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10
Nov
09

Cronaca “Vera”

CronacaVera

Il 15 ottobre il nostro eroe, il paladino del produzione e del consumo alimentare sano e sostenibile, Michael Pollan deve andare per una lezione al Cal Poly.
Immediatamente scatta la rappresaglia: uno dei maggiori sponsor dell’istituto minaccia di ritirare la prevista donazione di 500.000 $ se la lezione non verrà bloccata o trasformata in un faccia a faccia.
Il seguito è un casino, lettere, minacce, scuse, senatori inalberati, paventati licenziamenti, e collezioni di articoli vari.
Ora.
Il Problema non è Pollan che, per quanto ottimo giornalista, oratore e godibilissimo scrittore rimane pur sempre un po’ un “fighetto” da upper class americana (e poi, sia detto, “Il dilemma dell’onnivoro” letto dall’Italia lascia un po’ perplessi… e vagamente orgogliosi dell’essere la repubblica delle banane che siamo).
Tanto meno lo sono i magnati delle major alimentari americane o i “rudi” contadini della corn-belt, dallo sputazzo di tabacco pronto, il cui appezzamento più piccolo equivale circa alla superficie dell’area metropolitana di Milano.
Il problema non è la Cargill o Joel Salatin (oddio, no, il problema è anche quello…).
Il problema è… ve lo vedete un casino del genere per Carlo Petrini?

Ok. Mi si potrà dire che le situazioni non sono paragonabili (così come non lo è il sistema alimentare presentato ne “Il dilemma dell’onnivoro” con quello italiano, almeno non completamente).
Mi si potrà dire che qui abbiamo un’altra cultura dell’alimentazione ed un altro mercato agro-alimentare (qualcuno mi spiega perché alla Coop. Di Chivasso, oggi 9 novembre, le melanzane costavano meno dei broccoli?). Che da noi le nicchie di qualità sono preservate e mantenute, c’è un riconoscimento del prodotto di qualità e dell’eccellenza italiana e quindi Petrini non può essere visto come “antagonista” del sistema agrario-imprenditoriale ma come coadiutore, come “sponsor” del sistema naturale e sano.

Ok.
No, in definitiva il problema è… com’è che, in America, quelli sono argomenti di discussione, di scontro e di confronto a cielo aperto e da noi no?
Ok… da noi non c’è questo problema… noi, il carciofo rosso di S. Erasmo l’abbiamo messo sotto la tutela di Slow Food. Ora non corre più rischi, anzi probabilmente l’intera isola di S. Erasmo (e l’inquinamento di Margherera sedimentato nelle sue sabbie) verrà completamente colonizzato di carciofi rossi…
Quindi perché dovrebbero esserci movimenti di opinione con personaggi che promuovano un modo “diverso” di produrre alimenti, politiche agrarie più consapevoli? C’è già tutto e, sorpresa, è già anche un mercato consolidato!
Ma non solo, grazie al lavoro che stiamo facendo sulla qualità e l’eccellenza (ci piace un sacco questo termine… ormai, nelle langhe, quando Piero incontra Giulio sul trattore si inchinano esclamando “eccellenza!”) il sistema lo stiamo esportando in tutta Europa!
Sicuri?

Beh…
Per la prima volta i paesi membri della Comunità Europea hanno dovuto rendere pubblici i beneficiari delle sovvenzioni EU all’agricoltura. Un terzo non va neanche a finire ad aziende strettamente agricole.
Ci sono milioni che vengono spesi in ditte che hanno vagamente a che fare con l’agricoltura e che, soprattutto, supportano tutto tranne un sistema di produzione agro-alimentare sostenibile (in cui possiamo anche ascrivere il benedetto carciofo di S. Erasmo… ma non obbligatoriamente, per la teoria del “che crepi il panda!” e della migrazione delle specie vegetali).
Tra i più fortunati beneficiari dei fondi Europei per l’agricoltura possiamo annoverare alcuni simpatici conglomerati affaristici tra cui il colosso dei pollifici francese Groupe Doux e buona parte degli zuccherifici europei. Né i primi, tanto meno i secondi hanno nulla a che fare con l’agricoltura… semplicemente preparano dei semilavorati e li commercializzano grazie ad una fitta rete di sussudiarie e di appalti… ma tant’è che incassano i fondi per l’agricoltura. Per capire bene come funziona il meccanismo l’esempio degli orsetti di gomma e delle girelle di Liquirizia della Haribò è emblematico.
La Haribò ha preso 332.000 € di sussidi per coprire la differenza di costo dello zucchero europeo da quello del resto del mondo. Se la Haribò avesse comprato lo zucchero, chessò, del venezuela l’avrebbe pagato meno di quello Europeo quindi l’Europa deve rifondergli i “danni” (che, io, sciocco, pensavo avessero già caricato sul prezzo dei loro pezzetti di gomma colorati… che sciocco…). Ha un senso!
Così come hanno un senso i 148.000€ dati alla ditta di catering Ligabue di Venezia nel 2008 (Michele sei avvertito!) come sussidi all’esportazione di zuccheri e prodotti caseari a bordo di lussuose navi da crociera, l’unico caso in cui invece dei container sono state usate comode confezioni monodose.

Che bisogno abbiamo in Europa di qualcuno che dica che le sovvenzioni all’agricoltura fanno più danni che altro al sistema di produzione agro-alimentare? Che bisogno abbiamo di riconoscere l’agricoltura come produzione di puro e semplice cibo quando tanto abbiamo un “Mercato” per il lumpenproletariat ed il carciofo rosso di S. Erasmo per i fini conoscitori del “terroir”?
Che bisogno c’è di fare delle discussioni serie sul sistema alimentare europeo quando sono ormai anni che non si produce più cibo ma utility finanziarie?

DISCLAIMER . Non ho assolutamente nulla contro il carciofo rosso di S. Erasmo ma è il primo presidio slow food che mi viene in mente per colpa di Michele… prendetevela con lui 😀

In ogni caso… io faccio il tifo per loro:
genuino




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Diario di bordo ad aggiornamento casuale e saltuario di un cialtrone nell'orto... giocando con il fango, la permacultura, l'agricoltura sinergica in compagnia di William Cobbett, John Seymour, Fukuoka e Kropotkin.

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