico basato sugli appunti di Emilia per ciò che riguarda consociazioni e avvicendamento. A me pare buono…

Sono stato in giro per il canavese e non potevo non andare ad occupare abusivamente la cucina di Stefano e Daniela per cena (i miei tandemisti preferiti). Bhè… non posso non invidiare il loro essicatore solare… e la serra, e la raccolta delle acque piovane, e i pannelli fotovoltaici, e l’orto, e…

Ma a proposito di documenti credo di essermi dimenticato a tempo debito di comunicare che Davide aveva pubblicato su scribd un bell’articolo dell’ATTRA sulla fertilizzazione fogliare (in cui c’entra anche il compost tea…)

Dulcis in fundo. Il Consapevole si fa il restiling e (botta di culo) nel numero di questo mese c’è un mio articolo sull’agricoltura urbana e sulle tecniche applicabili per gli orti sul terrazzo.

Credo sia tutto… ma probabilmente no…
Ah! Le galline sono entrate a pieno regime… moriremo di colesterolo.

17
Mar
10

Rizomi – il blitz n°3

…poi finisco il discorso iniziato nel post prima…


Clikkando sull’immagine tutte le info.

22
Ott
09

Le Città sono immondizia… ottimo!

The ice age is coming, the sun’s zooming in
Meltdown expected, the wheat is growing thin
Engines stop running, but I have no fear
Cause London is drowning and I, live by the river

The Clash – London Calling

Fa freddo, è autunno e io abito in riva al fiume.
Questo fa si che si entri di diritto nella stagione degli sport indoor e, come risulta evidente dai commenti al post precedente, la cosa non è totalmente indolore sotto molti aspetti.
Per l’inverno sto preparando una nutrita libreria di documenti da leggere e pianificando diverse azioni prive di significato spendibile (questo è il mio personale concetto di lusso… fare delle cose prive di un senso compiuto e prive di conseguenze a lungo termine)

La prima è un motore.
Non nel senso classico del termine per quanto possa avere a che fare con la termodinamica, sapessi cos’è.
E’ un centro di produzione energetica. Una batteria. Una cellula.
La cosa migliore è che si può tenere sotto il lavandino della cucina senza nessuna controindicazione.
La cosa migliore è che si può tenere in appartamento in città… anche se il sistema funziona altrettanto bene nei boschi incontaminati (ma mi sfugge un po’ il motivo per cui si potrebbe voler montare una cosa del genere nel mezzo di un bosco).
La cosa migliore è che ne ho parlato a Venezia con i ragazzi di Spiazzi e con Elena i quali si aspettano una descrizione un po’ più precisa di uno dei “motori” delle mie progettazioni urbane…

Et voilà!
Scopiazzando beceramente da almeno una dozzina di fonti internet diverse.
Vigliaccamente bypassando e “piratando” gli EM.
Subdolamente saccheggiando i bidoni dell’immondizia di ex-colleghi.
Il Bokashi!

Si. Ok. Capisco. Ha un nome giapponese e quindi sa immediatamente di vaccata… ma mica e colpa mia se è un sistema tradizionale giapponese (che poi… lo fanno da millenni in tutto il sud-est asiatico…).
Noemi apre la dispensa della cucina e bestemmia.
Le spiego che è roba mia. Che mi serve per un esperimento…
Noemi bestemmia e chiude la dispensa.
Dicevo…

Vi hanno sempre raccontato che il compost va areato, che i processi anaerobici non vanno bene, portano patogeni, marciumi maleodoranti ecc… ecc…
E vi hanno sempre detto che ci vuole spazio.
Ok.
Fate finta che nessuno vi abbia mai detto niente o, se abitate in appartamento, fregatevene.
Tra parentesi: se abitate in appartamento ma non avete un balcone o delle piante vi chiederete perché fare il compost. Semplice, perché sarebbe bello che la gente cominciasse ad assumersi la responsabilità della propria immondizia e non si limitasse ad abbandonarla nel sacchettino di materbie. Cosa farvene del compost? Regalatelo ad un amico, disperdetelo nel parco, concimateci l’ailanto che sta facendo saltare i tabelloni del marciapiede davanti a casa… quello che vi pare. Potete persino portarlo ai giardinetti per concimare qualche asfittica piantina urbana.

Tornando a bomba.
Il Bokashi dell’Orto di Carta.

Puntata n°1
dove il cialtrone sforacchia secchi.

Cos’è il Bokashi?
Fondamentalmente è un compost prodotto in assenza di ossigeno grazie al lactobacillus serum o, se volete spendere soldi, grazie ad un cocktail di lieviti e lactobacillus serum denominato “EM”.
La traduzione letterale dovrebbe essere “fermentato di scarti organici”.
Quali sono i vantaggi?
Non ha odore (non più di un barattolo di crauti se ci infilate il naso dentro) ed è fattibile in pochissimo spazio. Quindi adatto al compostaggio domestico in città.

Per realizzare la mia compostiera ho recuperato un paio di barattoli in plastica di quelli per le olive o, come in questo caso, per le macedonie da ristorazione collettiva. Sono da 15 litri e si recuperano facile dalle mense scolastiche o dai ristornati.
barilotti
Di uno ho sforacchiato il fondo con il trapano.

fori
Il buco nel secondo secchio (nella foto con tappo d’ordinanza) serve per raccogliere i liquidi di scolo senza dover aprire il coperchio ed evitando quindi di far entrare troppa aria nel composto.
assemblato
Il liquido è inodore ed è la vera manna di tutto il processo: diluito 1: 20 è praticamente una soluzione nutritiva “attiva”, viva. In pratica: uno yogurt per piante, fermenti lattici per il suolo…

Puntata n°2
dove il cialtrone si autoproduce lactobacillus serum e poi pensa che in effetti poteva evitarselo.

Nel secchio del bokashi si può mettere qualsiasi scarto organico (carne e cibi cotti compresi a differenza del compost).
Il tutto funziona grazie al lactobacillus serum che, in situazione anaerobica, elabora la materia organica occupandola completamente ed impedendo lo svilupparsi di muffe e marciumi (vera causa di fastidiose puzze ed invasioni di noiosi moscerini).
Come procurarsi il lactobacillus serum?
Facile.
Se vi fate lo yogurt in casa sarà sufficiente scolarlo raccogliendo l’acqua in un contenitore. Quello è lui.
Ma io che sono un cialtrone e a queste cose penso sempre una settimana dopo ho seguito il procedimento lungo…

Fase 1
Prendere mezza tazza di riso e metterla in una terrina con 1 tazza di acqua.
Agitare molto bene e scolare l’acqua della sciacquatura di riso in un barattolo accertandosi che sia riempito solo per 1/3.
Coprire il barattolo senza chiuderlo (deve passare aria) e lasciarlo riposare lontano dalla luce e dal calore per 5-8 giorni.
riso
Prego notare sullo sfondo una delle dozzine di cestinate di Achocha di quest’anno… uno dei raccolti migliori insieme all’alloctono Topinabur…

Fase 2
Dopo i 5-8 giorni l’acqua avrà un leggero odore acidulo.
Filtrate ogni residuo ed aggiungete 10 volte il suo volume di latte e rimettete tutto a riposare per altri 14 giorni.
latte
Passati questi il latte si sarà separato. Filtrate la parte solida, il liquido che vi rimane è Lactobacillus Serum.
lactobacillus
Et voilà! Non è più difficile del fare il pane o, appunto, lo yogurt…
…qualcuno usa anche il kombucha ma non saprei dire. L’ultima volta che ne vidi uno eravamo ancora in preda ad Adam Ant.

Puntata n°3

dove il cialtrone usa il suo secchiello bokashi.

Ok. Ho il secchio, ho il lactobacillus… e ora?
Bene… nel bokashi fighetto, quello acquistato via internet, quello in cui mi faccio spedire gli inoculi di EM in un bel substrato di crusca d’avena è tutto molto semplice e costoso…
Io, ho preferito seguire le istruzioni di altri cialtroni a cui mi sento più affine.
A questo punto si prendono dei gran bei fogli di giornale e gli si fa un bagno nel lactobacillus avendo l’accortezza di non strapparli o accartocciarli. (Io ho usato una bacinella bassa rettangolare).
Fatto questo, li si stende ad asciugare. In questo modo avremo sempre una scorta di inoculi ad alto contenuto di carbonio da aggiungere nel nostro secchiello.

Istruzioni per l’uso:
Prendere uno dei fogli di giornale inoculati e disporlo sul fondo del secchiello.
Mettere all’interno i rifiuti organici pressandoli molto bene fino ad ottenere uno spessore di circa 2-3 dita (pressateli molto bene in modo da far uscire tutta l’aria).
Coprire il tutto con un altro foglio di giornale inoculato.
Chiudere bene ermeticamente il coperchio.
Procedere così fino a completo riempimento del secchio.
A questo punto mettere il tutto da parte per 10 giorni circa.
Et voilà il bokashi è pronto!

ATTENZIONE
E’ estremamente importante che non entri troppa aria nel secchio quindi conviene riempirlo solo quando si è sicuri di avere sufficienti rifiuti. Alcuni li tengono in frigo fino a quando non ne hanno a sufficienza per evitare di aprire e chiudere in continuazione il coperchio
Conviene, inoltre farsi un paio di secchi in modo da averne sempre uno vuoto mentre l’altro “matura”
Il risultato non sembrerà affatto compost. Non avrà il classico aspetto da terriccio ed odore di sottobosco. Il bokashi sembra quello che è: immondizia “krautizzata”.
Ma è uno dei migliori modi per riciclare i rifiuti organici in ambiente urbano oltre che il modo più semplice per produrre grandi quantità di soluzioni nutrienti per le piante.

Prossima puntata:
le applicazioni del bokashi nell’idroponia semplificata… e che Fukuoka mi perdoni. 😉

29
Giu
09

Il Compost Tea

OVVERO:
Il Blog di Oblomov si scrive da sè…

Di tanto in tanto mi viene fatto notare che, oltre ad essere un’impenitente cialtrone ed un confusionario sono anche un divulgatore assolutamete adidattico.
Di tanto in tanto mi chiedo anche perchè apro un blog e poi passo settimane senza scrivere niente (in realtà lo so perchè… ma lasciamo perdere).
Poi parte la “mente collettiva” e tutto riparte… prova che, quando le cose sono fatte in più persone, il risultato e sempre maggiore della somma dei singoli individui.

Et voilà che, grazie ad Elena (a.k.a. elenacavolaia, a.k.a. lafatadeicavoli), ora disponiamo di un’ottima traduzione del tutorial di Elaine Ingham sul Compost Tea.
GRAZIE Elena!!
(ho fatto dei casini con Scribd… scusate)

Ma non sedetevi sul suo lavoro…

Sono a scuola.
Ho 7 anni, una pettinatura che non vorrei mai più rivedere ed una felpa che doveva essere stata di una delle mie sorelle maggiori e che i miei (oculatamente) avevano comprato di un colore neutro, in vista del passaggio “generazionale”.
La maestra ci sta facendo mettere un seme di fagiolo in una scatoletta con del cotone umido.
Ci spiega che, una volta germogliato, lo sposteremo nei vasetti dove la pianta troverà i nutrimenti necessari presenti nella terra.
Siamo in 24 ragazzini e stiamo immaginando il nostro fagiolo con radici a righe bianche e blu (come le cannucce del bar) che pompano nutrienti dal terriccio del vasetto.
Da li a qualche mese ci troveremo come Jan Baptist Van Helmont ed il suo salice nel vaso, ma senza la scusante di essere nel 1600, a dedurre che le piante assorbono i nutrienti con cui creano la propria massa dall’acqua…
Sono passati quasi 30 anni. La felpa non esiste più ed i capelli sono sempre un disastro.
Leggendo i testi di Joseph A. Cocannouer (farming with nature, 1954) scopro che il 96% dei nutrienti che una pianta assimila provengono dall’aria.
Non so dove sia andata a finire la mia maestra.

In ogni caso qui trovate un’ottimo articolo dell’ATTRA sulla fertilizzazione foliare perfettamente in linea con il tutorial sul Compost Tea… ed in INGLESE!! 🙂

23
Apr
09

il karma della patata

Ero già lì.
Già pronto.
Avevo fatto tutte le foto di rito, avevo recuperato tutti i documenti di approfondimento, stavo già pensando a come introdurre l’argomento, i “tempi” del post che avrei scritto…
Era tutto pronto.

Cosa era pronto?

Ma niente, un compostatore “a caldo” autocostruito…
bidone
Un che?

Si, hai presente quelli verdi di plastica che alcuni comuni ti danno in comodato d’uso… ecco, a Rondissone non te lo danno. Quindi avevo deciso di costruirmene uno a costo zero. Uno di quelli “rotanti” che abbreviano il ciclo di compostaggio a poche settimane…
foropassante
Ma dai?! In che senso rotante?

Letteralmente. Tu ci butti l’organico dentro e poi dai un giro al fusto che rimescola tutto. Non fai nessuna fatica, anche se il compost “a caldo”, a mio parere, non è della stessa qualità di quello “a freddo”, ma i pareri sono discordanti.
Pur non utilizzando il compost nell’orto, tra piantini, semenzai, esperimenti con il compost tea ed il biochar iniziavo a scarseggiare… comunque, poi…
tubopassante
E quale sarebbe la differenza tra “caldo” e “freddo”?

Il compost a caldo richiede molte lavorazioni ed una percentuale carbonio azoto pressoché dell’1:1, va rivoltato e rivoltato e rivoltato ma pare sia più efficace sull’eliminazione dei patogeni e delle infestanti… quello a freddo è la pila classica che si lascia decomporre lentamente senza nessuna fatica… ma che, sempre a mio parere, si arricchisce molto di più di “vita organica”…
bloccaggio
Ma come l’hai costruito?

Boh, avevo un vecchio bidone di quelli in plastica con il tappo chiudibile, c’ho fatto due buchi, gli ho infilato un palo attraverso ed ho costruito un trabbicolo su cui appoggiarlo con dei vecchi pallett avanzati… ah! E poi l’ho sforacchiato per permettere un’aerazione adeguata, ma non troppo, che altrimenti non si scalda abbastanza… e avevo anche finito quando…
quasi-completo
E questo in un pomeriggio?

Si, anche meno… ci avrò messo due o tre ore, anche meno se il marmocchio non fosse stato tra i piedi.

E quanto ti è costato?

Nulla, erano pezzi di recupero. Però, stavo dicendo…

Ma funziona?

Ecchennesò!? Mò lo provo e poi ti dico!

Si, vabbè… non innervosirti!

Un pioppo.

Un pioppo.
Un altissimo e lunghissimo e fronzutissimo (è primavera) pioppo.
Io avevo spostato le patate. L’anno scorso avevano subito un incidente.
Un incidente con un pioppo.
Le avevo spostate davanti a casa. Gli avevo costruito una struttura tutta per loro con tanto di decorazioni, archi e fiori rampicanti.
Nell’orto dietro casa, l’anno scorso erano rimaste schiacciate dal pioppo sradicato da una tempesta.
Oggi ha fatto tempesta.
Il pioppo è caduto.
Davanti a casa.
Sulle patate.

patatesottopioppo

pioppo1

Quando si dice il karma…

Aggiornamento: Comunque funziona… nonostante stia piovendo ininterrottamente il bidone è bello calduccio…

16
Mar
09

tutta l’eleganza del nero

tutta-leleganza-del-nero
Biochar.
E’ divertente come gli anglosassoni siano in grado, all’orecchio italiano, di parlare una lingua fatta di marchi, loghi e slogan.
Biochar.
Cioè, dai, è bello. C’ha ‘sto bio davanti che fa subito “tecnologia appropriata”. Ti catapulta subito in un mondo di tecnici dal volto umano. Chimici sensibili ed ingegneri con le Birkenstock… è bello.
E se n’è accorta anche la stampa italiana… con un po’ di ritardo… ma se n’è accorta.
Il ché, di per sé, è un bene. Sono convinto che il biochar abbia delle grandi possibilità se applicato ed utilizzato nella maniera adeguata, anche se nella mia visione ci vorrebbe prima una profonda riforma agraria e culturale… ma mica si può volere tutto.

Il biochar ha tutte le caratteristiche per essere un buon “pezzo” per i media: archeologia alla “Indiana Jones” lungo le sponde del Rio delle Amazzoni, Deep Ecology, paroloni come pirolisi e biomasse… insomma, si vende facile! E qui, mi casca l’asino…
Il passo dalla comunicazione alla produzione massiccia, industriale, può essere estremamente breve. Se una cosa si comunica facilmente, se ha delle caratteristiche di fascinazione, metà del lavoro di marketing è già fatto e qualcuno abboccherà…

Non ho nessuna intenzione di ricominciare con i pipponi sul biochar, per quelli vi rimando alla traduzione che avevo fatto qui ed al sito originale (che viene costantemente aggiornato a differenza della mia traduzione!).
Ma… questo l’ho fatto io in giardino… nessuno si è fatto male (neanche il bimbo di 3 anni che mi gravita costantemente tra le ginocchia), il tutto è costato veramente poco, io non sono un ingegnere ne il più sopraffino degli artigiani e c’ho messo poco più di un paio di giorni ma, cosa più importante, su scala “casalinga” è assolutamente sostenibile!

BIOCHAR CASALINGO
Uno step by step (o quasi) raffazzonato alla bene meglio… se non si capisce, sono disponibile per chiarimenti
bidone

In primis ho dovuto “riciclare” la buona vecchia Teiera per il Compost Tea.
Per l’occasione è stata leggermente modificata. E’ stata tolta la pompa e chiusi i buchi da cui si diramavano tubi e tubetti ed è stata sostituita con un areatore da acquario (la bellezza di 9€), quest’ultimo ha l’indubbio vantaggio di non intasarsi tutte le volte e richiedere meno manutenzione…
compostbubbler

Messo il saccone (in questo caso ho utilizzato uno dei sacchi per alimenti usati per il mangime per polli… ma volendo essere più naturali si possono usare quelli di juta…) ho aggiunto due cucchiaiate di zucchero di canna. Qualcuno uso il miele ma, essendo un’antibiotico naturale c’è chi dice possa creare dei problemi allo sviluppo dei microrganismi
mielezucchero1

Dopo 48 ore, alla comparsa della schiumetta superficiale, ho messo in immersione il carbone, recuperato un po’ da Carlo (che si è costruito un Adam retort in giardino!), un po’ dai miei esperimenti casalinghi…
carbone

Altre 24 ore et voilà! Biochar!
inoculo

Cercando di inserire il più possibile il biochar nelle pratiche di agricoltura sinergica ho deciso di non lavorarlo nel terreno ma provare ad utilizzarlo come pacciamatura.
pacciamatura

In questo modo dovrei ottenere una serie di vantaggi.
Primo vantaggio: il carbone è meno deperibile (si parla di centinaia di anni…) della paglia riducendo la necessità di materiale vegetale per le coperture permanenti… e ci penseranno i lombrichi a lavorarlo nel terreno… Se funzionasse potrei ridurre la necessità di “importare” paglia non sempre di provenienza certa (hai voglia fare il fighetto cercando di pacciamare con paglia bio!!)
Secondo vantaggio: Secondo Folke Gunther la pacciamatura a carbone serve come deterrente per le lumache… cosa non disprezzabile visto che si stanno svegliando e hanno una fame maledetta!!

Ok… ho fatto il mio bel post per cavalcare l’onda dei media italiani sul biochar
Adesso posso tornare ad occuparmi delle api… vera ossessione del momento.
Tra un anno si sveglieranno sull’apicoltura naturale e non voglio farmi trovare a “brache calate” 😉

Qui tutte le cose che ho scritto con tag biochar (grazie equipaje!)
Qui il ripescaggio di un ripescaggio sul Compost tea

08
Feb
09

Gli appunti di Emila H. n°8

omino
Et voilà.
Tanto per cambiare mi sta esplodendo la primavera (che verrà) sotto il sedere (letteralmente, sono seduto per terra nell’orto… si, vado con il portatile nell’orto… non so quanto durerà ancora, povera bestia).
Tutti gli anni mi racconto che è colpa dell’inverno rigido e freddo, della neve, della pioggia.
Ma non è vero.
In realtà è che io, in inverno, vado in letargo celebrale. Da dicembre in poi smetto di pensare ed entro in stato subvegetativo… poi, PUFF!
E non ho il tempo materiale di fare tutto ciò che vorrei o che ho lasciato lì da qualche parte con un biglietto con scritto su: “da fare”…

Questi che seguono sono gli appunti sul compost di Emilia portati a voi grazie all’opera di Gabriella ed alla mia pessima correzione bozze…

La traduzione

L’originale

24
Lug
08

diario di campagna n°133

Torniamo alla biomassa.
Il “fortuito” incontro con Marco ha innescato una serie di ragionamenti, schemi e ripescaggi negli archivi. C’è sempre nell’aria la possibilità di re-localizzare il mezzo mondo in cui gravito in una situazione dove realizzare una progettazione stabile sia possibile… e quindi si studia.

Una delle cose che mi porterò dietro è una minuscola serra, recupero di un fondo di magazzino. Attualmente usata come semenzaio e nursery per le piantine. Metà dello spazio è (era, ora è senza pannelli per fare da supporto ad un paio di zucche rampicanti) occupato da taniche di acqua nel tentativo di avere un sufficiente accumulo di calore durante i primi soli della stagione. Tecnica totalmente inefficace vista la posizione di casa: esposizione a Nord, tasso di umidità assurdo durante tutto l’anno (nel 2007 il ghiaccio in cortile ce lo siamo portato fino ad aprile/maggio) e siamo il bacino di raccolta di tutta l’aria fredda che cala dal Canavese…
Questo mi ha portato a valutare strategie alternative, oltre a desiderare una serra più grande…

Ed ecco le biomasse.
Jean Pain è famoso per il “Compost dei Templari” ed ad una serie di tecnologie legate al compostaggio degli arbusti per la produzione di energia. Energia=Calore.

Jean Pain con i suoi cumuli di compost ci scaldava la casa, le serre e ci alimentava una 2cv a metano nella proprietà che gestiva nel bel mezzo del versante francese dell’Occitania dove questa sfuma nella Provenza. (E qui metto sul piatto “Gibous, bagase e bandì” di Lou Dalfin”).
Questo è un’articolo di Peter Bane in Inglese ma con immagini sufficientemente chiare per dare un’idea del sistema.
Questo è tratto, invece, dalla libreria a libero accesso di Journey to Forever .

Il nuovo sito dove, in ipotesi, dovrei spostarmi sorge sul crinale di una collina, sul fronte della casa si stende il terreno (con una più che modesta pendenza) che termina in un fiumiciattolo ed in un bosco. Il posto si presenta alla realizzazione di una serie di swales[1] consolidati e resi “assorbenti” dal vetiver e ombreggiati da alberi.
Da entrambi e dalla pulizia del bosco sarei probabilmente in grado di recuperare sufficiente biomassa per permettermi una serra più grande e riscaldata!

Ps. – l’utilizzo del compost per l’orto sinergico è quasi irrilevante. Viene principalmente usato nei semenzai… motivo per cui a quel punto probabilmente ne avrei in eccesso. Me lo vendo?
PPs. – A proposito di biomasse vi consiglio anche questo link al mio nuovo eroe, va a pari con Ruth Stout come genialità scomposta e disordinata (Non sapete l’inglese? Non importa! Bastano le immagini)

[1] Scusate… a furia di leggere roba in inglese mi mancano i termini in italiano. Gli swales sono una specie di fossi che corrono parallelamente alle linee orografiche in modo da trattenere l’acqua e permetterne l’infiltrazione, il che li differenzia dai canali che servono per trasferirla…

10
Lug
08

diario di campagna n°123

Credo che ormai si sia capito… io tendo a guardare l’orto (ed in generale l’agricoltura) dal punto di vista dei miei antenati: sdraiato, due metri sotto terra.
Questo comporta diversi vantaggi, alcuni svantaggi ed una struttura esteticamente “peculiare” della parte emersa. Tra le altre cose della parte emersa capisco anche poco o niente (verde: vegetale, grigio: sasso, verde/grigio: postina non ancora andata in vacanza e dalla dieta un po’ carente).

Uno dei vantaggi è che quando scopro nuovi (per me) collegamenti col piano di sopra mi emoziono sempre un po’. Questo può essere dettato anche dal non possedere una televisione da sei anni.

I Dentedileone o taraxacum officinale (se siete di quelli che le piante le conoscono) è un vegetale spettacolare! Si, lo so, si mangia in insalata, si fanno i “capperi”, con le radici si fanno tinture ecc… ecc… ma, nonostante la mia passione per la cucina, vi sembra che io mi possa emozionare per l’aspetto culinario? Oibò… ci vivo da un tot di tempo mangiando “erbacce”…

Visto da “sotto”, il tarassaco, è spettacolare. Infestanti, ma spettacolare, e una buona pacciamatura dovrebbe comunque tenerlo a bada.

Che cosa fa il Tarassaco che io non sapevo:
• Produce etilene (è la fissa del momento) il che, come diretta conseguenza, permette la maturazione anticipata dei frutti e la fioritura precoce sebbene in alcuni casi possa inibire lo sviluppo della pianta. Pare che mettere in un sacchetto i fiori e le foglie del Dentedileone con frutti acerbi li faccia maturare. [ref PFAF GardenOrganic]
• La grossa radice, morta la pianta, permette un’areazione naturale del terreno (fondamentale in un orto dove si promuova l’autofertilità) e diventa un ”ascensore” naturale per lombrichi ed altri organismi che possono così raggiungere gli strati più profondi del terreno.
• La pianta non disturba con le sue radici le piante circostanti. La radice del Dentedileone scende verticalmente in profondità agendo come “pompa” per alcuni minerali celati negli strati più bassi del terreno, specialmente calcio. [ref PFAF]
• E’ considerato un produttore di Humus in quanto la sua rizosfera (l’area di terreno a contatto con il suolo) è particolarmente gradita ai lombrichi.
• Può essere attaccato dai nematodi. In questo caso conviene, forse, consociarlo con piante “trappola” tipo nasturzio o “disinfettanti” tipo tagete. Oppure usare lui come trappola, magari nei pressi dei cavoli, particolarmente sensibili agli attacchi da parte dei nematodi. [ref GardenOrganic]
• E’ uno degli ingredienti per il “QR” Herbal compost activator (vedi ricetta) [ref Journey to Forever]

…con buona pace per le “erbacce infestanti”…

“QR” (Quick Return) Herbal Compost Activator:
(liberamente tratto da Bruce. M. E. Commonsense Compost Making. Faber 1977 ISBN 0-571-09990-4)

Il QR è una polvere a base di erbe e miele che, diluita in acqua e distribuita sulla pila del compost, è in grado di accelerarne il processo di decomposizione e migliorarne la qualità.

Ingredienti:
Camomilla (Matricaria chamomilla) – potassio, fosforo, calcio, zolfo
Dentedileone (Taraxacum officinale) – ferro, sali, potassio, fosforo
Valeriana (Valeriana officinalis) – acido acetico, acido formico
Achillea (Achillea millefolium) – ferro, calcio, potassio, fosforo, zolfo, nitrati
Ortica (Urtica dioica) – olii, acido formico, azoto in forma ammoniacale, acido carbonico, ferro
Corteccia di Quercia (Quercus robur) – potassio, calcio
Miele grezzo (miele grezzo) – glucosio

Metodo:
Raccogliere foglie e fiori al mattino e farli seccare a bassa temperatura. Una volta seccati macinare il tutto e setacciare con un colino. Mantenendo separate le erbe.
Per la corteccia di Quercia usare la parte esterna grattandola finemente (con una lima o con la grattugia da formaggio).
Per il miele, mischiarne una goccia con un’uguale quantità di Saccharum Lactis (reperibile in farmacia, pare che lo produca la Boiron, tra le altre…) finchè il miele non sia completamente assorbito.
NB – le piante fondamentali sono l’Achillea e l’Ortica… il resto è optional.

Mischiare i componenti in parti uguali (es. un cucchiaio per ciascheduno) e conservare in barattolo chiuso fino all’utilizzo.
Quando se ne avrà bisogno sarà sufficiente diluire una punta di cucchiaino del mix in ½ litro d’acqua ed agitare bene. Si conserverà per circa tre settimane. Agitare sempre prima dell’uso.

Indicazioni d’uso:
(per pile di circa 2m quadrati)

Forare verticalmente, con un palo, la pila di compost fino a 15 centimetri dal fondo. I fori andrebbero ad una distanza, l’uno dall’altro di 30 – 60 cm l’uno dall’altro.
Versare nei fori una tazzina da caffè della soluzione e “tappare” il tutto con terriccio asciutto setacciato, comprimendolo bene per evitare “bolle d’aria”.

Pare sia quasi miracoloso… e fatto così è gratis (saccharum lactis a parte).




L’ orto di carta

Diario di bordo ad aggiornamento casuale e saltuario di un cialtrone nell'orto... giocando con il fango, la permacultura, l'agricoltura sinergica in compagnia di William Cobbett, John Seymour, Fukuoka e Kropotkin.

Per Contattarmi:

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