Posts Tagged ‘produzione alimentare

29
Dic
10

De Rerum Rustica (Catone in Narcan) puntata n°3

Questa serie di post dimostra come io non abbia capito niente di comunicazione via web o di come non me ne freghi assolutamente nulla.

Abbiamo lasciato il nostro buon Catone in puro delirio mistico pre-festivo.
Dicevamo: andiamo a cambiare i presupposti.
Non amo farlo in maniera “animistica”. Troppo facile, troppo scontato e troppo velocemente ascrivibile a simpatiche ed interessanti pratiche, come l’incollarsi cristalli di quarzo qui e là, mangiare solo foglie di frassino e il riallineamento delle energie interiori attraverso la focalizzazione dei punti di frizione dei corpi celesti sopra i 16 parsec.
Siamo seri.
Potrei dire che l’Agricoltura Sinergica salverà il mondo o che la permacultura è l’unica via per la salvezza di “quella vecchia troia della Terra” (cit. Lynn Margulis) ma, in realtà, sono solo tecniche (la prima pratica, la seconda di progettazione)
Sarebbe come sperare che Paris Hilton abbandonasse gli aerei rosa shocking tempestati di Swarowski, si trasferisse in una malga con pannelli fotovoltaici a seguire regimi alimentari attenti e sani (magari vegani) in una calda atmosfera al patchouli e, per questo motivo, potesse essere considerata una persona intelligente e piacevole da frequentare. Rimarrebbe un mezzo peluche sinaptico. Farebbe – forse – meno danni ma sarebbe comunque una disgrazia per il genere umano.
Quindi mi devo rifare a qualche cosa di “razionale” o, quantomeno, verificabile in maniera più o meno oggettiva.
Dove, per “oggettivo”, si intende qualcosa che faccia riferimento ad un linguaggio comune, condiviso, riconoscibile e riproducibile da chiunque, non soggetto ad interpretazioni (le tecniche sono interpretabili a meno che non siano stravolte in professioni di fede. A quel punto diventano cazzate)

A questo punto Catone schizza fuori dalle nebbie del trip grazie all’azione combinata di Narcan e calci nel sedere.
Howard Thomas Odum.
Non credo che abbia neanche mai fatto un orto in vita sua. Ma non è grave.
In ogni caso, Odum, ha prodotto un buon punto di partenza per la creazione di un vocabolario comune. Base necessaria e fondamentale per generare una reale rivoluzione agraria. Non i vari remix che le migliori menti agrarie degli ultimi 7000 anni sono riusciti a produrre seguendo il giro di basso della buona Martha Stewart (per chi non cogliesse la citazione a Martha vada a rileggere le puntate precedenti 1 e 2)
Per intenderci. La tecnologia OGM o le biotecnologie da marketing in generale non sono e non possono essere una rivoluzione proprio perché non sono un vocabolario.
GATTACA non è un vocabolario… è un’alfabeto! O un discreto film di fantascienza.
C’avete mai provato a fare una rivoluzione solo con un’alfabeto?
Combattente per la libertà n°1 – bwuevgw edcyc jjjol!
Combattente per la libertà n°2 – Cosa?
Combattente per la libertà n°1 – AFHGJJJ!
Combattente per la libertà n°2 – Eh?!
Combattente per la libertà n°1 – NLIJSWUE!!!!
Combattente per la libertà n°2 – ‘fanculo va!
Fine della rivoluzione.

Odum applica un approcio differente.
Al contrario del babbione studente di Zen che guarda il dito invece della luna, cosa che capita agli studenti Zen quando non sono intenti ad ascoltare il suono di una mano sola.
Odum si concentra sulla luna che, nel suo caso, sono le energie che percorrono, si consumano, si accumulano, girano e danzano in un dato Sistema.
Qui potete prendete come esempio laboratoriale il vostro orto, campo, aiuola di – saranno – tulipani, bio-regione.

Ragazzi, qui siamo alla preistoria della permacultura… Bill Mollison sta ancora facendo il tagliaboschi in Tasmania e Holmgren scava enormi swale nella sabbiera della scuola creando gravi incidenti con le maestre ed i compagni.

Attraverso il vocabolario energetico creato da Odum (battezzato – sigh – energese) siamo in grado di mappare i flussi di energia (economica, fisica, chimica ecc… ecc…) di un dato sistema, le dispersioni, gli accumuli e quant’altro. Proprio come se l’ambiente che ci circonda fosse un circuito elettrico.
Lui l’ha fatto e, negli anni seguenti, milioni di altri simpatici soloni e, provate un po’ ad indovinare? Qual’è il sistema che ha il miglior rapporto energia impiegata – energia resa (detto anche EROEI)?
Bof! Mettiamola così: i sistemi naturali – boschi foreste ecc… – fanno sembrare il nostro sistema agricolo un immenso costosissimo trabiccolo in grado di accendere per 10 minuti un’abat-jour grazie alla spinta congiunta di 60.000 criceti inzuppati nel Gatorade(tm).

Punto.

Diagramma di un ecosistema generico secondo Odum

Proviamo ad indovinare: quante progettazioni agrarie-agricole vengono fatte tenendo in considerazione questi dati?
Quando ho provato a porre questa domanda a Biella avevo già perso il 99% dell’uditorio da un pezzo ma, essendo una domanda retorica, per non farmi sentire solo soletto nel fascio del videoproiettore, qualcuno ha azzardato un “nessuno?”. Boh? Non lo so. Magari qualcuno l’ha fatto ma, apparentemente, non abbastanza visto che i campi vengono utilizzati per impiantare enormi parchi fotovoltaici…
Ok. Studiate Odum.
No. Non vi servirà per fare l’orto.
Vi servirà per vivere. Per avere una griglia che, vagamente, vi permetta di comprendere la complessità di un sistema, quello naturale, che non sarebbe altrimenti leggibile se non attraverso i frazionamenti successivi di un ottica riduttivista oppure attraverso un’onanistica forma di etica spirituale.
La gramigna mi sommerge. Diserbo.
Oppure.
Il pomodoro è bruttino. Bagno solo in giorni di aria e concimo con cenere di finferlo.
Non è così semplice. Non lo è mai.
Ma potete comunque darvi alla biodinamica o a qualsiasi altra pratica senza porvi troppe domande.
Paris Hilton è con voi.

Oh! Se vi aspettate delle risposte da questa mia delirante esposizione: dimenticatevele.
Non ho risposte per me, figurarsi se ne ho da distribuire in giro… sono un cialtrone mica per niente…
Prendete le suggestione e cercate le risposte. Il primo che arriva dia un colpo di telefono agli altri.
Grazie.

Questa in realtà la devo ad una chiacchierata con Massimo Ippolito.
Non sempre ci si pensa ma qualsiasi forma di energia (e materia in quanto energia potenziale) presente in circolazione è solo un sottoprodotto dell’energia solare. E le piante sono le uniche cose che riescono ad elaborare quest’energia al 100%.
Quando me l’ha detto m’è sembrato assolutamente ovvio. Un po’ come i tagli nelle tele di Fontana, ovvi ma non scontati. (Non amo Fontana ma passatemi l’esempio)

Bene. Odum crea il suo simpatico energese (io non posso credere che si possa inventare un nome meno “spendibile” di questo. Ma un po’ di marketing sociale sulle materie scientifiche? No, così, giusto per rendere la vita un po’ più semplice a Piero Angela che c’ha anche una certa età…).
Ora. Se ce lo studiamo e lo adottiamo durante le discussioni saremo in grado di comprenderci attraverso un vocabolario comune. Basato, per quel che ci riguarda, sull’unica costante di cui disponiamo: l’energia del sole.

Come creare da un vocabolario, da singole parole una grammatica che ci permetta di interfacciarci con la nostra principale fonte di energia, l’agricoltura, senza consumare inevitabilmente buona parte dell’accumulo energetico svolto dalla Terra in milioni di anni? (si, ci sono anche quelli convinti che si possa vivere solo grazie all’assorbimento da parte del nostro organismo dei raggi solari… ma queste, quando si diffondono, si chiamano “disfunzioni alimentari”)

Io, per quel che mi riguarda, farei un salto indietro.
Non tanto nel tempo, quanto nei post.

Speravo di aver finito ma mi sa che va ancora per le lunghe.
Qualcuno regge ancora una puntata?
No.
Vabbè… allora me la brucio così… in due parole, poi fatene voi cosa vi pare.

Il nostro compito è progettare una produzione energetica alimentare (per noi stessi, per i vicini di casa, per il Gas di San Pietro Montalcina, per diventare ricchi come dei cresi incassando sovvenzioni paurose sullo zucchero di barbabietola… no. Questo no. Scusate.).
Quindi, mi appellerei a chi ha creato una grammatica della progettazione. Un sistema sintattico per progettare che tenesse in considerazione il Tutto: Cristopher Alexander.
Si, vabbè, ma noi dobbiamo coltivare, mica decidere dove vanno le finestre di casa. Direte voi. Si, è vero.
Ma provate ad inserire i tasselli di Odum, un po’ di biologia, un po’ di ecologia, un po’ di scienza agraria ed il bagaglio di tecniche e competenze che la buona Martha ha impostato e a riformularli in un “Pattern Language” agricolo.

Et Voilà.

via Ethan Roland di Appleseed Permaculture

La rivoluzione.

Sembra assurdo?
Non cosi tanto. C’è chi lo fa.
Ancora in maniera sperimentale, partendo da microsistemi noti. Ma funziona.
Qualche agrario si rende disponibile?

10
Nov
09

Cronaca “Vera”

CronacaVera

Il 15 ottobre il nostro eroe, il paladino del produzione e del consumo alimentare sano e sostenibile, Michael Pollan deve andare per una lezione al Cal Poly.
Immediatamente scatta la rappresaglia: uno dei maggiori sponsor dell’istituto minaccia di ritirare la prevista donazione di 500.000 $ se la lezione non verrà bloccata o trasformata in un faccia a faccia.
Il seguito è un casino, lettere, minacce, scuse, senatori inalberati, paventati licenziamenti, e collezioni di articoli vari.
Ora.
Il Problema non è Pollan che, per quanto ottimo giornalista, oratore e godibilissimo scrittore rimane pur sempre un po’ un “fighetto” da upper class americana (e poi, sia detto, “Il dilemma dell’onnivoro” letto dall’Italia lascia un po’ perplessi… e vagamente orgogliosi dell’essere la repubblica delle banane che siamo).
Tanto meno lo sono i magnati delle major alimentari americane o i “rudi” contadini della corn-belt, dallo sputazzo di tabacco pronto, il cui appezzamento più piccolo equivale circa alla superficie dell’area metropolitana di Milano.
Il problema non è la Cargill o Joel Salatin (oddio, no, il problema è anche quello…).
Il problema è… ve lo vedete un casino del genere per Carlo Petrini?

Ok. Mi si potrà dire che le situazioni non sono paragonabili (così come non lo è il sistema alimentare presentato ne “Il dilemma dell’onnivoro” con quello italiano, almeno non completamente).
Mi si potrà dire che qui abbiamo un’altra cultura dell’alimentazione ed un altro mercato agro-alimentare (qualcuno mi spiega perché alla Coop. Di Chivasso, oggi 9 novembre, le melanzane costavano meno dei broccoli?). Che da noi le nicchie di qualità sono preservate e mantenute, c’è un riconoscimento del prodotto di qualità e dell’eccellenza italiana e quindi Petrini non può essere visto come “antagonista” del sistema agrario-imprenditoriale ma come coadiutore, come “sponsor” del sistema naturale e sano.

Ok.
No, in definitiva il problema è… com’è che, in America, quelli sono argomenti di discussione, di scontro e di confronto a cielo aperto e da noi no?
Ok… da noi non c’è questo problema… noi, il carciofo rosso di S. Erasmo l’abbiamo messo sotto la tutela di Slow Food. Ora non corre più rischi, anzi probabilmente l’intera isola di S. Erasmo (e l’inquinamento di Margherera sedimentato nelle sue sabbie) verrà completamente colonizzato di carciofi rossi…
Quindi perché dovrebbero esserci movimenti di opinione con personaggi che promuovano un modo “diverso” di produrre alimenti, politiche agrarie più consapevoli? C’è già tutto e, sorpresa, è già anche un mercato consolidato!
Ma non solo, grazie al lavoro che stiamo facendo sulla qualità e l’eccellenza (ci piace un sacco questo termine… ormai, nelle langhe, quando Piero incontra Giulio sul trattore si inchinano esclamando “eccellenza!”) il sistema lo stiamo esportando in tutta Europa!
Sicuri?

Beh…
Per la prima volta i paesi membri della Comunità Europea hanno dovuto rendere pubblici i beneficiari delle sovvenzioni EU all’agricoltura. Un terzo non va neanche a finire ad aziende strettamente agricole.
Ci sono milioni che vengono spesi in ditte che hanno vagamente a che fare con l’agricoltura e che, soprattutto, supportano tutto tranne un sistema di produzione agro-alimentare sostenibile (in cui possiamo anche ascrivere il benedetto carciofo di S. Erasmo… ma non obbligatoriamente, per la teoria del “che crepi il panda!” e della migrazione delle specie vegetali).
Tra i più fortunati beneficiari dei fondi Europei per l’agricoltura possiamo annoverare alcuni simpatici conglomerati affaristici tra cui il colosso dei pollifici francese Groupe Doux e buona parte degli zuccherifici europei. Né i primi, tanto meno i secondi hanno nulla a che fare con l’agricoltura… semplicemente preparano dei semilavorati e li commercializzano grazie ad una fitta rete di sussudiarie e di appalti… ma tant’è che incassano i fondi per l’agricoltura. Per capire bene come funziona il meccanismo l’esempio degli orsetti di gomma e delle girelle di Liquirizia della Haribò è emblematico.
La Haribò ha preso 332.000 € di sussidi per coprire la differenza di costo dello zucchero europeo da quello del resto del mondo. Se la Haribò avesse comprato lo zucchero, chessò, del venezuela l’avrebbe pagato meno di quello Europeo quindi l’Europa deve rifondergli i “danni” (che, io, sciocco, pensavo avessero già caricato sul prezzo dei loro pezzetti di gomma colorati… che sciocco…). Ha un senso!
Così come hanno un senso i 148.000€ dati alla ditta di catering Ligabue di Venezia nel 2008 (Michele sei avvertito!) come sussidi all’esportazione di zuccheri e prodotti caseari a bordo di lussuose navi da crociera, l’unico caso in cui invece dei container sono state usate comode confezioni monodose.

Che bisogno abbiamo in Europa di qualcuno che dica che le sovvenzioni all’agricoltura fanno più danni che altro al sistema di produzione agro-alimentare? Che bisogno abbiamo di riconoscere l’agricoltura come produzione di puro e semplice cibo quando tanto abbiamo un “Mercato” per il lumpenproletariat ed il carciofo rosso di S. Erasmo per i fini conoscitori del “terroir”?
Che bisogno c’è di fare delle discussioni serie sul sistema alimentare europeo quando sono ormai anni che non si produce più cibo ma utility finanziarie?

DISCLAIMER . Non ho assolutamente nulla contro il carciofo rosso di S. Erasmo ma è il primo presidio slow food che mi viene in mente per colpa di Michele… prendetevela con lui 😀

In ogni caso… io faccio il tifo per loro:
genuino




L’ orto di carta

Diario di bordo ad aggiornamento casuale e saltuario di un cialtrone nell'orto... giocando con il fango, la permacultura, l'agricoltura sinergica in compagnia di William Cobbett, John Seymour, Fukuoka e Kropotkin.

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