Venezia.
Ma quante Venezie esistono?
Tre giorni fa.
Il nano, dopo un’iniziale diffidenza tipica del terricolo, ha deciso che la posizione migliore per un quattrenne in barca è quella della polena.
Io, intanto, cerco di dimenarmi nel tentativo di eliminare “La Serenissima” da ciò che mi circonda. Il “Giapponese” che alberga nel fondo di ciascuno di noi si dibatte e scalcia cercando l’inquadratura di Rialto migliore per la foto ricordo.
Da questo punto di vista, Michele e la banda di Spiazzi, aiutano molto… non so neanche da che parte stia Rialto. Il “giapponese” si accontenta delle pittoresche casse per le moleche e abbandona definitivamente la speranza di una cartolina…
E una Venezia l’abbiamo eliminata. Quella più inutile.
Siamo alla sede in laguna di Spiazzi. Uno spazio, dentro uno spazio, attraverso un cortile da cui si accede in un altro spazio.
Visto da fuori è una porticina. Dentro c’è una fetta di Veneto più pezzi aggiunti: Ortalon, Ortinconca, Bruno Moro, SpiazziVerdi ed io con un pezzo di Rizomi.
Tema: “Orti Condivisi si Raccontano”.
Non sono in grado di riassumere tutta la chiacchierata (anche se so che qualcuno si proponeva di farne una sorta di “sunto” per il Consapevole e che sicuramente qualcosa comparirà sul blog di SpiazziVerdi). La sensazione è quella del laboratorio sperimentale.
Dall’esperienza di lungo corso di Bruno a Preganziol per arrivare al progetto di “micro biodiversità” di Ortinconca, il tono è quello sicuro e leggero di chi sa che, nonostante tutto, da qualche parte si sta andando e che non c’è scontro: noi siamo parte del “Meglio” 🙂
Questa Venezia la teniamo. Non è neanche Venezia… è un pezzo di mondo…
In barca. Muoversi a Venezia per un foresto è economicamente improponibile soprattutto quando le cose da fare ed i luoghi dove passare sono tanti, il tempo poco e si devono portare in giro attrezzi, secchi, taniche ecc… ecc…
¾ delle discussioni tra me e Michele avvengono ad un volume adeguato per coprire il rumore del fuoribordo (immagine: Evinrude di Bianca e Bernie, prima di bere il whisky della lontra…). A Spiazzi ci sono circa 15 persone che mi odieranno per le prossime 3 ore. Il tempo e poco, gli argomenti tantissimi. Tema del laboratorio “L’orto in casa” (neanche sul balcone, in casa. Al massimo, se uno è fortunato, su un’altana…).
Montiamo nella stanza un impianto di vasi auto-irriganti, la compostiera a lombrichi (che contano ormai 2Km di viaggio per ogni anello) e un tot di altri orpelli da orticoltura casalinga.
Qui c’è poca terra, quella poca che c’è è nascosta in posti strani, i balconi “aggettanti” sono una rarità. Ogni esperimento di agricoltura urbana a Venezia si scontra con problematiche che qualsiasi altra città ha in qualità e quantità inferiori, questo ne fa un centro elettivo per la Sostenibilità Urbana. Sia l’ecosistema naturale che quello antropico sono perennemente sull’orlo del collasso.
La Venezia della resilienza che reinventa quotidianità sostenibili ci piace.
Michele mi racconta, da sempre, di come la città fosse organizzata in modo da avere vigne, orti, campi e piccoli allevamenti compresi al suo interno. Mi racconta dell’associazione che sta recuperando i vecchi vigneti dei conventi, dei vari orti “ignoti”, non nell’area dell’isola di S. Erasmo. Arriviamo alle Zitelle mentre Mattia sta tenendo un laboratorio di Agricoltura Sinergica.
L’Orto di Spiazzi è come loro: un’apparente casino. Mi sento a casa.
La Venezia che cova semi “infestanti” è quella che preferisco subito dopo la Venezia di Spiazzi.
Siamo in quattro. Io, Noemi, il barattolo di speranze sgambettante e Luca, in rappresentanza di Rizomi. Corriamo, parliamo, guardiamo ed ascoltiamo ma l’immagine che possiamo avere di SpiazziVerdi è quella legata alla rapidità del momento. Non del vissuto, non della storia del gruppo… è, fondamentalmente, quella dei “turisti”.
Ma c’è una cosa che a me piace dell’atmosfera che si respira a muoversi con loro: sono una banda di pirati. I cialtroni più seri che mi sia mai capitato di incontrare.
Niente tribù indiana, niente riserve. In una città chiusa in calli, cortili, canali la loro è una nave che comunica, che modifica e che mira in alto, attraverso un strategico e spensierato abbordaggio continuo. Averne…
“Quando scadrà il mio mandato da sindaco, voglio che Venezia sia la più grande piscina a cielo aperto del mondo e che le persone possano tranquillamente tuffarsi in mare dalla porta di casa”
Un Grazie ad Eliana, Franco, Dora, Mattia, Sara, Nicolò, Noè e a tutti gli altri (e ai vostri accenti mescolati)
ps. c’erano altre foto ma WP mi sta facendo dei casini… sistemerò al mio ritorno dalla 5 giorni di Agricoltura Sinergica in quel di Pieve di Teco…
Chiacchere al bancone