
Dov’è finito l’orto?
E i manuali di fai da te estremo?
Dove gli interminabili pipponi sulla biologia del suolo e la necessità di smettere di rivoltare zolle di terra , dove le bucoliche narrazioni di un (presto ma non troppo) quarantenne alle prese con la sua nuova vita agreste, dove gli esperimenti di sussistenza, dove i brutali scontri con l’ottuagenaria vicina di casa… ma soprattutto, dove gli appunti di Emilia o novità illuminanti sul biochar?
Persi di fronte ad un paio di nuclei di api.
Perché?
Non so.
Forse perché la nuova vita agreste non è più tanto nuova e si sta cercando un “salto di qualità”.
Forse perché traslare i concetti, spostarli e ritrovarli in altri contesti, magari, li rende più chiari. Magari può riportarli a quella lucentezza che avrebbero dovuto avere in origine.
Le rane.
Friedrich Goltzun tot di eoni fa fece uno “scellerato” esperimento:
Primo – prendi una rana
Secondo – asportale il cervello
Terzo – (pensavi che fosse sufficiente come schifezza?) mettila in una pentola di acqua fredda
Quarto – metti la pentola sul fuoco e alza lentamente, ma inesorabilmente, la temperatura fino a portare l’acqua ad ebollizione
Conclusioni – la rana rimane lì e si lascia bollire non percependo il cambiamento di temperatura, aggiungendo un po’ di aromi, probabilmente, il buon Goltz sarebbe riuscito ad ottenere la versione barocca di un brodo di rana.
Ignoro il perché perdere tempo con un’attività simile, ma gli scienziati sono strani (e un po’ perversi): pare che uno abbia passato buona parte della sua vita a tagliare la coda ai gatti sperando di farli nascere senza… ma poi Darwin lo superò a sinistra e, probabilmente, lui finì a lavare i boccali in qualche pub di Southampton…
In ogni caso, l’ardito esperimento di Herr Goltz venne ripescato e riadattato dalla letteratura anglosassone fino a farlo divenire metafora di un peculiare atteggiamento sociale: se i cambiamenti sono così lenti da non essere percepiti, le “rane” si fanno bollire nel loro brodo.
Per alzare un minimo lo spirito letterario di questo blog si potrebbe citare, come esempio di letteratura da “rana bollita” la poesia “prima vennero…” sull’ascesa del nazismo (anche se così andiamo probabilmente troppo in alto).
Si, va bene, ma che c’entrano le rane, io sto aspettando i prossimi appunti di Emilia.
Bene, probabilmente non li vedrete mai se non nella loro veste originale che trovate qui.
Secondo Jared Diamond (sempre sia lodato, soprattutto per alcuni articoli che ha scritto a proposito delle macchine da scrivere) gli abitanti dell’Isola di Pasqua si comportarono come le rane.
Avete presente l’Isola di Pasqua?
Si, quella con i testoni di pietra. Quella spersa nel bel mezzo dell’Oceano. Quella che sembra brucata dalle capre da un miliardo di anni. No, non quella del flop mostruoso di Kevin Kostner. Quella vera.
Secondo Diamond (a dire il vero secondo un suo amico che gli ha dato l’idea mentre faceva degli studi sullo scoglio oceanico) gli abitanti dell’Isola di Pasqua non si resero conto di cosa stavano facendo fino all’ultimo momento.
Capiamoci, sei già uno che ha avuto la fortuna di arrivare su un isola nel bel mezzo del nulla. La colonizzi, ti stabilisci per benino, decidi di costruire degli enormi testoni di pietra per ammazzare il tempo e, mentre ti dedichi a queste amene attività, piano piano inizi ad abbattere uno dopo l’altro tutti gli alberi dell’isola.
Un giorno, sei lì che stai segando una palma che sicuramente ti servirà a qualcosa di indispensabile, tipo una libreria con incasso per la testa di pietra in scala 100:1 che segna il tempo (azzurro-pioggia, rosa-bel tempo) o per realizzare finalmente quel soppalchino per riporci la collezione di scalpelli intarsiati a mano dal nonno e… ops!
Era l’ultima… fine delle palme, restano le teste
(forse il loro significato è proprio quello: segnalare a chiunque si avvicini che quella è un’isola di teste di… pietra)
Landscape Amnesia.
Così viene definita la sindrome che colse gli isolani.
Quando i cambiamenti nel panorama sono talmente lenti che non possono essere tramandati da una generazione a quella successiva ed improvvisamente… puff! Il bosco non c’è più, la montagna non c’è più, non ci sono più i ghiacciai e, sotto casa, ti trovi il più largo e profondo baratro erosivo che tu abbia mai visto (ma in realtà non l’hai mai visto fino a quando non hanno iniziato ad incrinarsi le piastrelle del bagno, un gres magnifico, nero, opaco).
Una cosa simile successe negli USA con la Dust Bowl. Quando si resero conto di ciò che avevano fatto nella Corn Belt ormai avevano mandato in orbita ettari ed ettari di terreno coltivabile. Non c’era niente di sbagliato in ciò che facevano, era il progresso, bisognava produrre cibo, non poteva essere sbagliato, s’era sempre fatto così (non è vero… ma ci credevano)… Una cosa simile sta succedendo con i terreni coltivabili dell’alveo del Po, dal Piemonte all’Emilia e più in generale con i terreni coltivabili Europei.
Peak Oil.
E’ bello, è interessante, inizia a fare notizia.
Peak Soil.
Non gliene frega niente a nessuno. (o quasi)
E’ buffo, è come se ci preoccupassimo per il frigo che rischia di non funzionare più quando, tanto, non c’è più niente da metterci dentro (a parte una riproduzione di testa dell’isola di pasqua segnatempo)
Stai abusando del nostro tempo e della nostra pazienza… le api?
Le api.
Le api sono un sistema accelerato.
Nessuno ha fatto niente di male alle api. Si è solo cercato di razionalizzare il sistema. Di rendere le lavorazioni più semplici, più produttive.
In poco più di un centinaio di anni le api, un organismo che ha qualche migliaio di anni in più degli esseri umani, sono perennemente a rischio. Darwin, ovunque esso sia, sta ridendo allegramente, insieme ad un branco di primati non evoluti, dimostrando che le sue teorie erano corrette: la varroa, dopo anni di trattamenti chimici sconsiderati si è “evoluta” meritando l’appellativo destructor.
Osservate l’ironia della “sorte”: da una parte si ibridano le api per ottenere nuclei sempre più produttivi e docili (delle piccolissime mucche alate a strisce) mentre dall’altra si agisce selezionando involontariamente parassiti e patogeni sempre più resistenti…
In agricoltura, nel sistema di produzione alimentare, questi meccanismi sono più lenti e complessi. più difficili da analizzare e rappresentare.
Con le api (ahimè) è più semplice, i tempi sono più rapidi e l’amnesia meno incalzante.
Voi non sentite l’acqua che inizia a scaldarsi?
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