Posts Tagged ‘micorrize

02
Apr
11

…Svegliatevi bambine… (è primavera)

Di ritorno dalla due giorni di Lasagna Gardening nei dintorni di Verona.
Una scusa come un’altra per viralizzare cambiamenti.
Percorrere la A4 su un autocarro VW dell’82 può essere eterno, soprattutto in una notte piovosa di fine Marzo.
Matteo fa da copilota mentre scorriamo le immagini più vivide che ci trasciniamo verso Ovest:
Dormire nella casa di paglia di Riccardo e Nico.
La vista sulla valle con i suoi boschi di castagni e noci.
Le frequenti digressioni “fuori tema” sulla microbiologia del suolo, la gestione naturale delle acque, il forest gardening, l’agricoltura urbana…
La festa della semina “selvaggia” che si è innescata alla fine della realizzazione dell’orto.
I bambini.

E’ tardi. Il Carro è monolitico nel suo incedere e il tamburellare della pioggia sulla capote stordirebbe anche un bisonte in benzedrina.
Non è un buon periodo per andare in giro a chiacchierare e a fare corsi, con la casa da costruire e le coltivazioni da impiantare, ma alla fine… siamo ancora nella fase “attesa” e può essere sempre una possibilità per innescare cambiamenti. Visti i tempi…

Intanto i lavori “personali” proseguo nel classico clima primaverile composto da frazioni di sole miste a piogge più o meno torrenziali. L’acqua, combinata con una temperatura media di 12°-15° è il tempo migliore per la prossima esplosione vegetale. Mortale per me che mi faccio nuovamente ospitare, a giorni alterni, dalla biblioteca di Ivrea…

In realtà, se non fosse che non amo trovarmi inzuppato, potrei tranquillamente lavorare nell’orto. L’ho già fatto durante l’inverno.
In effetti, per quest’orto, ho applicato una delle mie massime preferite: “le cose si fanno secondo le regole, a meno che non si possa fare diversamente”.

E quindi, eccolo qui il nuovo orto, simile nel concetto di base a quello realizzato a Badia Calavena.
Un mix di lasagna gardening, hugelkultur, biointensivo, agricoltura sinergica e chi più ne ha più ne metta. Giusto per essere scomunicato da qualsiasi “Scuola” agricola si aggiri nel panorama mondiale…
Già ero un permacultore “abusivo”, ora sarò anche un sinergico “abusivo”.
Etichette… ci si stanca in fretta… e le mie idee sulla differenza tra tecnica, progettazione ed ideologia le ho già espresse.

Ci sono due occasioni in cui non applicherei alla lettera l’agricoltura sinergica ma darei spazio a “Variazioni sul Tema”
Il primo è quando la terra è ridotta veramente troppo male ed io non ho il tempo per ricondurre il tutto ad una situazione ideale (si dovrà pur mangiare durante il cantiere).
Il secondo è quando la terra è talmente sana e brulicante di vita che qualsiasi cosa altra dallo sdraiarmi per terra a fare un po’ di cloudspotting, sarebbe una bestemmia.
San Culino, il protettore degli indolenti, ha fatto sì che io ricadessi nella seconda categoria.
L’orto è quindi così composto:

Leggero passaggio per smuovere lo strato di erba del prato.
Spesso strato di cartoni per fermare le spontanee più aggressive e fornire un substrato per lombrichi e funghi
Tronchi di pioppo*
Cippato (dei rami piccoli del pioppo)
Letame di cavallo stagionato (poco… letame. Non la stagionatura…)**
Carbone***

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La griglia che si può vedere nelle foto è un esperimento che sto facendo quindi, per ora, non fateci caso. Ne tratteremo approfonditamente più avanti o a giugno quando torneremo da Riccardo.
Le dimensioni sono leggermente più grandi del normale 1,70 m per 6 m ma credo che i prossimi saranno larghi 1,50… oppure 1,80… non so… devo ancora decidere…
Quello che so è che adesso devo selezionare i ceppi di microorganismi dalla zona circostante per inoculare le pagnotte.

Ma questa è un’altra storia che coinvolgerà del riso, del malto, qualche asse di legno, l’occhio disgustato di Noemi e la speranza dei marmocchi di riuscire a vedere “mostri mucillagginosi”.

In ogni caso, come al solito, non mi sono inventato nulla.
Mi sono limitato a scopiazzare di qui e di là, a mischiare tutto e a trarne la mia personale interpretazione con ciò che trovavo a portata di mano.
Un ringraziamento va al nostro uomo in terra di Francia (Medo) e “Au Petit Colibrì”
Qui e Qui un paio di schemi illustrativi del principio da cui sono partito.
Sono in francese… così Renato non potrà più dire che sono troppo anglofono per i suoi gusti 😉

*Il fatto è che sulla sinistra della casa c’era quest’enorme pioppo di 35 anni. Una sorta di Moby Dick vegetale. Ora, voi immaginate cosa può essere un pioppo che, durante uno dei numerosi temporali estivi e non che battono il piccolo anfiteatro morenico, pompa linfa a 16 metri di altezza mettendo praticamente in comunicazione la falda sottostante con l’elettricità statica nell’aria… il numero di cicatrici da fulmine era lo stesso del succitato leviatano.
S’è optato per l’abbattimento e il riciclo in loco… per chi avesse letto il capolavoro di Melville, la lavorazione è stata molto simile a quella subita dalle balene subito dopo la cattura nel libro… un gran casino di cui non si butta via nulla, circondati non dagli squali ma da migliaia di insetti e funghi pronti a banchettare… e, in effetti, stanno banchettando… mors sua, vita loro…

**Si, lo so, non si dovrebbe fare. Ma avevamo bisogno di parecchia materia organica sia azotata che a base di carbonio ed il panettiere c’ha sto cavallone infernale a due passi dal campo che ancora un po’ se lo porta a dormire a casa… e poi, devo pur decomporli i tronchi.
Mettiamola così: è come fare il pane. Il principio è quello di creare un impasto ricco ed utilizzare il terreno sottostante come lievito… un po’ come quando si aggiunge una cucchiaiata di malto per rinfrescare la pasta madre nella panificazione. Ci vorranno anche ‘sto miliardo di anni prima che tutto si riallinei e ribilanci in maniera perfetta e sana, ma io non ho fretta.

***Per l’esattezza il famoso e famigerato biochar, fatto in una fornace non particolarmente efficiente ma abbastanza ruspante da poter essere abbandonata in un campo senza che nessuno passi e se la porti via. Il carbone non è stato trattato (nessun compostaggio, nessun bagno in compost tea…) come si sarebbe dovuto fare. Infatti, il carbone non trattato, agisce come una spugna sottraendo acqua e nutrienti al terreno ma, in questo caso, si voleva ottenere proprio quel risultato: assorbire l’umidità ed i composti chimici in eccesso diventando nicchia ambientale a lungo termine per funghi, batteri e compagnia bella e scorta per i tempi duri stabilizzando la situazione e devitando percolazioni e dilavamenti vari… Il carbone è stato fatto sempre con il suddetto pioppo che era – è tutt’ora – bello grosso… il ceppo sta diventando la più grossa coltivazione di funghi che abbia mai realizzato. Attualmente ospita 200 spine in legno inoculate.

No, non è per vendicarmi di quelli che mi sono caduti in testa.

Avessi voluto vendicarmi l’avrei venduto per farne carta per la prima pagina de “Il Giornale”…

27
Mag
09

Deliri al volo

Siete ancora qua a leggere… basta! Via! Via! Che c’è un mondo che si muove!
Per dire… “Vita in Campagna“, la rivista per “il campagnolo di ritorno” s’è finalmente resa conto di avere un pubblico leggermente più eterogeneo di quello che supponeva (ne andrà a discapito dei trattorini tosaerba e degli ultimi modelli di “gator” per potare rumorosamente?) e sul numero di questo mese pubblica un lungo articolo sul progetto Sunseed (da cui ho tratto il fai da te sulle micorrize).
Ci avevano già provato con un’articolo sulle consociazioni ma m’ero sganasciato dal ridere a vedere la faccia di G. mentre lo leggeva…

Cambiando assolutamente tono e spessore. Meristemi sta pubblicando alcuni dei migliori post che abbia letto ultimamente su biodiversità e specie aliene (marziani verdi e ailanto compresi)… prendetevi il tempo di leggere anche i commenti. Non so quando capiterà di nuovo un confronto pubblico tra il Dott. M. e Silphion… da mettersi in un angolino in silenzio…

Il mio babbo, che agisce dietro le quinte e non si palesa, mi passa un articolo su Ken Street il “cacciatore di semi” (lasciate perdere l’aspetto più folkloristico alla Indiana Jones… quello serve a tirar su i soldi per un progetto interessante...)

Intanto, dopo le lunghe attese di un collegamento a 56K, sono finalmente riuscito a vedere la conferenza di Louise Fresco ai TEDtalks (via Agricultural Biodiversity Weblog).
La presentazione e geniale e lei è molto brava anche se non condivido un granchè la tesi di fondo. Da salvare, comunque, l’abbattimento del mito un po’ radical chic e facilone del “o che bella la vita rurale di un tempo…” (in cui, per gusto della contraddizione… credo ciecamente… un po’ come al medioevo di LeGoff…)

09
Mag
09

Bio-Hacking !

C’è da fare, c’è da fare… cantava il vate.
Vago tra l’orto ed il giardino in preda alle prime canicole umide della bassa alluvionale.
L’aria inizia a farsi pesante e le piantine ad inorgoglirsi dell’essere sopravvissute un giorno in più all’attacco delle lumache… intanto io monto, smonto, costruisco e sperimento…

Mi piacerebbe anche muovermi ma obbiettivamente il periodo non è il più adatto per mille motivi quindi mi vedrò costretto a declinare l’invito di Reginazabo per andare al “Do It Your Trash 2009”.
Un po’ mi spiace. Anche perché RZ ha in animo di organizzare un laboratorio sull’idroponia semplificata ed il vertical gardening urbano, insomma, “robetta”!!

In ogni caso mi do disponibile da subito per il prossimo anno. Non mi spiacerebbe affatto portare un po’ di esperimenti sul Bio-Hacking! Cosa intendo per Bio-Hacking?
Avete presente quando sui cataloghi di giardinaggio vi propongono pozioni miracolose per micorrizzare le piante? O quando vi vendono nematodi ammazza lumache? Ecco, tendenzialmente quelli sono prodotti “registrati”, a marchio.
Non posso discuterne l’efficacia perché non li ho mai utilizzati ma mi sono sempre posto la domanda “perché dovrei comprarmi qualcosa che è presente in natura gratuitamente?” e poi, chi mi garantisce che quel ceppo di micorrize o quei bacilli miracolosi si adattino alla mia situazione pedo-climatica e non schiattino dopo un paio di settimane?

Avevo già inserito un manuale per autoprodursi le micorrize… ma secondo me si può andare anche un po’ oltre, soprattutto se non si dispone di un terreno naturalmente sano ma di un ex campo di mais o una ex vigna dove, il ripristino ad uno stato di natura, può richiedere molti anni o interventi mirati ad accelerarne il processo.
Capirai. Chiedere al mio orto di essere “naturale” è un po’ come chiedere ad un veterano del Vietnam reduce da 20 anni di prigionia di fare da balia a 30 bambini della materna.

Tra i vari “intrugli” miracolosi tempo fa presero piede gli EM – Microrganismi Efficaci del dott. Teruo Higa .
Di nuovo… non ho la più pallida idea se funzionino o meno. Non li ho mai usati e non posso mettere in dubbio che il miscuglio di ceppi di batteri e funghi messi insieme da Higa siano una vera bomba… sarei curioso di scoprirlo… come fare? Me li faccio (almeno quelli da utilizzare sulle piante…)
Pare che la tecnica utilizzata da Hinga sia lo sviluppo scientifico-imprenditoriale di una tecnica tradizionale del sud-est asiatico sviluppata e diffusa alegramente e gratuitamente da Gil A. Carandang (allievo, tra l’altro, del già più volte citato John Jeavons).
Magari è una boiata… ma se uno se lo può fare in casa a costo zero…

Chiedo scusa… avevo l’idea di tradurre i testi… ma sono veramente un po’ preso. Magari poi, in un secondo momento. Se qualcosa non è chiaro potete sempre provare a chiedere!

28
Ott
08

diario di campagna n°202

Sta arrivando il freddo, cala dalle valli del canavese per venire a sedersi nel cortile del Mulino.
L’orto si sta addormentando.
I pioppi, reduci dalle tempeste estive, gli stanno rimboccando una spessa trapunta di foglie per la gioia dei lombrichi che si rimpinzano prima di affondare negli strati più profondi del terreno.
Questa situazione di torpore permette di sistemare lo sgabellino [vedi funtanin] da orto tra le sue spire e guardarlo mentre lentamente si ferma. Si ferma? Non so, non mi fido… ho una strana sensazione…

Cerco conferma.
Il freddo mi da un ottimo alibi per dedicarmi ad un pessimo hobby: caduta libera nel web.
E, come spesso accade, ci casco sopra quasi per caso. E una cosa difficile da spiegare la “caduta libera nel web”, ha qualcosa a che fare con AIDORU di Gibson e con l’essere stati la generazione che ha assistito, passo a passo, alla nascita del bombardamento dei mass media.

“Aveva il bernoccolo per le impalcature di dati, e un deficit di concentrazione clinicamente documentato che lui riusciva a trasformare, date certe condizioni, in uno stato di iperfocalizzazione patologica.”

Aidoru, William Gibson (non il meglio che abbia scritto)

In ogni caso. Guardo il suolo dell’orto, penetro lo strato di foglie, di piante morte, di paglia, sono nella terra. Accendo il pc, passo la hompage, link, sottopagina, riferimento… funghi, reti di ife, micorrize…

Da un articolo del Sun di febbraio.
Derrick Jensen intervista una vecchia conoscenza, per chi passa spesso da queste parti, Paul Stamets l’artefice di Fungi Perfecti.

“Dall’alba dei tempi, i miceli hanno svolto un ruolo ecologico fondamentale: nutrire gli ecosistemi, ripararli e, a volte, favorirne la creazione. I filamenti estremamente sottili delle ife fungine assorbono i nutrienti dal terreno e li scambiano con le radici delle piante ottenendo parte dell’energia che producono attraverso la fotosintesi. Nessuna comunità di piante sarebbe in grado di vivere senza i miceli. Sono stato a lungo un abitante ed un difensore delle foreste, ma Stamets mi ha aiutato ha comprendere che avevo mal interpretato la mia casa. Credevo che una foresta fosse fatta di alberi, adesso so che le fondamenta scendono verso il basso, verso i funghi.”

“Leggendo Mycelium Running: ho iniziato a considerare la possibilità che i funghi sappiano qualcosa che noi ignoriamo. Stamets è convinto, non solo, che abbiano la capacità di proteggere l’ambiente ma che dispongano anche dell’intelligenza per farlo. La sua teoria prende spunto dalla capacità dei miceli di trasmettere informazioni attraverso la complessa rete di filamenti grazie a neurotrasmettitori simili a quelli presenti nel nostro cervello: la stessa chimica che permette anoi di pensare. Studi recenti suggeriscono che gli esseri umani siano più collegati ai funghi che non alle piante.”

“Stamets: …L’organismo più vasto al mondo è un “tappeto” di micelio nell’Oregon orientale che copre una superficie di 8.900 m² ed ha circa 2000 anni. La sua tecnica di sopravvivenza è per molti versi misteriosa. Gli esseri umani hanno cinque o sei strati di pelle per difendersi dalle infezioni, i miceli hanno pareti di una cellula. Com’è possibile che questa enorme rete, continuamente sotto attacco da parte di centinaia di migliaia di batteri affamati, sia protetta da una pellicola di una sola cellula? Sono convinto che sia grazie alla costante comunicazione biochimica tra il micelio e l’ecosistema a cui appartiene.”

“Stamets: …Credo che questi “tappeti” siano reti neurologiche. Sono senzienti, presenti ed altamente evoluti. Hanno stomaci estroflessi in grado di produrre enzimi e acidi in grado di digerire i nutrienti esterni al micelio e quindi assorbire i componenti utili per nutrirsi. Mentre camminate in un bosco spezzate un ramo sotto le vostre scarpe, il micelio si solleva, si spinge verso l’alto per catturare il più velocemente possibile i nutrienti appena resi disponibili. Sostengo che abbiano “polmoni” in quanto assorbono ossigeno e esalano anidride carbonica, come noi. Dico che sono senzienti perché in grado di produrre composti farmacologici capaci di attivare ricettori nei nostri neuroni…”

“Stamets: …un gruppo di studio inglese ha pubblicato una ricerca sull’ “architettura” del micelio – com’è organizzato. La ricerca focalizza l’attenzione sui punti nodali di intersezione, i punti di scambio che permettono al micelio di scegliere percorsi alternativi e continuare a svilupparsi in caso di infezioni o rotture. Non esiste un punto specifico della rete che, danneggiato, possa portare la struttura al collasso. Questi punti nodali, secondo lo studio, si conformano perfettamente all’algoritmo che gli scienziati informatici hanno sviluppato per ottimizzare internet. O meglio, internet si conforma perfettamente all’algoritmo del micelio visto che il micelio è arrivato prima.”

Sono seduto su uno sgabellino nel bel mezzo di un’estesa internet organica! Valis [Vast Active Living Intelligence System] sotto i miei piedi!!
(con buona pace di Lovelock che continua a non convincermi…)

Tutta sta pappardella ed in fin dei conti mi sto solo crogiolando per l’ottimo aspetto del terriccio dell’orto ottenuto senza fatica!

AGGIORNAMENTO: ci potete credere?! Ho trovato un’articolo su Stamets in italiano. QUI

29
Lug
08

diario di campagna n°139

Questo post di qualche giorno fa è stato pubblicato nel bel mezzo di una discussione interminabile tra il mio emisfero destro ed il mio emisfero sinistro sulla definizione del termine: “olistico”. (Anche se l’argomento non è strettamente inerente, le dinamiche hanno a che fare con pratiche “riduzioniste” ed “olistiche”…). Ho incassato il colpo e ho fatto finta di niente.
Oggi, una cartolina inaspettata, ha risvegliato i due emisferi dal loro torpore citando Frank Herbert. I due si guardano in cagnesco ed armati di questo articolo “Semantics, General Semantics, and Ecology in Frank Herbert’s Dune” ricominciano a far casino.

Esco. Fa il solito caldo appiccicoso, aggravato da quattro gocce di pioggia cadute la notte scorsa.
Armato dell’implume fantolino di tre anni che mi segue ovunque, divoro la lunga striscia di polvere e sassi che divide casa nostra da quella della nostra geronto-vicina. La santa vecchina è stata scelta come mio doppelganger “cattivo” sulle tecniche di orticultura e gestione del suolo.
Spero di riuscire a fare chiarezza, forte anche dell’ennesima lettura approfondita di “Towards holistic agricolture: a scientific approach” di R. W. Widdowson.

Io – Ciao! Senti, ma tu che definizione daresti al termine Olistico?

Lei – Fricchettone!

Io – Si, capisco. Effettivamente è un termine che è stato un po’ abusato da certa New-Age. Ma, allora, come definiresti un tipo di approccio alla coltivazione che non prenda in considerazione lo sviluppo della pianta come processo a sé ma lo inserisse in un contesto più ampio, multi-disciplinare?

Lei – Da fricchettoni!

Io – Ma non sto parlando di energie esoteriche o forze spirituali (quantomeno non in prima istanza). Io mi riferisco ad un metodo che integri botanica, pedologia, agronomia, chimica, fisica, biologia…

Lei – Fricchettone, lo sapevo che volevi fare l’oroscopo ai miei peperoni!

Io – Ma no! Io sto parlando di tenere in conto tutti i processi che determinano la fertilità dell’orto.

Lei – IO determino la fertilità dell’orto. Lavorandolo, non come te… fricchettone!

Io – Questa è un’ottica un po’ “riduzionista”… Il tuo lavoro determina la produttività dell’orto, non la fertilità. Capiamoci: la fertilità di un terreno può determinarne la produttività (naturale) ma non è detto che possa avvenire l’inverso. Un terreno produttivo può essere tecnicamente considerato “non fertile” in quanto dipendente da concimazioni (organiche e non). Questo accade perché le concimazioni in molti casi distruggono i processi bio-chimici determinanti la fertilità (CSC, ciclo ossigeno-etilene, micorrize…). Tant’è che buona parte del territorio europeo viene considerato tecnicamente “deserto” dal punto di vista della fertilità naturale e potrebbe esserlo se si smettesse di botto di coltivarlo.

Lei – “Riduzionati” la barba fricchettone…

Perso il controllo della situazione riprendo la polverosa via di casa prima che venga seriamente messa a rischio la mia autorità paterna agli occhi del pargolo. Posso usare il termine olistico intendendo interdisciplinare senza dover per forza scomodare i Veda? Forse se mi rimetto una cravatta quando dico ‘ste cose… e poi, oggi, la barba me l’ero anche fatta… mica è comodo andare nell’orto con le scarpette buone e la camicia inamidata… forse la montatura degli occhiali o il taglio dei capelli…

Riferimenti:
Wallwork, J.A. (1975) The distribution and diversity of soil fauna.
Emerson, W.W. (1959) The structure of soil crumbs. J. Soil Sci., 10, 235-44.
Daft, M.J. and Nicolson, T.H. (1966) New Phytol., 65, 343.
Nicolson, T.H. (1976) Utilisation of phosphorus sources of different availability by mycorrizal and non mycorrizal maize. Pl. Soil, 28(3), 329-34.
Nutman, P.S. (1965) Symbiotic nitrogen fixation. In: Soil Nitrogen (eds Bartholomew and Clark), Ch. 10. American Society of Agronomy Madison U.S.A.
Smith, A.M. (1977) Microbial interactions in soil and healty plant growth. Australian Plants, 9(73)

24
Giu
08

i manuali del giovine autarchico n°3 (bis)

Il coordinatore EPF di SunSeed.org (Lindsay) mi ha gentilmente dato il “via” per postare la traduzione del tutorial sull’autoproduzione dell’inoculo per le micorrize.
Come per il biochar, gli è stata dedicata una pagina (senza immagini), l’originale si può trovare qui .
Se non volete leggervi la pagina potete scaricare il PDF (senza immagini e senza link… siamo spartani da queste parti…)

Grazie ancora a Lindsay! Thank you, Lindsay!

Ps.- ora non ho tempo per fare un pippone sull’importanza delle micorrize e dei danni che si procurano “disturbando” il terreno… ma poi sono cose già dette…

19
Giu
08

i manuali del giovine autarchico n°3

Credo che ormai si sia capito (se visitate abitualmente questo spazio). Sono sempre più convinto che, per dirla con Toby Hemenwey, agricoltura sostenibile sia un ossimoro. Al punto che incomincio a diffidare anche dei sistemi di coltivazione biologici.
Leonardo da Vinci sosteneva che l’uomo sapesse più cose sulle stelle che giravano sulla sua capoccia che non di cosa succedesse realmente nel terreno che calpestava tutto il giorno. La situazione non è cambiata di molto.

Purtroppo, quando si parla di auto fertilità del suolo, di sistemi di coltivazione “sinergici” e “biomimetici” anche il piccolo ortolano casalingo pensa: “Fricchettoni, andate a ricongiungervi con Gaia madre terra da un’altra parte!” o, al meglio, ti guardano sorridendo e pensando che sei un innocuo perditempo.

Peccato che Fukuoka, prima di diventare un’idealizzazione da immaginario occidentale dello zen, fosse un microbiologo. E che esistano centinaia e centinaia di studi scientifici a riguardo.
Io mi interesso a quelli (quantomeno ci provo). Gaia era solo una mia amica delle superiori.

Uno dei fattori determinanti per la fertilità del suolo sono le micorrize. Avete presente quando si parla di piante azotofissatrici… ecco, siamo da quelle parti. Le micorrizze sono funghi simbionti che, tra le altre cose, aumentano la capacità di assorbimento di nutrienti da parte delle piante (arrivando persino a soppiantare le radici stesse) e producono una glicoproteina fondamentale per la ritenzione idrica, di CO2 e dei suddetti nutrienti, oltre ad agire sulla capacità di scambio cationico e la soil foodweb attraverso la creazione ed il mantenimento degli aggregati, la glomalina. (Qui un PDF illustrativo)

Provate ad indovinare cosa succede alle micorrizze e a tutto il resto quando la terra viene troppo movimentata o concimata in maniera non attentamente calcolata… fine di uno dei fattori fondamentali della fertilità del suolo. Questo succede ormai da anni su grande scala, ma anche su media e piccola, e anche nell’agricoltura biologica. Questo è anche uno dei motivi per cui, tecnicamente, buona parte dell’Europa è ormai considerabile un deserto dal punto di vista della fertilità. Se per far crescere un romolaccio dovete girare, addizionare letame, girare nuovamente… va da sé che non si può considerare fertile il terreno… è fertile entro i limiti in cui voi lo rendete tale, e la cosa mi sta bene per il deserto del Sahara, un po’ meno per la pianura padana…

Fatto il pippone. Qui la pagina web su come autoprodursi un’inoculo di micorriza.

AGGIORNAMENTO ho ricevuto l’autorizzazione per la traduzione! A presto la pubblicazione… Grazie mille a Lindsay EPF Co-ordinator!

Comunque fate una cosa buona per il vostro orto: smettete di zapparlo e concimarlo e ricostruitene la fertilità naturale, starà meglio lui e starete meglio voi (sdraiati a prendere il sole nei pressi del boschetto di fragole)




L’ orto di carta

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