Posts Tagged ‘Ju Jitsu

22
Apr
11

Changes

Quasi 7 anni dall’inizio.
Se mi mettevo di buzzo buono potevo prendere un paio di lauree brevi. Sicuramente avrei avuto delle semplici collinette rispetto alle montagne di carta attuali e meno esperimenti falliti.
E invece, chi guarda verso il campo, vede un tipo allampanato, impunemente abbigliato come un orfano dei Mother Love Bone che insegue disperatamente periodi di semina e traccia piste di ife fungine.
In realtà, per ora, non è così facile vedermi.
Ogni tanto, si cambia.
Fa parte della natura delle cose.
Le piante migrano, i panda cercano disperatamente di estinguersi.

Si cambia. Ed in questi casi, i miei genitori, mi hanno insegnato che si deve chiedere scusa a chi si è deluso e ringraziare le persone da cui si è ricevuto materialmente ed emotivamente molto.
Tra le scuse spiccano quelle che vanno ai ragazzi della Transizione in Umbria dove avrei dovuto essere in uno dei prossimi weekend e che, invece, ho ignobilmente paccato per mille motivi – buoni per me ma non, giustamente, per loro. Scusatemi, potete consolarvi con l’idea che un cialtrone non ha dovuto attraversare mezza Italia, avrei sicuramente consumato più di ciò che vi avrei potuto dare.
Ma detto così sembra un epitaffio.
Rifo.

Non ho mai avuto intenzione né di diventare un autarchico né di diventare un commesso viaggiatore della sostenibilità e della neo-ruralità, tanto meno di aprire l’ennesimo Bed&Breakfast della formazione alle pratiche sostenibili.
Quello che volevo fare da grande era vivere bene.
Vivere bene vuol dire, nella mia accezione, sganciarsi dal sistema consuma-crepa, non cascare nella logica da terziario anni ’80 del “siamo tutti fornitori di servizi” (pessima abitudine su tutti i versanti della barricata) ed evitare la tendenza “squatter” del “ho finito i soldi, costruisco bonghe per svoltare il mese”. Ma, negli ultimi anni, ho abbondantemente spizzicato qua e là da tutte le tendenze.
Ora, è meglio se inizio a fare ciò che può veramente determinare il mio (e di altri) vivere bene.
Produrre.
Dimostrare attraverso la pratica un teorema.
La produzione di energia (nel senso più ampio ed estremo del termine) è uno “stile” fattibile anche su un fazzoletto di un ettaro e senza spolpare troppi liquami di dinosauri morti.
E quindi, cedo il passo.
Iosononicola ma non sarò più l’OrtodiCarta.
Ma detto così sembra l’epitaffio del blog.
Rifo.

Quasi 7 anni dall’inizio.
Non siamo più soli.
Le cose cambiano e, se si vuole e si accetta il confronto con la nobile arte della burocrazia (sofisticata forma di ju-jitsu socio-politico), in meglio.
Ma questa volta c’è da lavorare.
(Io non so esattamente cosa voglia dire… ma non siamo più soli: me lo spiegheranno)
Primo: costruire casa (la dolce vichinga che ho sposato sta imparando l’infallibile mossa delle sette stelle di Okuto)
Secondo: proseguire nella pianificazione delle successioni nel campo ed impostarle
Terzo: dare corpo e struttura ad OrtodiCarta che, da luogo dei miei “sbraghi sbilenchi” diventa soggetto collettivo – Il blog resta perchè è il mio spazio privato ma OrtodiCarta diventa un progetto fisico (e magari inizierà a godere di una sua comunicazione spontanea… ma, fortunatamente per il lato “istituzionale”, non me ne sto occupando io)
Quarto: dimostrare che una Fattoria di Transizione è possibile anche senza organizzare corsi di uncinetto cromoterapico, sfruttare 10.000 volontari o aprire un Bed&Breakfast (o facendo tutte queste cose ma in maniera assolutamente collaterale, casuale e involontaria).
Se di sostenibilità si parla… non vale bluffare. Poi, fate quel che vi pare. Io ho i prossimi 40 anni per dimostrare un teorema.
Ma un teorema devo dimostralo nella pratica e documentarne lo svolgimento.
Poi, rimango uno gran cialtrone e una delle cose che amo di più fare è raccontare in giro quello che faccio e sperimento ma per un po’ non mi muoverò più (appuntamenti già fissati a parte e a meno di ottime ragioni – soggettive – per paccare)
Ma sapete dove trovarci: Qui o .
Come sempre.

Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma.

PS.- La prode ed abile compilatrice di codici sta febbrilmente lavorando sulla nuova finestra comunicativa… si accettano consigli e complimenti 😉

03
Nov
10

Dis-appunti di progettazione


Vi hanno già detto in mille salse che il suolo è la pelle del mondo.
Che quei primi 10-15 centimetri di terra che disperatamente sorreggono il vostro peso contengono più roba di quanta se ne possa trovare a brancolare per tutti i MegaStore del mondo e che è lì che risiede la maggior percentuale dei nutrienti necessari per la crescita delle piante e lo svilupparsi della vita. E questo, solo nell’area coperta dai vostri piedi.
Ve l’hanno già detto. Così come vi hanno già abbinato l’immagine dei campi arati a quella di un vostro braccio completamente scuoiato. Aia, fa male.

I lavori per la nuova casa sono ancora fermi alla parte teorico-progettuale-burocratica ma, intanto si inizia a lavorare sui 10000 e passa metri quadri di campo.
A questo proposito, mentre siedo nel bel mezzo di un prato sotto la pioggia mi ripeto il mio personale mantra progettuale.

Lezione numero 1: la mappa non è il territorio.
E anche questo me l’hanno già detto. Guardo tutte le topografie, tutte le cartine, vado su è giù per il catasto, l’Istituto di Cartografico, saccheggio tutte le foto satellitari possibili immaginabili (che la paranoia per i satelliti che ci spiano va bene… ma vuoi mettere che comodità che lo facciano: anche il più Zerzaniano dei miei amici ha Google Earth istallato sul pc… sottolineo:PC) e poi scopro che non corrisponde quasi nulla. Che la mia lettura delle carte non corrisponde quasi in nulla con la percezione dello spazio reale. Nessuna delle due è errata ma nessuna delle due è corretta.
Le medie matematiche lasciano il tempo che trovano.

Lezione numero 2: prima di fare qualsiasi cosa analizzo a fondo le energie in transito sul territorio. Tutte: sole, vento, acqua, mandrie di bufali incazzati… che sembra una cavolata ma non considerare nessuna delle succitate energie ti porta a trovarti magari in linea diretta con un canale di venti freddi che spaccano il becco agli uccellini o con un fiume in piena che ti sradica l’orto alla prima pioggia. In più se ci si può evitare di intralciarle ma, al contrario, con una sana impostazione da Ju-Jitsu agroecologico, assecondarle per i propri fini… tutto lavoro risparmiato sul lungo termine.

Lezione numero 3: se è comodo, facile e piacevole… funziona.

Lezione numero 4: una buona progettazione è flessibile ma permanente. Lo so… questa è una di quelle frasi stronze che tendenzialmente vengono dette da vecchi portinai giapponesi a sfigatissimi ragazzini brufolosi destinati a vincere i mondiali di Kung-Fu e a catturare mosche con le bacchette per il riso. Più in specifico avrebbe a che fare con il Chaordic e con la falsa idea di “fissità” insita nel concetto di “preservazione” di una vecchia scuola di ecologia e di “crescita costante della produzione” dell’agricoltura industriale.
Agricoltura Industriale cui appartiene anche il vecchio contadino che parla solo dialetto stretto, racconta dei bei tempi andati , possiede una luce nel profondo degli occhi… no, giusto per ricordarsi che la storia del vecchio=saggio è sempre più spesso una gran cazzata… i vecchi saggi o sono persone interessanti indipendentemente dall’età, sono estinti o andrebbero estinti…

Lezione numero 5: Evita le bojate da “Into the aiuola”. Siamo in Italia. Una striscia di terra che si allunga in un bidet di acqua salmastra. Se vedete il sole sorgere dal mare, avete tempo di fare pranzo con i parenti, un riposino e vederlo tramontare nuovamente in mare dalla parte opposta del paese… la wilderness lasciala a paesi con altre scale dimensionali. Qui, o fai i conti con i vicini, o hai imparato a mangiare sassi oppure migra (abbiamo una vasta cultura nazionale a riguardo).

Lezione numero 6: 10.000 metri quadri sono tanti. Inizia dal metro 1 e progredisci. Magari scopri che manco ti servono tutti.

Lezione numero 7: ReginaZabo un giorno aveva postato (non mi ricordo più dove. Ad un certo punto aveva più account di Steve Jobs 🙂 …) una frase di Mr. Cissachicavoloera in cui si faceva notare come la nostra costituzione (“Una delle migliori al mondo, se non la migliore” cit. da qualcun’altro sopra i 70 anni) sia praticamente l’unica che si apre dichiarando che “la repubblica Italiana è fondata sul lavoro”. Chiunque altro al mondo fonda – regimi totalitari a parte – in maniera meno ipocrita le proprie basi in cose un po’ più interessanti come il benessere, la felicità, la possibilità espressiva…
Ricordatelo.




L’ orto di carta

Diario di bordo ad aggiornamento casuale e saltuario di un cialtrone nell'orto... giocando con il fango, la permacultura, l'agricoltura sinergica in compagnia di William Cobbett, John Seymour, Fukuoka e Kropotkin.

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Troverò altri sistemi di finanziamento occulto…

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