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Gen
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A Pattern Language

Per chi si fosse perso delle puntate stiamo cercando un nuovo luogo dove trasportare il nostro carrozzone circense di esistenzialità pittorescamente confuse.
Il gioco è complesso. Prevede la mediazione di mille idee e centinai di riferimenti; miriadi di aspettative e di obbiettivi comuni e/o personali.
E siamo solo in due adulti.
Tu pensa se fossimo un gruppo che decide di colonizzare un vecchio borgo o alcune famiglie che decidono di lavorare per modificare il paese in cui vivono (vi vengono in mente degli esempi?…)

Gli schemi di riferimento potrebbero sovrapporsi creando una ricchezza enorme, a crescita esponenziale. Spesso quest’eccesso, positivo, di stimoli potrebbe avere delle controindicazioni. Controindicazioni che si potrebbero presentare come incomprensioni (diciamo la stessa cosa ma non condividiamo un vocabolario comune), staticità e conseguente “morte termica” (una sorta di sindrome di Standhal per eccesso di idee) , mediazioni al ribasso (alla ricerca di un terreno comune le idee vengono progressivamente abbandonate alla ricerca di un minimo comune) o più o meno palesi imposizioni di idee dominanti.
La progettazione condivisa, anche in una coppia, non è robetta…

Una delle basi di una progettazione di gruppo (o di coppia) è la condivisione di un vocabolario che permetta a tutti di assegnare il medesimo significato alle parole ed alla realtà che si sta andando a creare.

Nelle progettazioni in Permacultura si pone molta enfasi sui “pattern” che dovrebbero andare a generare il vocabolario della progetto che si vuole sviluppare.
I pattern sono forme, archetipi, modelli naturali con cui generare un sistema che sia il più prossimo possibile alle caratteristiche di un ambiente ecologico, che di quest’ultimo condivida la stabilità e la rigenerabilità.
Questi pattern andranno poi compenetrati in una progettazione a zone e settori… una cosa non immediatamente comprensibile in effetti… soprattutto tenuto conto che, tra gli attori con cui stiamo progettando, è compreso quello meno loquace ma più significativo di tutti: la natura stessa.

Ma esistono pattern più elementari anche se, e forse proprio per quello, meno naturali. Sono i pattern con cui si creano le comunità di uomini e donne, i pattern con cui in queste comunità (che siano ecovillaggi, paesi dell’hinterland comasco o zone di espansione metropolitane) realizzano spazi comuni e spazi privati.

Nel 1977 l’architetto Christopher Alexander pubblicò “A Pattern Language”, ancora oggi uno dei best seller di architettura.
“A Pattern Language” è la raccolta di 253 pattern componibili liberamente all’interno di una progettazione. Che il vostro obiettivo sia la creazione di una nuova regione geografica, di una città o del bagno di casa, seguendo in maniera interattiva i pattern chiunque, anche non in possesso degli strumenti di conoscenza “formali”, è in grado di partecipare alla creazione attiva che porterà all’opera compiuta. O nei pressi.
Le istruzioni per utilizzare “A Pattern Laguage” sono elementari, architetti, ingegneri, geometri svolgono funzioni puramente maieutiche (sempre che siano in grado di farlo…) mentre è il gruppo che crea un suo linguaggio e, con esso, il proprio spazio vitale.

“A Pattern Language” è online utilizzabile da chiunque (amministratori comunali compresi).

Non è la stele di Rosetta.
Non è la pietra filosofale.
E’ un metodo aperto.
Un vocabolario per facilitare la creazione di una grammatica del vivere.
Fatene buon uso.

AGGIORNAMENTO: Come giustamente mi fa notare Medo, l’accesso a “A Pattern Language” commporta una sottoscrizione di 5$ (che poi non è molto tenuto conto di come sta il dollaro…) Sottoscrizione che da l’accesso al work in progress portato avanti da Alexander et. al.
Altro sito interessante collegato a “A Pattern Language” e quello di “Building a living neighborhoods” dove il sistema viene ampiamente descritto e c’è parecchio materiale… scusate.


19 Risposte to “A Pattern Language”


  1. 1 Stefano
    gennaio 26, 2010 alle 8:51 am

    ciao a tutti,
    ehm, scusatemi, vi leggo tanto e scrivo praticamente mai, e sono pure lento a reagire. ma io vivo così, in un mio mondo che va piano, anche se attorno c’è la città che scorre veloce, talmente veloce che nemmeno riesco a vederla. meglio così! vabbè, però volevo solo dire che i post del 13 e del 21 gennaio, “come vivere da stupidi” e “about food” sono grandiosi, veramente grandiosi, sia nel testo e sia nei commenti di tutti. pensieri che spesso mi colgono e che ora trovo belle che scritti nero su bian… opps, bianco su nero! grazie a tutti. ciao, Stefano.

  2. 2 medo
    gennaio 26, 2010 alle 12:22 PM

    (Nicola, dovresti segnalare che “A pattern language” on-line è si’ consultabile, ma a pagamento, 5 dollari mensili)

  3. 3 mafalda
    gennaio 26, 2010 alle 12:38 PM

    a volte è difficile usare un vocabolario comune e ritengo che la maggior parte dei problemi siano dovuti alle difficoltà della comunicazione. ma è bello che le tue citazioni siano sempre linkate a delle spiegazioni, questo si chiama condividere e arricchire il vocabolario (e il pensiero) di tutti.
    Grazie

  4. gennaio 26, 2010 alle 1:30 PM

    @medo – Oh vacca!! Fino a poco tempo fa era gratis… vabbè… io non ne so niente ma se scavate a fondo nella rete credo che si possa trovare tutto il sito da utilizzare off-line.
    Però io non lo so, e una supposizione, non lo scaricherei mai. Sarebbe contro ogni mio credo e filosofia. Vergognatevi! Sono cose che non si fanno!



    🙂

    @Stefano – rimani sepre il mio “guardone” preferito! (credo siano tuoi gli accessi dai dintorni di Ivrea che mi copaiono nella mappa delle statistiche 🙂 )

    @mafalda – you’re welcome! Anni ed anni di pippe da educatore sulla condivisione dei linguaggi devono aver lasciato traccia nonostante il mmio cervello di teflon 😉

  5. 5 mafalda
    gennaio 26, 2010 alle 5:58 PM

    si ma ho sempre dei mannaggia di memoria :-D! sospetto dei microictus… (i tuoi libri li ricordo, sto pensando di venire dalla metà di febbraio in su…. cosi porto la torta (scordati che la faccio in casa :-(, sto gia impazzendo con il pane)). ho provato anche con lo yogurt ma mi è venuto un simil formaggio. quando finisco di pulire cacche riprovo 🙂
    p.s. lo posso portare il cane (femmina)? la famiglia si allarga.
    se sei in zona vieni pure …. con tutto e tutti! tanto qui è un casino.

  6. 6 federico
    gennaio 26, 2010 alle 6:18 PM

    mi sono iscritto al sito e dopo 5 min. ho richiesto la cancellazione.
    il progetto è interessante, ma il sito sinceramente non mi entusiasma affatto.

  7. 7 medo
    gennaio 26, 2010 alle 9:30 PM

    @NICOLA
    Eh oh capita! Alcune news del sito che hai linkato sono “free”, ma poi il resto si paga. Niente in contrario a 5$ per una associazione, ma qua sono 5 dollari ogni mese per restare iscritto, insomma non ci siamo mica tanto. Roba da anglosassoni.
    Che in effetti stavo leggendo una roba di uno storico sugli anglosassoni e hanno scoperto che gli “angli” (quelli che si erano lasciati alla fine ben romanizzare e mixare con i cavalieri di mauritania, dai quali discendono gran parte dei mulatti inglesi più mulattati, contrariamente a chi ci vede solo dei rimasugli recenti delle colonie post-medievali) in realtà si sono sottomessi subito e cooperando per benino con i “nuovi”, all’arrivo dei Sassoni verso il V secolo d.C., ma quelli che non si sentivano per un cazzo di condividere alcunché con i sassoni andarono in Bretagna, quella “piccola” ovvero dalla parte poi diventata francese, e fondarono nuove comunità. Che poi anche Francia viene dai franchi che anche loro è gente venuta a mixarsi con i rimasugli celtico-gallici che si erano fatti ben romanizzare… Ma va beh.
    Quindi se volete incontrare degli ANGLI, ce ne sono ancora, sono nella COTE d’ARMOR in Francia verso Saint-Brieuc e parlano, non tutti ma ancora una bella fetta, il bretone (con inclinazione e varianti locali). Se invece volete conoscere dei Sassoni.. Beh lasciate comunque perdere gli (anglo)sassoni che ora abitano l’Inghilterra, gentaglia dedita al bere ed al morire al lavoro per pagare bollette elettriche e del gas dieci volte più care che nel resto d’Europa, ma dovete andare dalle parti di Kiel (e non nella Sassonia di oggi verso Dresda che non c’entra una minchia con quella storica pre-medievale).

    @TUTTI
    Ah poi volevo dirvi che sono stato dal fruttivendolo. Ebbene. Dopo l’invasione dell’anno scorso di FAGIOLINI del Kenya, quest’anno c’è una invasione di strane verdure del Burkina-Faso, tra le quali delle piccole melanzane (che non comprero mai nemmeno per provare, a 7 €/kg!) che udite-udite sono prodotte nella regione di GNAGNA (non so come si pronunci!). Spesso coltivate da donne, spesso prodotti con una strana forma di dumping, tipo delle ONG o simili che hanno ottenuto il finanziamento europeo o simili quindi quando la melanzana del Burkina-Faso la compri, l’hai pagata 3 volte tu e 15 volte tuo figlio che deve ancora nascere. Oltre al fatto che si è fatta seimila km per arrivare in una cassettina dell’ortolano francese e che ha 1 probabilità su 4 di finire gettata nell’umido e finire nella nuova e performante “caldaiona” a biomasse della zona artigianale per fornire 14 o 15 calorie al centro anziani comunale di quel quartiere.

  8. 8 mafalda
    gennaio 26, 2010 alle 10:37 PM

    @ Medo
    invidio le tue abilità culinarie. io ormai con tutta l’informazione che ho nonostante me (non ricerco informazioni mi inseguono :-)) e visti i prezzi (noto che la francia ci supera) mangio per lo piu broccoli e nemmeno prodotti da me (sigh), seguiti dai finocchi, qualche insalata invernale, legumi…. hai qualche ricetta appetitosa che in casa mi odiano. ah! non mancano le patate ma quelle prodotte da me son gia finite. i topinambur per ora sono gelati……
    cià và vado a finire le ultime pagine di “collasso” cosi stanotte ho gli incubi.
    la vostra ansiogena e ipocondriaca elena
    @ Nicola
    io non li do cinque dollari al mese…

    • 9 medo
      gennaio 27, 2010 alle 9:56 am

      Mafalda, vorrei parafrasare Richard Bandler, del quale leggevo cose (PNL, ipnosi, etc) prima che in Europa lo facessero divenire un guru del “managerismo senzalimitismo”, il passato è passato ed è, questa, una sua ottima qualità, il futuro ha la qualità di non arrivare mai ed in tutto questo abbiamo un dono: il presente, uno sconfinato spazio di azione!
      Stupido inoltre temere il futuro, che tanto non arriverà mai, no? Sciocco farsi bloccare da piccoli o grandi traumi del passato, fossero vissuti da se stessi o dai nonni, dagli avi, dale scimmie antropomorfe stesse! The past is gone!
      Nel presente, allora, sia che leggiamo Diamond o che guardiamo i grafici del tracollo della produzione petrolifera mondiale o che passiamo le ore davanti a Rai Uno, ci è quasi sempre offerta la possibilità di ficcarci nella testolina che “present is made to move on”.
      Quindi piglia quei topinambur e sgranocchiali anche crudi. Di’ no al finocchio in serra! Oppure prendi un coltello e i finocchi coglili da sola a rischio della prigione oppure insomma metti una bomba dove ti pare oppure prova a nutrirti di corteccia (decine di alberi offrono un buon alimento nella loro corteccia, anche d’inverno!).

      • 10 amalia
        gennaio 27, 2010 alle 11:01 PM

        Sono d’accordo con Medo…va bene essere consapevoli delle conseguenze di ogni nostro gesto ma cerchiamo un equilibrio…
        rubo liberamente
        una citazione da kung fu panda 🙂
        “OGGI è un dono per questo si chiama PRESENTE”

        (scusate ma ultimamente ho una certa inclinazione alla “leggerezza”)
        buonanotte

      • 11 mafalda
        gennaio 31, 2010 alle 10:44 am

        se vieni a leggere.
        tempo fa cercando dove trovare l’apios tuberosa, ho trovato questo sito.
        magari per te sono informazioni ovvie, per altri forse no.
        tratta della raccolta delle erbe spontaneee e loro usi. è fatto molto bene.
        eccoti il link

        Fai clic per accedere a boschi_prati_introduzione.pdf

        ciao elena

      • 12 mafalda
        gennaio 31, 2010 alle 10:46 am

        facendo ricerca su internet dovrebbero apparire tutte le altre pagine, non ho più gli altri link. buon lavoro

    • 13 mafalda
      gennaio 28, 2010 alle 7:45 am

      ok scrivo male. di verdure mangio solo quelle perchè mi servo da una cascina biologica molto cara… dovevo mettere un punto 🙂
      non è che moriamo di fame sto cercando alternative vegetariane che in casa mi mangino.
      per il resto scelgo il meglio e mangiamo tutto.
      quello che cerco veramente di fare e scegliere a chi do i miei soldi. 😉

  9. gennaio 27, 2010 alle 9:20 am

    e sinceramente non è che diano tutte queste informazioni…secondo me non ci sono neanche tutte le informazioni del libro…

  10. gennaio 27, 2010 alle 9:46 am

    Beh… non è un manuale su come coltivare gli spinaci nell’orto dietro casa 🙂
    Neanch’io darei 5$ al mese per “A pattern Language” a meno di non voler partecipare al progetto globale… ma… io ho il libro! Molto più utile e di facile consultazione anche se devo ammettere che la forma ipertestuale del sito facilita ulteriormente il lavoro. (nonostante l’appeal molto anni ’80 del sito 🙂 )
    In ogni caso “A Pattern Language” è uno strumento non un manuale, credo sia questo che crea un certo “distacco”.
    Io lo trovo un ottimo strumento (se approfondito) per una progettazione condivisa di insediamenti (siano questi la propria casa o un villaggio) purtroppo per la parte di tecniche “pure” (sistemi di costruzione, materiali ecc…) ci vogliono poi i tecnici o i manuali appositi.

  11. gennaio 27, 2010 alle 10:01 am

    sai che il nostro pattern di terra e mare è a disposizione per essere esplorato. sono libero dal 10 febbraio come cicerone al nostro pattern lagunare. vi aspetto
    michele

  12. gennaio 27, 2010 alle 11:18 am

    ricordeve fioi che xè megio se vegnì dopo el carneval che ghe xè massa bordèo in giro, e ceneri xè più consone a sti àni de crisi!

  13. febbraio 8, 2010 alle 2:50 PM

    Il mondo dei pattern si allarga e conquista sempre di più il web!
    Leggevamo Alexander quando tutti ci consideravano degli sfigati, benvenuti nel club
    spot on architecture


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