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02
Apr
11

…Svegliatevi bambine… (è primavera)

Di ritorno dalla due giorni di Lasagna Gardening nei dintorni di Verona.
Una scusa come un’altra per viralizzare cambiamenti.
Percorrere la A4 su un autocarro VW dell’82 può essere eterno, soprattutto in una notte piovosa di fine Marzo.
Matteo fa da copilota mentre scorriamo le immagini più vivide che ci trasciniamo verso Ovest:
Dormire nella casa di paglia di Riccardo e Nico.
La vista sulla valle con i suoi boschi di castagni e noci.
Le frequenti digressioni “fuori tema” sulla microbiologia del suolo, la gestione naturale delle acque, il forest gardening, l’agricoltura urbana…
La festa della semina “selvaggia” che si è innescata alla fine della realizzazione dell’orto.
I bambini.

E’ tardi. Il Carro è monolitico nel suo incedere e il tamburellare della pioggia sulla capote stordirebbe anche un bisonte in benzedrina.
Non è un buon periodo per andare in giro a chiacchierare e a fare corsi, con la casa da costruire e le coltivazioni da impiantare, ma alla fine… siamo ancora nella fase “attesa” e può essere sempre una possibilità per innescare cambiamenti. Visti i tempi…

Intanto i lavori “personali” proseguo nel classico clima primaverile composto da frazioni di sole miste a piogge più o meno torrenziali. L’acqua, combinata con una temperatura media di 12°-15° è il tempo migliore per la prossima esplosione vegetale. Mortale per me che mi faccio nuovamente ospitare, a giorni alterni, dalla biblioteca di Ivrea…

In realtà, se non fosse che non amo trovarmi inzuppato, potrei tranquillamente lavorare nell’orto. L’ho già fatto durante l’inverno.
In effetti, per quest’orto, ho applicato una delle mie massime preferite: “le cose si fanno secondo le regole, a meno che non si possa fare diversamente”.

E quindi, eccolo qui il nuovo orto, simile nel concetto di base a quello realizzato a Badia Calavena.
Un mix di lasagna gardening, hugelkultur, biointensivo, agricoltura sinergica e chi più ne ha più ne metta. Giusto per essere scomunicato da qualsiasi “Scuola” agricola si aggiri nel panorama mondiale…
Già ero un permacultore “abusivo”, ora sarò anche un sinergico “abusivo”.
Etichette… ci si stanca in fretta… e le mie idee sulla differenza tra tecnica, progettazione ed ideologia le ho già espresse.

Ci sono due occasioni in cui non applicherei alla lettera l’agricoltura sinergica ma darei spazio a “Variazioni sul Tema”
Il primo è quando la terra è ridotta veramente troppo male ed io non ho il tempo per ricondurre il tutto ad una situazione ideale (si dovrà pur mangiare durante il cantiere).
Il secondo è quando la terra è talmente sana e brulicante di vita che qualsiasi cosa altra dallo sdraiarmi per terra a fare un po’ di cloudspotting, sarebbe una bestemmia.
San Culino, il protettore degli indolenti, ha fatto sì che io ricadessi nella seconda categoria.
L’orto è quindi così composto:

Leggero passaggio per smuovere lo strato di erba del prato.
Spesso strato di cartoni per fermare le spontanee più aggressive e fornire un substrato per lombrichi e funghi
Tronchi di pioppo*
Cippato (dei rami piccoli del pioppo)
Letame di cavallo stagionato (poco… letame. Non la stagionatura…)**
Carbone***

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La griglia che si può vedere nelle foto è un esperimento che sto facendo quindi, per ora, non fateci caso. Ne tratteremo approfonditamente più avanti o a giugno quando torneremo da Riccardo.
Le dimensioni sono leggermente più grandi del normale 1,70 m per 6 m ma credo che i prossimi saranno larghi 1,50… oppure 1,80… non so… devo ancora decidere…
Quello che so è che adesso devo selezionare i ceppi di microorganismi dalla zona circostante per inoculare le pagnotte.

Ma questa è un’altra storia che coinvolgerà del riso, del malto, qualche asse di legno, l’occhio disgustato di Noemi e la speranza dei marmocchi di riuscire a vedere “mostri mucillagginosi”.

In ogni caso, come al solito, non mi sono inventato nulla.
Mi sono limitato a scopiazzare di qui e di là, a mischiare tutto e a trarne la mia personale interpretazione con ciò che trovavo a portata di mano.
Un ringraziamento va al nostro uomo in terra di Francia (Medo) e “Au Petit Colibrì”
Qui e Qui un paio di schemi illustrativi del principio da cui sono partito.
Sono in francese… così Renato non potrà più dire che sono troppo anglofono per i suoi gusti 😉

*Il fatto è che sulla sinistra della casa c’era quest’enorme pioppo di 35 anni. Una sorta di Moby Dick vegetale. Ora, voi immaginate cosa può essere un pioppo che, durante uno dei numerosi temporali estivi e non che battono il piccolo anfiteatro morenico, pompa linfa a 16 metri di altezza mettendo praticamente in comunicazione la falda sottostante con l’elettricità statica nell’aria… il numero di cicatrici da fulmine era lo stesso del succitato leviatano.
S’è optato per l’abbattimento e il riciclo in loco… per chi avesse letto il capolavoro di Melville, la lavorazione è stata molto simile a quella subita dalle balene subito dopo la cattura nel libro… un gran casino di cui non si butta via nulla, circondati non dagli squali ma da migliaia di insetti e funghi pronti a banchettare… e, in effetti, stanno banchettando… mors sua, vita loro…

**Si, lo so, non si dovrebbe fare. Ma avevamo bisogno di parecchia materia organica sia azotata che a base di carbonio ed il panettiere c’ha sto cavallone infernale a due passi dal campo che ancora un po’ se lo porta a dormire a casa… e poi, devo pur decomporli i tronchi.
Mettiamola così: è come fare il pane. Il principio è quello di creare un impasto ricco ed utilizzare il terreno sottostante come lievito… un po’ come quando si aggiunge una cucchiaiata di malto per rinfrescare la pasta madre nella panificazione. Ci vorranno anche ‘sto miliardo di anni prima che tutto si riallinei e ribilanci in maniera perfetta e sana, ma io non ho fretta.

***Per l’esattezza il famoso e famigerato biochar, fatto in una fornace non particolarmente efficiente ma abbastanza ruspante da poter essere abbandonata in un campo senza che nessuno passi e se la porti via. Il carbone non è stato trattato (nessun compostaggio, nessun bagno in compost tea…) come si sarebbe dovuto fare. Infatti, il carbone non trattato, agisce come una spugna sottraendo acqua e nutrienti al terreno ma, in questo caso, si voleva ottenere proprio quel risultato: assorbire l’umidità ed i composti chimici in eccesso diventando nicchia ambientale a lungo termine per funghi, batteri e compagnia bella e scorta per i tempi duri stabilizzando la situazione e devitando percolazioni e dilavamenti vari… Il carbone è stato fatto sempre con il suddetto pioppo che era – è tutt’ora – bello grosso… il ceppo sta diventando la più grossa coltivazione di funghi che abbia mai realizzato. Attualmente ospita 200 spine in legno inoculate.

No, non è per vendicarmi di quelli che mi sono caduti in testa.

Avessi voluto vendicarmi l’avrei venduto per farne carta per la prima pagina de “Il Giornale”…

17
Feb
09

La biodiversità bidimensionale

La giornata ha tutto l’aspetto di una risata crudele.
Il sole abbagliante rende il mondo circostante iper-reale, ogni singolo filo di paglia sui bancali dell’orto assume una titanica presenza visuale. Contemporaneamente un vento gelido ti sbatte in faccia rendendo la pelle azzurrina, sbiadita dalla circolazione sanguigna che rallenta.
Sto tribolando intorno ai letti rialzati che non sono riuscito a fare a novembre e nel frattempo scaglio fave ed insalate su quelli già pronti, G. è una settimana che mi ripete che a S. Apollonia vanno seminate le insalate anche se nevica… spiace dargli un dispiacere…

Rondissone… centro famoso per essere l’ultima uscita prima del casello a pagamento della Torino – Milano, o si esce qui o ti tocca pagare il balzello, e per essere sede di uno raro campanile a sezione triangolare, ma bisogna cercarlo bene perché tende a stare nascosto.


Da quello che mi raccontano, la crisi ha già portato un notevole miglioramento… una volta era solo mais, i pioppi, arrivati in seguito, richiedono meno lavorazioni.

Ora.
Pare un controsenso fare un orto sinergico qui in mezzo… un po’ come fare una coltivazione biologica di meli in Val di Non… ma sarà l’umidità del posto. Ormai ho assunto la psicologia del fungo, mi incisto in un’angolino e da lì comincio la lenta e progressiva colonizzazione. (Come sostiene Paul Stamets, uno dei miei supereroi preferiti, non si deve mai sottovalutare la capacità rigenerativa di un fungo)
E poi, chi l’ha detto che il Guerrilla Gardening si limita ai centri urbani?

E quindi con la sfacciataggine del cialtrone, avendo bene in mente l’obbiettivo: incasinare una biodiversità bidimensionale, mi sto apprestando ad allestire un alveare.
Cosa so di apicoltura? Niente.
Ma come nel caso dell’orto e dell’agricultura questo, forse, può essere un vantaggio.

Prossimamente tutta la documentazione su come, cosa e chi…
Per il momento: l’apicultore anarchico

ps.- le “u” in apicultura, agricultura ecc… ecc… sono un vezzo che mi sto prendendo, non uno dei miei tanti errori di battitura.

28
Ott
08

diario di campagna n°202

Sta arrivando il freddo, cala dalle valli del canavese per venire a sedersi nel cortile del Mulino.
L’orto si sta addormentando.
I pioppi, reduci dalle tempeste estive, gli stanno rimboccando una spessa trapunta di foglie per la gioia dei lombrichi che si rimpinzano prima di affondare negli strati più profondi del terreno.
Questa situazione di torpore permette di sistemare lo sgabellino [vedi funtanin] da orto tra le sue spire e guardarlo mentre lentamente si ferma. Si ferma? Non so, non mi fido… ho una strana sensazione…

Cerco conferma.
Il freddo mi da un ottimo alibi per dedicarmi ad un pessimo hobby: caduta libera nel web.
E, come spesso accade, ci casco sopra quasi per caso. E una cosa difficile da spiegare la “caduta libera nel web”, ha qualcosa a che fare con AIDORU di Gibson e con l’essere stati la generazione che ha assistito, passo a passo, alla nascita del bombardamento dei mass media.

“Aveva il bernoccolo per le impalcature di dati, e un deficit di concentrazione clinicamente documentato che lui riusciva a trasformare, date certe condizioni, in uno stato di iperfocalizzazione patologica.”

Aidoru, William Gibson (non il meglio che abbia scritto)

In ogni caso. Guardo il suolo dell’orto, penetro lo strato di foglie, di piante morte, di paglia, sono nella terra. Accendo il pc, passo la hompage, link, sottopagina, riferimento… funghi, reti di ife, micorrize…

Da un articolo del Sun di febbraio.
Derrick Jensen intervista una vecchia conoscenza, per chi passa spesso da queste parti, Paul Stamets l’artefice di Fungi Perfecti.

“Dall’alba dei tempi, i miceli hanno svolto un ruolo ecologico fondamentale: nutrire gli ecosistemi, ripararli e, a volte, favorirne la creazione. I filamenti estremamente sottili delle ife fungine assorbono i nutrienti dal terreno e li scambiano con le radici delle piante ottenendo parte dell’energia che producono attraverso la fotosintesi. Nessuna comunità di piante sarebbe in grado di vivere senza i miceli. Sono stato a lungo un abitante ed un difensore delle foreste, ma Stamets mi ha aiutato ha comprendere che avevo mal interpretato la mia casa. Credevo che una foresta fosse fatta di alberi, adesso so che le fondamenta scendono verso il basso, verso i funghi.”

“Leggendo Mycelium Running: ho iniziato a considerare la possibilità che i funghi sappiano qualcosa che noi ignoriamo. Stamets è convinto, non solo, che abbiano la capacità di proteggere l’ambiente ma che dispongano anche dell’intelligenza per farlo. La sua teoria prende spunto dalla capacità dei miceli di trasmettere informazioni attraverso la complessa rete di filamenti grazie a neurotrasmettitori simili a quelli presenti nel nostro cervello: la stessa chimica che permette anoi di pensare. Studi recenti suggeriscono che gli esseri umani siano più collegati ai funghi che non alle piante.”

“Stamets: …L’organismo più vasto al mondo è un “tappeto” di micelio nell’Oregon orientale che copre una superficie di 8.900 m² ed ha circa 2000 anni. La sua tecnica di sopravvivenza è per molti versi misteriosa. Gli esseri umani hanno cinque o sei strati di pelle per difendersi dalle infezioni, i miceli hanno pareti di una cellula. Com’è possibile che questa enorme rete, continuamente sotto attacco da parte di centinaia di migliaia di batteri affamati, sia protetta da una pellicola di una sola cellula? Sono convinto che sia grazie alla costante comunicazione biochimica tra il micelio e l’ecosistema a cui appartiene.”

“Stamets: …Credo che questi “tappeti” siano reti neurologiche. Sono senzienti, presenti ed altamente evoluti. Hanno stomaci estroflessi in grado di produrre enzimi e acidi in grado di digerire i nutrienti esterni al micelio e quindi assorbire i componenti utili per nutrirsi. Mentre camminate in un bosco spezzate un ramo sotto le vostre scarpe, il micelio si solleva, si spinge verso l’alto per catturare il più velocemente possibile i nutrienti appena resi disponibili. Sostengo che abbiano “polmoni” in quanto assorbono ossigeno e esalano anidride carbonica, come noi. Dico che sono senzienti perché in grado di produrre composti farmacologici capaci di attivare ricettori nei nostri neuroni…”

“Stamets: …un gruppo di studio inglese ha pubblicato una ricerca sull’ “architettura” del micelio – com’è organizzato. La ricerca focalizza l’attenzione sui punti nodali di intersezione, i punti di scambio che permettono al micelio di scegliere percorsi alternativi e continuare a svilupparsi in caso di infezioni o rotture. Non esiste un punto specifico della rete che, danneggiato, possa portare la struttura al collasso. Questi punti nodali, secondo lo studio, si conformano perfettamente all’algoritmo che gli scienziati informatici hanno sviluppato per ottimizzare internet. O meglio, internet si conforma perfettamente all’algoritmo del micelio visto che il micelio è arrivato prima.”

Sono seduto su uno sgabellino nel bel mezzo di un’estesa internet organica! Valis [Vast Active Living Intelligence System] sotto i miei piedi!!
(con buona pace di Lovelock che continua a non convincermi…)

Tutta sta pappardella ed in fin dei conti mi sto solo crogiolando per l’ottimo aspetto del terriccio dell’orto ottenuto senza fatica!

AGGIORNAMENTO: ci potete credere?! Ho trovato un’articolo su Stamets in italiano. QUI

27
Giu
08

i manuali del giovine autarchico n°4

Se come me, vivete dalle parti delle paludi eterne, oltre all’allevamento delle zanzare da combattimento (forniscono un’ottima rendita sebbene le arene clandestine non siano così diffuse) una cosa che vi troverete perennemente tra i piedi sono muffe, funghi e muschi.
Se nei pressi avete un boschetto siete a cavallo!

Noemi al telefono con sua sorella – “…ci sono 33°, contando l’umidità, la temperatura percepita sarà circa di 40°… ce lo siamo perso…”
Io – “…no, capisci, persino le zanzare hanno un senso! Prevengono l’artrite… bhè, poi c’è la zanzara tigre, ma non conta: non è autoctona…”
Noemi – “…ci sentiamo più tardi, sta andando nuovamente a grattare i tronchi alla pozza da lettura…”

I funghi sono in effetti una delle coltivazioni orticole meno sfruttate nonostante l’alta resa ed i benefici alimentari.
In uno degli ultimi articoli dell’ USDA a cura di Ann Perry si punta molto sulla coltivazione dei funghi Shiitake (lentinula edodes) in quanto eccezionali sia dal punto di vista alimentare sia come supporto alle coltivazioni “classiche”.

Secondo l’articolo della Perry, diversi studi hanno mostrato come questi funghi abbiano un alto contenuto di polisaccaridi ad alto peso molecolare in grado di rafforzare il sistema immunitario e che il contenuto di eritadenina possa abbassare i tassi di colesterolo nel sangue (ma per questo chino il capo e rivolgo una prece a Meristemi …)

La percentuale di benefici aumenta significativamente se i funghi vengono coltivati su tronchi piuttosto che sui substrati presenti in commercio. In più, i tronchi inoculati, dopo la raccolta (che generalmente procede per due o tre anni) possono essere sminuzzati e compostati dando come risultato un compost con altissimi livelli di azoto.

Riferimenti:
Supporting Small Farm Success with Shiitakes by Ann Perry
ATTRA – Mushroom cultivation and marketing
I Funghi e la permacultura
Cornell Cooperative Extension ”Growing Gourmet Mushroom from A to Z!”
How, When and Why of Forest Farming – modulo lezione sui funghi
”Growing mushroom in the forest”, Agoforesty Notes by USDA
”D Acres Organic Farm – “A Guide to Outdoor Mushroom Log Cultivation

Chiedo terribilmente scusa, ma ci sono diversi motivi percui I link sono tutti nella lingua della perfida Albione.
1- L’inglese è una lingua eccezionale per il rock e per i manuali. (Capirai. Con un vocabolario che è un quarto di quello della lingua italiana devi essere sintetico.)
2- Trovare informazioni in italiano vuol dire perdersi tra siti amatoriali (i più di schizoidi emuli di castaneda) o commerciali (che scarto a priori).
3- Sono uno snob di merda 🙂

In ogni caso, se interessati, svolgo volontariamente traduzioni di estratti… il volontariamente vuol dire che voi me lo chiedete, io vi dico di “si” e poi passa del tempo.
Un secondo prima che voi pensiate “Ma te guarda questo. Che c—o di fine a fatto?” vi arriverà una mail che dice “ci sto lavorando sopra…”

COMUNICAZIONE INTERNA: Silviù, grazie dei complimenti. Te li faccio di quà perchè di là mi pare un po’ invasivo… qualcuno scrive un manuale di netiquette che non ci capisco niente?




L’ orto di carta

Diario di bordo ad aggiornamento casuale e saltuario di un cialtrone nell'orto... giocando con il fango, la permacultura, l'agricoltura sinergica in compagnia di William Cobbett, John Seymour, Fukuoka e Kropotkin.

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