I’m easy
I’m easy like Sunday morning
[coro] Uh Uuuuuh Uh Uuuuuh…
I’m E e e easyyyy
Easy like Sunday mo-oo-o-oo-orining
[coro] Uh Uuuuuh Uh Uuuuuh…
[EASY, già dei Commodores, poi di Mike Patton con i Faith No More]
Sto lavorando nell’orto, nel pollaio, raccogliendo il materiale per gli articoli sul vetiver ed il biochar e dando la caccia ad uno sciame di api. Ma, soprattutto, sto scartabellando tra libri, articoli, schemi ed esperimenti di agricoltura urbana e realizzo orti in “cinque minuti”
Suona assurdo, davanti a me ci sono ettari ed ettari di campi ed io mi sto inventando dei balconi su cui fare esperimenti… ci manca solo che mi tocchi ringraziare i geometri per la loro insana passione per il cemento e gli autobloccanti.
Devo dire però che è stimolante.
Intanto passa la vecchina di ronda a controllare quali boiate pazzesche mi sono inventato questa volta.
Atto I – Scena I
Entra una vecchina, l’aspetto curvo e dimesso non fa in alcun modo trasparire la belva tarantiniana sepolta sotto le ceneri della vetusta età. Kill Bill in versione 88enne…
Lei – e cosa sarebbe quello?
Io – Vetiver
Lei – ….e non lo togli?
Io – no, c’è l’ho messo apposta.
Lei – già, te sei strano…
Exit la vecchietta.
Io rimango lì. Senza aver avuto la possibilità di difendere le mie posizioni.
La vecchina è arrivata, ha tirato il sasso, io me lo sono preso in testa e lei è scappata… il prossimo anno, col cavolo che le do le piantine di pomodoro!
Rimasto inespresso il mio desiderio di dare spiegazioni alla sorella segreta di Gengis Khan, tocca a voi subirvela…
Il Vetiver nell’orto.

FATTO- (ovvero: cosa ha visto Lei)
In ogni bancale dell’orto, in una posizione centrale ho messo una pianta di Vetiver. Le foto risalgono a circa un paio di mesi fa. Attualmente dal cespo ingiallito spuntano tanti simpatici spaghetti verdi lunghi 40-50 cm.

TESI- (ovvero: cosa ha pensato Lei)
Una piantaccia che in tutto e per tutto assomiglia ad un grosso ciuffo di erbacce infestanti e che, con buona probabilità, succhierà acqua e nutrienti privandone le povere piantine circostanti oltre a togliergli spazio per le radici. E poi, è brutta e fa disordine…

ANTITESI- (ovvero: cosa avrei cercato di argomentare)
Sarò noioso.
Io sto curando un orto che, nelle mie aspettative, dovrebbe ottimizzare il consumo di energie (personali, economiche ecc…) e la resa produttiva.
Per fare questo cerco di fare in modo che la natura lavori al posto mio.
In un orto “classico” la presenza di annuali è preponderante rispetto a quella delle perenni e questo può creare notevoli squilibri nel suolo.
Le annuali hanno, solitamente radici relativamente superficiali e creano rapporti di “simbiosi” prevalentemente con organismi come i batteri. In più, lavorano solo sul primo strato del terreno assorbendo e rilasciando (attraverso la rizodeposizione) nutrienti ad una profondità relativamente limitata. Quando decadono la parte organica che rimane nel suolo (io non tolgo mai le radici dal terreno) si decompone in maniera superficiale, ad opera dei batteri sopraccitati ed è a rischio (se non certezza) di “stop” invernale.
Ora, questa è una radice di vetiver…

Ok… il signore lì vicino non è esattamente il Sigfrido dell’anello dei Nibelunghi, ma la dimensione del fascicolo di radici è comunque impressionante…
La mia tesi è quindi quella di avere al centro di ogni bancale una pianta che produca biomassa in grande quantità. (E la biomassa non è mai troppa se si pensa alle pacciamature, al compost alla produzione di energia ecc… ecc… sono quasi arrivato alla conclusione che se si vuole avere un buon orto si debba prima di tutto coltivare sterpaglie…)
E un reticolo di radici in grado di fornire rifugio permanente alla microflora e microfauna del suolo. Le perenni hanno, al contrario delle annuali, un rapporto più stretto con le ife fungine, quindi, inoculate con micorrize possono garantirne la propagazione “automatica” da un anno all’altro.
Un fascio di radici così fitto e profondo permette una migliore infiltrazione dell’acqua e quindi un miglior drenaggio ma, in caso di prolungata siccità è in grado di pompare l’acqua dagli strati più profondi fino alla superficie. In breve: è un’enorme e lunghissima spugna…
Se poi si pensa che la maggior parte delle piante ha uno stretto rapporto tra parte aerea e parte sotterranea, tutte le volte che le piante verranno sfalciate, parte delle radici morirà rilasciando una grossa quantità di nutrienti e partecipando attivamente alla, letterale, creazione di nuovo suolo…
La parte aerea, dal canto suo, fornisce rifugio per insetti, creano zone ombreggiate ecc… ecc…
A questo punto, la santa vecchina avrebbe estratto il bastone e mi avrebbe colpito ripetutamente all’urlo di “parla come mangi!”
Sigh…
In realtà si sarebbero potute organizzare progettazioni più concrete ed ardite ma, l’avessi fatto, che cialtrone sarei?…
Per dire… il vetiver nella coltivazione si presta in maniera ottima per la creazione degli swale o come tassello nella creazione di una siepe da bordura (fondamentale quando si crea un orto e, infatti, assente nel mio….sigh) o nella creazione di “trappole solari”… senza contare che ‘sto cespuglione è anche in grado di evitare il diffondersi di patogeni creando con la sua parte aerea una sorta di “filtro” tra le varie sezioni della coltivazione e le radici fanno da efficace berriera contro le infestanti stolonifere.
Insomma… se qualcuno trova il modo di mangiarselo siamo a cavallo.
Riferimenti:
Teaming with Microbes – di Jeff Lowenfels e Wayne Lewis, prefazione di Elaine Ingham – ed. Timberpress
Soilfoodweb.com
Gaia’s Garden – di Toby Hemenwey –
The Living Soil – E.B. Balfour – ed. Faber & Faber
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