16
Mar
09

tutta l’eleganza del nero

tutta-leleganza-del-nero
Biochar.
E’ divertente come gli anglosassoni siano in grado, all’orecchio italiano, di parlare una lingua fatta di marchi, loghi e slogan.
Biochar.
Cioè, dai, è bello. C’ha ‘sto bio davanti che fa subito “tecnologia appropriata”. Ti catapulta subito in un mondo di tecnici dal volto umano. Chimici sensibili ed ingegneri con le Birkenstock… è bello.
E se n’è accorta anche la stampa italiana… con un po’ di ritardo… ma se n’è accorta.
Il ché, di per sé, è un bene. Sono convinto che il biochar abbia delle grandi possibilità se applicato ed utilizzato nella maniera adeguata, anche se nella mia visione ci vorrebbe prima una profonda riforma agraria e culturale… ma mica si può volere tutto.

Il biochar ha tutte le caratteristiche per essere un buon “pezzo” per i media: archeologia alla “Indiana Jones” lungo le sponde del Rio delle Amazzoni, Deep Ecology, paroloni come pirolisi e biomasse… insomma, si vende facile! E qui, mi casca l’asino…
Il passo dalla comunicazione alla produzione massiccia, industriale, può essere estremamente breve. Se una cosa si comunica facilmente, se ha delle caratteristiche di fascinazione, metà del lavoro di marketing è già fatto e qualcuno abboccherà…

Non ho nessuna intenzione di ricominciare con i pipponi sul biochar, per quelli vi rimando alla traduzione che avevo fatto qui ed al sito originale (che viene costantemente aggiornato a differenza della mia traduzione!).
Ma… questo l’ho fatto io in giardino… nessuno si è fatto male (neanche il bimbo di 3 anni che mi gravita costantemente tra le ginocchia), il tutto è costato veramente poco, io non sono un ingegnere ne il più sopraffino degli artigiani e c’ho messo poco più di un paio di giorni ma, cosa più importante, su scala “casalinga” è assolutamente sostenibile!

BIOCHAR CASALINGO
Uno step by step (o quasi) raffazzonato alla bene meglio… se non si capisce, sono disponibile per chiarimenti
bidone

In primis ho dovuto “riciclare” la buona vecchia Teiera per il Compost Tea.
Per l’occasione è stata leggermente modificata. E’ stata tolta la pompa e chiusi i buchi da cui si diramavano tubi e tubetti ed è stata sostituita con un areatore da acquario (la bellezza di 9€), quest’ultimo ha l’indubbio vantaggio di non intasarsi tutte le volte e richiedere meno manutenzione…
compostbubbler

Messo il saccone (in questo caso ho utilizzato uno dei sacchi per alimenti usati per il mangime per polli… ma volendo essere più naturali si possono usare quelli di juta…) ho aggiunto due cucchiaiate di zucchero di canna. Qualcuno uso il miele ma, essendo un’antibiotico naturale c’è chi dice possa creare dei problemi allo sviluppo dei microrganismi
mielezucchero1

Dopo 48 ore, alla comparsa della schiumetta superficiale, ho messo in immersione il carbone, recuperato un po’ da Carlo (che si è costruito un Adam retort in giardino!), un po’ dai miei esperimenti casalinghi…
carbone

Altre 24 ore et voilà! Biochar!
inoculo

Cercando di inserire il più possibile il biochar nelle pratiche di agricoltura sinergica ho deciso di non lavorarlo nel terreno ma provare ad utilizzarlo come pacciamatura.
pacciamatura

In questo modo dovrei ottenere una serie di vantaggi.
Primo vantaggio: il carbone è meno deperibile (si parla di centinaia di anni…) della paglia riducendo la necessità di materiale vegetale per le coperture permanenti… e ci penseranno i lombrichi a lavorarlo nel terreno… Se funzionasse potrei ridurre la necessità di “importare” paglia non sempre di provenienza certa (hai voglia fare il fighetto cercando di pacciamare con paglia bio!!)
Secondo vantaggio: Secondo Folke Gunther la pacciamatura a carbone serve come deterrente per le lumache… cosa non disprezzabile visto che si stanno svegliando e hanno una fame maledetta!!

Ok… ho fatto il mio bel post per cavalcare l’onda dei media italiani sul biochar
Adesso posso tornare ad occuparmi delle api… vera ossessione del momento.
Tra un anno si sveglieranno sull’apicoltura naturale e non voglio farmi trovare a “brache calate” 😉

Qui tutte le cose che ho scritto con tag biochar (grazie equipaje!)
Qui il ripescaggio di un ripescaggio sul Compost tea


42 Risposte to “tutta l’eleganza del nero”


  1. marzo 16, 2009 alle 5:00 PM

    De nada, hombre.
    Un post puntualizzatore di cui s’avvertiva l’esigenza; pure con un bel titolo.

    (Questa Teiera del Compost Tea in perenne orbita ellittica tra Saluggia e Rondissone deve essere una lontana cugGina di quella di Russell, mi sa) 😉

  2. 2 Luigi
    marzo 16, 2009 alle 8:16 PM

    hai ragione Nicola, ma io , che ho senz’altro qualche anno piu di te, temo molto le paroline magiche.Ed avendo frequentato a lungo il Politecnico (si ..ovviamente fuori corso)… Rispetto ad un ingegnere in birkenstock preferisco ancora chi non sa parlare.Chi si esprime a grugniti, ma sa potare. Non mi piacciono le divise, non mi piace l’etichetta che spesso nasconde la fregatura. Per il resto.. ottime idee.
    Ah P.S.La paglia fighetta mi sa che o te la coltivi o ti becchi quella radioattiva e impestata di pesticidi. Credo di paglia pulita ne sia rimasta zero in giro. Almeno a giudicare dalla ritrosia dei contadini locali che fanno ancora grano per loro a vendermene un poca.
    Sono riuscito a comprarne una ballotta e poi piu nulla.. nicchiano dicono che non ne hanno abbastanza. Idem per il letame delle vacche buone…che quello delle vacche agli estrogeni non sanno piu dove buttarlo e te lo regalano basta che lo porti via.
    Comunque io ho deciso..per lo stallatico delle serre.. costruiro’ una scuderia per cavalli in cui il prodotto sara’ lo stallatico ed il sottoprodotto saranno i cavalli appunto.

  3. marzo 16, 2009 alle 10:32 PM

    Hai ragione Nicola, ma spero che grazie alle parole anglosassoni, vivere naturale possa diventare di moda.
    Poi, quando la massa spinge per le cose naturali, forse qualcuno può anche pensare di fare le riforme.

    Luigi: “Chi si esprime a grugniti, ma sa potare”. Quello sono io 🙂

  4. 4 Salvatore
    marzo 17, 2009 alle 10:36 am

    sgrunt! pensavo di essere l’unico originale ad utilizzare l’areatore da acquario. Io lo uso timerizzato per mescolare l’acqua dei macerati 🙂
    Esito ad utilizzare il biochar come piacciamatura, qui da me il sole estivo renderebbe il nero si elegante ma anche un po troppo bollente!
    Sto pensando di inserilrlo nel terreno del bancale in modo progressivo, con i trapianti con pane di terra dal semenzaio (50% compost, 50% biochar). Un metodo lento che però dovrebbe evitare di disturbare troppo un bancale che si avvia a una situazione di stabilità.
    saluti

  5. marzo 17, 2009 alle 10:53 am

    @ Salvatore: direi che la tua è la tecnica ottimale per chi si autoproduce il biochar in casa (come me) e quindi in quantità limitate. Il risultato che si ottiene è quello di avere delle nicchie colonizzate dove la microflora e microfauna possono rifugiarsi in caso di problemi per poi ripartire colonizzando il suolo!

    @Luigi ed Harlock: io grungnisco e sputo ma evito di potare per ignoranza quasi totale sulla parte aerea delle piante… vale lo stesso? 😉

  6. 6 Salvatore
    marzo 17, 2009 alle 11:24 am

    Diciamo che ho buoni maestri 😉

  7. marzo 17, 2009 alle 12:01 PM

    Della serie “mai più senza” andrò ad investire 10 euro nell’areatore da acquario! e poi farò il mio primo compost tea! Che emozione! 😉

  8. marzo 17, 2009 alle 1:17 PM

    A proposito di innocuità del processo, ma di quella specie di motore a reazione con cui ti sei ustionato non serviva per il biochar? Iech iech…

  9. marzo 17, 2009 alle 4:07 PM

    Non so, queste cose innovative non riescono a stimolare troppo la mia attenzione… in realtà mi pare buffo che in un’agricoltura naturale, ad intervento minimo e minima fatica, si debba costruire tutto ‘st’ambaradam… magari è un investimento in lavoro che si ripaga nel tempo, ma per ora…
    Qui da me paglia ce n’è e si rimedia, molti la lasciano nel campo e la trinciano per interrarla, chè non sanno che farsene. Basta parlarci prima e se ne può prendere ad libitum. Il problema del comprarla è che ormai fanno tutti i rotoloni… capirete la comodità di un rotolone in un giardino nel centro storico…
    Ho rimediato 5 ballette, speriamo bastino per le mie piante.

    Comunque, tanto per mantener vivo l’uso italico, secondo il principio che laddove si riuniscono tre persone si possono costituire almeno tre partiti politici, mentre Nicola non pota perchè non sa potare e Luigi sa potare e pota, io mi faccio latore di una terza via, di quelli che non sanno potare ma lo fanno lo stesso.
    Le mie povere piante pagherano con la loro linfa (lo stanno già facendo da anni) la mia lunga scuola…

    Andrea scripsit.

  10. marzo 17, 2009 alle 4:42 PM

    @ daria – ottimo, anche perchè di compost non ce n’è mai abbastanza anche quando non ti serve come nel mio caso…

    @Meristemi – …non vale… e poi non si vede neanche più il segno 😉

    @Andrea – a supporto della tecnica potrei dire che non è poi una cosa così innovativa essendo praticata da età precolombiane ed in alcuni casi con modalità simili, in italia nei pressi delle carbonaie, poi c’è tutta la questione ambientale del sequestro della co2, inoltre, lavorando in permacultura è vero che si tende a risparmiare energie e tra il raccogliere e lo spargere ogni sei sette mesi la paglia sui bancali o fare uno strato di carbone e non pensarci più per un’annetto forse preferisco la seconda (che, inoltre mi può dare gas, energia e, come già detto, sequestrare carbonio ad libitum)… ma questa è solo un’opinione e io (aiuola a parte) per ora ho tutto coperto di paglia “chimica” 😉
    Saluti alle “mutilate” 😀

  11. 11 Luigi
    marzo 17, 2009 alle 5:02 PM

    IO NON SO POTARE.. (purtroppo).
    Infatti l’anno scorso andai a cercare un conoscente, contadino da sempre, con un eta’ attorno ai sessanta anni e almeno 35 anni di esperienza, appunto per potare un paio di mie piante.Beh mi affacciai ad una vigna scoscesa.Era una ripa alta almeno 70 mt con pendenza superiore al 100%. Dopo aver chiamato e ricevuto risposta dal fondo della vigna mi misi ad attendere fiducioso, che risalire una ripa del genere mica e’ uno scherzo.
    Insomma dopo mezz’ora buona vidi arrivare su per la ripa il padre ottuagenario, gli dissi: ” cerco il Claudio, che vorrei mi aiutasse a potare tre peschi davvero malmessi…”
    Questo nonno mi guardo’ come si guarda uno stupido… poi sbotto’ :” CHI???!! me fieul?? ma tzes fol??? chiel li’ ale’ pa’ bun a pue’!!!… sa tveuli i venu mi a fetie !!” (chi??! mio figlio?? ma sei matto? quello li non e’ capace a potare!!!.. se vuoi vengo io a fartele!!”
    e l’estate scorsa ne hanno portato via un’altro di quasi novanta anni caduto da un pero che stava potando, giusto perche suo figlio l’aveva potato male e andava ritoccato.
    Insomma non ho ancora capito se per saper potare bisogna avere piu di ottanta anni o se i padri di queste zone non vogliono lasciare la sella ai figli..:)

  12. marzo 17, 2009 alle 6:56 PM

    Scenetta veramente gustosa…
    La verità secondo me è che non esiste una scienza esatta, ognuno pota a suo piacimento e gli altri son tutti cani.
    Dalle mie parti, terra di olivi (almeno in alcune zone), la battuta più frequente quando un contadino mette piede in un orto che non è il suo è la seguente:
    “Ma ‘ste piante qui chi è che l’ha castrate così?”
    Persona curiosa e smaniosa per l’autosufficineza quale sono, fin dalla più tenera età, mi è capitato più volte di assillare anziani professionisti perchè mi mettessero a parte della loro arte. A volte facendo anche sorridere, come se 40 anni d’esperienza si potessero riassumere in lezioncine da qualche pomeriggio.
    La risposta più bella me la dette il nonno di mia cugina, contadino da sempre, quando gli chiesi di insegnarmi a potare la vite: “Potatore nun semo nati nessuno, taglia e impara.”
    Forse mi disse così per togliermisi dai coglioni, ma fu una bella risposta.
    Da allora la mia filosofia è stata quella, imparare facendo, secondo quello che più tardi scoprii essere il motto scout. Spio gli altri lavorare, curioso sempre negli orti quando mi capita, per vedere le soluzioni trovate dall’ortolano del caso, e poi faccio di testa mia.
    Ormai è una decinna quasi d’anni che vado avanti così, e anche se non mi definisco certo un bravo potatore ritengo di avere imparato parecchio. Ma non abbastanza…
    E comunque, nessuno mi toglie dalla testa che moltissimi confondono l’esperienza con l’abitudine, e alcune persone continuano a fare da sempre gli stessi errori senza essere in grado di riconoscerli. La saggezza popolare ha i suoi limiti, e spesso sono molto più stringenti di quanto non si pensi.

    P.S. non traduco il dialetto, che il mio si capisce fin troppo bene.

    Andrea scripsit.

  13. 13 sb
    marzo 17, 2009 alle 8:59 PM

    io ho chiesto a dritta e mancina come dovevo potare le mie sei piante da frutta e non uno mi ha detto la stessa cosa di un’altro; ha ragione andrea dicendo che bisogna imparare facedo. io ho provato a fargli fare, ai rami di un melo, un giro a spirale (?) girandogli intorno e zic zac grr gr e poi zuk zuk che erano anni che non lo potavano e mi ci son voluti due tardinverni per potarlo che se no rimaneva male così igniudo di botto. il prossimo inverno avrò fascine per tutta la stagione con il potato di cinque piante.
    ciau ne

  14. marzo 17, 2009 alle 9:14 PM

    Potare?!
    Io uso il “metodo meeme” :-)… Funziona!
    Sono d’accordo con Andrea in tutto, ma soprattutto che per imparare bisogna praticare.
    Quando ho comprato il mio uliveto, tutti mi chiedevano a chi avrei fatto potare gli olivi, io rispondevo, li poto da solo, sennò che gusto c’è?
    Sono al quarto anno di pratica, non sono un potatore professionista, ma me la cavo.

  15. marzo 17, 2009 alle 10:37 PM

    Vi avverto, questo scambio di battute vale 100 post… perchè non vada perso nel marasma dei commenti probabilmente lo pubblicherò per intero.
    E’ pura filosofia! 😀

    …però voglio sapere il metodo meeme!

  16. marzo 17, 2009 alle 11:03 PM

    Il figo è che poi ogni anno, memori dell’esperienza dell’anno precedente, talvolta non pienamente soddisfatti, oppure perchè si è visto un albero potato in una determinata maniera che sembra funzionare, o perchè sull’ennesimo manuale comprato o scaricato o preso in prestito si è trovato un sistema che sembra avere un criterio, si cambia metodo. E le nostre piante lì a subire il tutto, un anno speronate, un anno con rami asportati alternativamente, un anno coi tiranti e tutti i rami giù che pare un salice piangente… e poi pota a fine agosto, no è meglio settembre, però le pomaceae a gennaio…
    Devo dire che dà anche un sacco di soddisfazione.
    Finchè al giardino ci pensava il nonno (fino a 32 anni fa) chiamava il potatore (all’epoca se ne trovavano), poi la gestione l’ebbe mia nonna, che lasciò più o meno tutto a madre natura, lasciando crescere le piante come volevano (quando un ramo si curvava sotto il suo peso e minacciava di schiantarsi lo puntellava, c’erano così tanti passoni che sembrava una foresta di mangrovie) e lasciando i maledetti ligustri e i begli alberi di Giuda che nascevano da soli, lasciando anche crescere i ricacci dei portinnesti degli alberi morti… poi sono arrivato io. E lasciamo stare.
    Alcune piante messe da mio nonno 50 anni fa sono ancora vive (un albicocco, un tiglio ed una perfida palma, il ciliegio è morto 10 anni fa, il susino 15 e l’arancio l’anno scorso), veramente dei colossi, probabilmente grazie all’impostazione buona datagli durante la crescita.
    La mia foresta da frutto non avrà la stessa durata, nè lo stesso valore estetico, nè magari i livelli di produzione saranno altrettanto elevati, ma chi si è divertito di più, io o mio nonno?
    Le piante no di certo.

    Andrea scripsit.

  17. marzo 17, 2009 alle 11:33 PM

    Il “metodo meeme” sta nel non prendere alla lettera quello che ti dicono o quello che leggi, ma usa il tuo intuito e la tua creatività, così ottieni soddisfazioni molto più appaganti 😉

    Andrea: è veramente così! Non sono quasi mai soddisfatto di come ho potato, ma mi consolo vedendo le piante del vicinato 🙂

  18. 18 iano
    marzo 18, 2009 alle 2:47 am

    A che serve potare? Se la pianta riesce a far vivere tutti i suoi rami mi sembra inutile intervenire. No? L’esempio di famiglia è il trattorista che si lamenta perchè deve passare tra i rami bassi dei limoni mai tagliati. Ma gli alberi stanno bene… 🙂

  19. marzo 18, 2009 alle 9:15 am

    Da questo punto di vista, memorabile un filmato in cui Fukuoka sgrida (dando anche qualche sonora bacchettata) un agricoltire indiano per come ha potato le piante!

  20. marzo 18, 2009 alle 12:53 PM

    iano: Se prendi l’olivo come esempio ti accorgerai che in natura non esiste così come lo conosciamo, ma è solo un grosso cespuglio.
    L’olivo è un albero perché viene fatta una potatura di formazione, poi le altre potature sono di mantenimento e di produzione.

  21. marzo 18, 2009 alle 1:02 PM

    In effetti, è vero… io sono fondamentalmente d’accordo con Iano (un po’ per incompetenza, un po’ per cialtroneria, un po’ per credo filosofico/tecnico) ma è altrettanto vero che il sistema naturale, alla fukuoka, non è applicabile in maniera così lineare su alberi che di per sè non sono “naturali”… alberi innestati, potati per anni ecc… ecc… non ho mai approfondito l’argomento ma so per certo che esistono tecniche specifiche per riportare ad uno stato naturale alberi cresciuti in maniera tradizionale.
    Da qui la scelta di far crescere alberi da frutta dai semi o da vecchi genotipi non innestati… il giorno che mi potrò permettere di mettere giù alberi da frutta… sigh!

  22. marzo 18, 2009 alle 1:10 PM

    Sarebbe da tradurre… e forse prima o poi… comunque questo è un testo di fukuoka sulla coltivazione e potatura degli alberi da frutta.
    http://fukuokafarmingol.info/fover.html#ov16

  23. marzo 18, 2009 alle 1:17 PM

    Lo so… sto postando a pezzi… scusate
    citando un’altro testo:
    “As regards pruning, FUKUOKA learned that once a fruit tree has been pruned, it must be pruned forever after. Consequently he experimented with a new type of pruning designed to mold trees back to their natural shape. Discovering what was the natural shape of an orange or cherry tree was not easy; what was commonly presumed to be natural was really the shape of the pruned tree after it had been abandoned. Because virtually all fruit trees have been cultivated by man and their seeds bear the results of cross-breeding, FUKUOKA concluded that “no one has ever really seen a totally natural fruit tree.”

    trad. – A proposito della potatura Fukuoka capì che, una volta che un albero da frutta viene potato, dovrà essere potato per sempre. Di conseguenza sviluppò un sistema di potatura che ristabilisse le forme naturali agli alberi. Riscoprire quale fosse la forma naturale di un’arancio o di un ciliegio non era facile; ciò che veniva consideratoi naturale era in realtà la forma di un’albero potato abbandonato a se stesso. Poichè, virtualmente, tutti gli alberi da frutto sono stati coltivati dall’uomo, i loro semi sono portatori di modifiche genitiche di ibridazione, Fukuoka concluse che “nessuno è mai stato in grado di vedere un albero da frutta totalmente naturale”

  24. 24 Salvatore
    marzo 18, 2009 alle 1:31 PM

    brrr…tutto questo fa molto Eden perduto.

  25. marzo 18, 2009 alle 4:21 PM

    L’amico fukuoka consiglia di potare bene una pianta da giovane affinchè possa raggiungere una forma naturale.
    Suona un po’ ossimorico o sbaglio?

    Andrea scripsit.

  26. 26 Luigi
    marzo 19, 2009 alle 12:07 am

    bah.. a proposito di sbagliare imparando…
    Ero a potare la mia prima vigna, Dopo aver letto 350 manuali e aver visitato almeno 200 siti internet con foto e filmati.. mi sentivo pronto e sicuro… SAPEVO TUTTO!! forbici nuove.. legacci bio.. abbigliamento d’ordinanza da vero potatore, mancava solo il sole basso sull’orizzonte e la musica western con gli archi…
    Ero quasi alla fine del primo filare, quello vicino alla strada, e passo’ il potatore/innestatore, quello che aveva piantato quella vigna trenta anni prima.
    Non so se passo’ per caso o se qualcuno l’aveva avvisato.. insomma resto’ un po’ li a guardarmi e poi mi fulmino’ con una sola battuta:
    “HAI FATTO DAVVERO UN BUON LAVORO….. SEI RIUSCITO A POTARE E A VENDEMMIARE TUTTO IN UN COLPO..”
    poi per fortuna mosso a pieta’ , non per me ma per la sua vecchia vigna, si avvicino’ mi tolse le forbici dalle mani, e comincio’ a potare.
    In effetti devo ammettere che al momento della vendemmia si vide la differenza tra le mie piante e le sue 🙂

  27. marzo 19, 2009 alle 5:55 am

    Ciao Nicola,
    tornando a “tutta l’eleganza del nero”,
    io non ho capito il step by step:
    1) hai preso un bidone di plastica, e questo l’ho capito recuperando un vecchio post sul compost tea
    2) hai messo il saccone… riempito di cosa? suppongo di pezzi di legno.
    3) hai messo un cucchiaio di zucchero… l’hai inserito nell’acqua che mi sembra di intravedere nel bidone. Corretto?
    4) Immerso ed acceso l’areatore… corretto?
    4) dopo 48 ore hai aggiunto carbone
    5) dopo altre 12 ore hai ottenuto il biochar = carbone

    Ma la pirolisi? Il tutto come ha fatto a raggiungere e superare i 120°C

    mi sa che non ho capito nulla.

    ciao
    Marco

  28. marzo 19, 2009 alle 8:46 am

    @Marco – …adesso capite perchè sostengo di essere un cialtrone, e capite perchè mi sia sciolto in brodo di giuggiole quando Iano a montato il suo blog http://autarkyintheuk.blogspot.com/ chiaro, preciso e sintetico? 🙂
    Qui la pirolisi centra solo marginalmente… il carbone è stato prodotto in pirolisi… ma qui non c’è.
    vediamo di riprendere lo step…
    1) fin qui OK
    2) Compost vegetale maturo… è riempito di compost vegetale maturo. Occhio che sia vegetale per evitare la proliferazione di Coli, che dovrebbe essere comunque minima visto che il processo è aerobico
    3) Si. E’ messo in acqua con un paio di cucchiai di zucchero e viene attivato l’areatore
    4) Si, Ho tolto il compost e messo il carbone
    5) Si…

    Scusa, spero sia un pochino più chiaro!

  29. 31 Salvatore
    marzo 19, 2009 alle 9:58 am

    Chiarissimo, mi sono sempre chiesto perchè il compost dovesse essere esclusivamnete vegetale. Ora lo so 🙂

  30. 32 Marco
    marzo 20, 2009 alle 5:15 am

    Ciao Nicola,
    ora il step by step mi è chiarissimo.
    Se tutti gli altri lo avevano capito ed io no significa che non è un tuo problema di esposizione ma un mio problema di “comprendonio”.
    Dal poco che ho sfogliato il sito di Iano mi sembra in gran parte una collezione dei tuoi articoli.
    Comunque, ho detto di aver capito il passo-passo ma…. non ho capito l’utilità di tutto il lavoro.
    In un primo momento pensavo fosse un metodo alternativo di produrre biochar ma invece se inserisci carbone e dopo 48-72 ore estrai carbone…. sicuramente bagnato, forse qualche enzima presente nel compost l’ha lavorato? In questo modo sarà maggiormente “digeribile” nel terreno?

    Comunque grazie per il tuo sito interessantissimo e, dal numero di commenti, di visite, di link al tuo sito, vedo che non sono assolutamente il solo.

    ciao
    Marco

  31. marzo 22, 2009 alle 2:11 PM

    Iano “sempre sia lodato” sta facendo un lavoro di “raccolta e catalogazione di informazioni”… cosa di cui io sono totalmente incapace… il caos a caso è il mio status naturale 😀

    Per spiegarmi meglio mettiamola così… i processi sono 2:
    1° Pirolisi
    2° utilizzo del biochar

    1° – il carbonio presente nella materia vegetale (tipo ramaglie da potatura) tornerebbe nell’atmosfera attraverso un processo di compostaggio o semplice decomposizione. Trasformando quella stessa materia vegetale in carbone attraverso un processo in pirolisi (assenza di ossigeno) si “cristallizza” quel carbonio per un tempo indefinito impedendogli di unirsi all’ossigeno e formare CO2. Primo beneficio.
    2° – Il carbone così ottenuto ha una struttura molecolare tale da poter essere utilizzato come ammndante per il suolo ottenendo: maggior capacità di scambio dei nutrienti, maggior ritenzione idrica e drenaggio, maggior ritenzione dei nutrienti stessi e quindi minor necessità di concimazioni… MA… la struttura molecolare è simile a quella di una spugna, se noi mettiamo il biochar nel terreno così com’è in prima istanza, lui, assorbirà i nutrienti invece di distribuirli dando luogo a situazioni di impoverimento. Da qui la necessità di compostarlo, irrorarlo di fertilizzanti o “colonizzarlo” con il compost tea…
    Spero di essere riuscito ad essere un pelo più chiaro… ma non ci giurerei! 😉

  32. marzo 22, 2009 alle 6:45 PM

    (siparietto in cotanta serietà)

    Michelle deve aver preso ispirazione dal titolo di q

  33. marzo 22, 2009 alle 6:48 PM

    ehm, dicevo

    Per la mise della sua prima discesa in campo Michelle deve essersi ispirata al titolo di questo post
    http://tv.repubblica.it/copertina/l-orto-di-michelle-obama/30812?video&ref=hpmm

    E ora anche Sasha e Malia avranno le api come Zeno e Numa 😉

  34. 36 iano
    marzo 22, 2009 alle 7:46 PM

    Ok ragazzi organizziamoci un po, serve qualcuno che traduca questo blog a Michela Obama..
    Le fragole sono mature…

  35. marzo 22, 2009 alle 10:18 PM

    Questo può implicare moltissime “svolte” esistenziali:
    1- mi candido a capo del “mondo libero”
    2- candido Noemi a capo del “mondo libero” (e io faccio la Michelle nell’orto)
    3- Sono il capo del mio “mondo libero” che finisce “truc e branca” dove inizia la strada asfaltata
    4- si, ma le api, le terranno in una Warrè o nel classico Lang? (questa domanda lo mutuata dai forum di apicoltura naturale)
    5- Qualcuno mi dirà che sono “abbronzato” (sarebbe la prima volta visto il perenne color zucchino del mio incarnato)
    6- Cito la Casa Bianca per plagio
    7- Mi candido ad andare con Iano e Sb a fare l’orto ad Arcore…

    io voto la 7…

  36. 38 Marco
    marzo 23, 2009 alle 6:06 am

    >Spero di essere riuscito ad essere un pelo più chiaro… ma non ci giurerei!

    Chiarissimo. Ho capito!!! 🙂

    >7- Mi candido ad andare con Iano e Sb a fare l’orto ad Arcore…
    voto anch’io. Non conosco Iano e Sb ma mi ispirate fiducia.

  37. 39 Salvatore
    marzo 23, 2009 alle 10:06 am

    E io no? fatte posto!!

  38. marzo 23, 2009 alle 11:06 am

    Pensavo di assegnarti la ruspa… c’è una certosa da spostare dal centro dell’orto….

  39. 42 sb
    marzo 24, 2009 alle 4:32 PM

    alla certosa ci penso io; mi mettete lì vicino un trio d’archi e io, con indosso un tutù rosa,
    do fuoco alla miccia. con un poco di dolcezza si ottiene tutto. e che bonvi mi protegga.
    ciau ne


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L’ orto di carta

Diario di bordo ad aggiornamento casuale e saltuario di un cialtrone nell'orto... giocando con il fango, la permacultura, l'agricoltura sinergica in compagnia di William Cobbett, John Seymour, Fukuoka e Kropotkin.

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Troverò altri sistemi di finanziamento occulto…

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