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De Rerum Rustica (Catone in Narcan) puntata n°3

Questa serie di post dimostra come io non abbia capito niente di comunicazione via web o di come non me ne freghi assolutamente nulla.

Abbiamo lasciato il nostro buon Catone in puro delirio mistico pre-festivo.
Dicevamo: andiamo a cambiare i presupposti.
Non amo farlo in maniera “animistica”. Troppo facile, troppo scontato e troppo velocemente ascrivibile a simpatiche ed interessanti pratiche, come l’incollarsi cristalli di quarzo qui e là, mangiare solo foglie di frassino e il riallineamento delle energie interiori attraverso la focalizzazione dei punti di frizione dei corpi celesti sopra i 16 parsec.
Siamo seri.
Potrei dire che l’Agricoltura Sinergica salverà il mondo o che la permacultura è l’unica via per la salvezza di “quella vecchia troia della Terra” (cit. Lynn Margulis) ma, in realtà, sono solo tecniche (la prima pratica, la seconda di progettazione)
Sarebbe come sperare che Paris Hilton abbandonasse gli aerei rosa shocking tempestati di Swarowski, si trasferisse in una malga con pannelli fotovoltaici a seguire regimi alimentari attenti e sani (magari vegani) in una calda atmosfera al patchouli e, per questo motivo, potesse essere considerata una persona intelligente e piacevole da frequentare. Rimarrebbe un mezzo peluche sinaptico. Farebbe – forse – meno danni ma sarebbe comunque una disgrazia per il genere umano.
Quindi mi devo rifare a qualche cosa di “razionale” o, quantomeno, verificabile in maniera più o meno oggettiva.
Dove, per “oggettivo”, si intende qualcosa che faccia riferimento ad un linguaggio comune, condiviso, riconoscibile e riproducibile da chiunque, non soggetto ad interpretazioni (le tecniche sono interpretabili a meno che non siano stravolte in professioni di fede. A quel punto diventano cazzate)

A questo punto Catone schizza fuori dalle nebbie del trip grazie all’azione combinata di Narcan e calci nel sedere.
Howard Thomas Odum.
Non credo che abbia neanche mai fatto un orto in vita sua. Ma non è grave.
In ogni caso, Odum, ha prodotto un buon punto di partenza per la creazione di un vocabolario comune. Base necessaria e fondamentale per generare una reale rivoluzione agraria. Non i vari remix che le migliori menti agrarie degli ultimi 7000 anni sono riusciti a produrre seguendo il giro di basso della buona Martha Stewart (per chi non cogliesse la citazione a Martha vada a rileggere le puntate precedenti 1 e 2)
Per intenderci. La tecnologia OGM o le biotecnologie da marketing in generale non sono e non possono essere una rivoluzione proprio perché non sono un vocabolario.
GATTACA non è un vocabolario… è un’alfabeto! O un discreto film di fantascienza.
C’avete mai provato a fare una rivoluzione solo con un’alfabeto?
Combattente per la libertà n°1 – bwuevgw edcyc jjjol!
Combattente per la libertà n°2 – Cosa?
Combattente per la libertà n°1 – AFHGJJJ!
Combattente per la libertà n°2 – Eh?!
Combattente per la libertà n°1 – NLIJSWUE!!!!
Combattente per la libertà n°2 – ‘fanculo va!
Fine della rivoluzione.

Odum applica un approcio differente.
Al contrario del babbione studente di Zen che guarda il dito invece della luna, cosa che capita agli studenti Zen quando non sono intenti ad ascoltare il suono di una mano sola.
Odum si concentra sulla luna che, nel suo caso, sono le energie che percorrono, si consumano, si accumulano, girano e danzano in un dato Sistema.
Qui potete prendete come esempio laboratoriale il vostro orto, campo, aiuola di – saranno – tulipani, bio-regione.

Ragazzi, qui siamo alla preistoria della permacultura… Bill Mollison sta ancora facendo il tagliaboschi in Tasmania e Holmgren scava enormi swale nella sabbiera della scuola creando gravi incidenti con le maestre ed i compagni.

Attraverso il vocabolario energetico creato da Odum (battezzato – sigh – energese) siamo in grado di mappare i flussi di energia (economica, fisica, chimica ecc… ecc…) di un dato sistema, le dispersioni, gli accumuli e quant’altro. Proprio come se l’ambiente che ci circonda fosse un circuito elettrico.
Lui l’ha fatto e, negli anni seguenti, milioni di altri simpatici soloni e, provate un po’ ad indovinare? Qual’è il sistema che ha il miglior rapporto energia impiegata – energia resa (detto anche EROEI)?
Bof! Mettiamola così: i sistemi naturali – boschi foreste ecc… – fanno sembrare il nostro sistema agricolo un immenso costosissimo trabiccolo in grado di accendere per 10 minuti un’abat-jour grazie alla spinta congiunta di 60.000 criceti inzuppati nel Gatorade(tm).

Punto.

Diagramma di un ecosistema generico secondo Odum

Proviamo ad indovinare: quante progettazioni agrarie-agricole vengono fatte tenendo in considerazione questi dati?
Quando ho provato a porre questa domanda a Biella avevo già perso il 99% dell’uditorio da un pezzo ma, essendo una domanda retorica, per non farmi sentire solo soletto nel fascio del videoproiettore, qualcuno ha azzardato un “nessuno?”. Boh? Non lo so. Magari qualcuno l’ha fatto ma, apparentemente, non abbastanza visto che i campi vengono utilizzati per impiantare enormi parchi fotovoltaici…
Ok. Studiate Odum.
No. Non vi servirà per fare l’orto.
Vi servirà per vivere. Per avere una griglia che, vagamente, vi permetta di comprendere la complessità di un sistema, quello naturale, che non sarebbe altrimenti leggibile se non attraverso i frazionamenti successivi di un ottica riduttivista oppure attraverso un’onanistica forma di etica spirituale.
La gramigna mi sommerge. Diserbo.
Oppure.
Il pomodoro è bruttino. Bagno solo in giorni di aria e concimo con cenere di finferlo.
Non è così semplice. Non lo è mai.
Ma potete comunque darvi alla biodinamica o a qualsiasi altra pratica senza porvi troppe domande.
Paris Hilton è con voi.

Oh! Se vi aspettate delle risposte da questa mia delirante esposizione: dimenticatevele.
Non ho risposte per me, figurarsi se ne ho da distribuire in giro… sono un cialtrone mica per niente…
Prendete le suggestione e cercate le risposte. Il primo che arriva dia un colpo di telefono agli altri.
Grazie.

Questa in realtà la devo ad una chiacchierata con Massimo Ippolito.
Non sempre ci si pensa ma qualsiasi forma di energia (e materia in quanto energia potenziale) presente in circolazione è solo un sottoprodotto dell’energia solare. E le piante sono le uniche cose che riescono ad elaborare quest’energia al 100%.
Quando me l’ha detto m’è sembrato assolutamente ovvio. Un po’ come i tagli nelle tele di Fontana, ovvi ma non scontati. (Non amo Fontana ma passatemi l’esempio)

Bene. Odum crea il suo simpatico energese (io non posso credere che si possa inventare un nome meno “spendibile” di questo. Ma un po’ di marketing sociale sulle materie scientifiche? No, così, giusto per rendere la vita un po’ più semplice a Piero Angela che c’ha anche una certa età…).
Ora. Se ce lo studiamo e lo adottiamo durante le discussioni saremo in grado di comprenderci attraverso un vocabolario comune. Basato, per quel che ci riguarda, sull’unica costante di cui disponiamo: l’energia del sole.

Come creare da un vocabolario, da singole parole una grammatica che ci permetta di interfacciarci con la nostra principale fonte di energia, l’agricoltura, senza consumare inevitabilmente buona parte dell’accumulo energetico svolto dalla Terra in milioni di anni? (si, ci sono anche quelli convinti che si possa vivere solo grazie all’assorbimento da parte del nostro organismo dei raggi solari… ma queste, quando si diffondono, si chiamano “disfunzioni alimentari”)

Io, per quel che mi riguarda, farei un salto indietro.
Non tanto nel tempo, quanto nei post.

Speravo di aver finito ma mi sa che va ancora per le lunghe.
Qualcuno regge ancora una puntata?
No.
Vabbè… allora me la brucio così… in due parole, poi fatene voi cosa vi pare.

Il nostro compito è progettare una produzione energetica alimentare (per noi stessi, per i vicini di casa, per il Gas di San Pietro Montalcina, per diventare ricchi come dei cresi incassando sovvenzioni paurose sullo zucchero di barbabietola… no. Questo no. Scusate.).
Quindi, mi appellerei a chi ha creato una grammatica della progettazione. Un sistema sintattico per progettare che tenesse in considerazione il Tutto: Cristopher Alexander.
Si, vabbè, ma noi dobbiamo coltivare, mica decidere dove vanno le finestre di casa. Direte voi. Si, è vero.
Ma provate ad inserire i tasselli di Odum, un po’ di biologia, un po’ di ecologia, un po’ di scienza agraria ed il bagaglio di tecniche e competenze che la buona Martha ha impostato e a riformularli in un “Pattern Language” agricolo.

Et Voilà.

via Ethan Roland di Appleseed Permaculture

La rivoluzione.

Sembra assurdo?
Non cosi tanto. C’è chi lo fa.
Ancora in maniera sperimentale, partendo da microsistemi noti. Ma funziona.
Qualche agrario si rende disponibile?


35 Risposte to “De Rerum Rustica (Catone in Narcan) puntata n°3”


  1. 1 federico
    dicembre 29, 2010 alle 8:05 am

    presente e disponibile!

    sai, ho capito come mai mi piace così tanto il tuo modo di scrivere, assomiglia in maniera scandalosa allo stile di Chuck Palahniuk nel romanzo fight club.
    mi ci sono voluti un bel pò di post per l’associazione, sarà che le rivoluzioni son lente….

    • dicembre 29, 2010 alle 4:37 PM

      E tu pensa che io non mi devo neanche drogare per scrivere in sta maniera 🙂
      A proposito di scrittori assurdi e patologie: pare che Terry Pratchett (autore della serie di Mondo Disco) sia stato in grado di scrivere così tanto ed in maniera così delirante a causa di una forma di alzheimer… morbo che ha colpito anche mio nonno…. 😉

  2. 3 Cristiano
    dicembre 29, 2010 alle 8:39 am

    Temo ci toccherà comprare anche The Nature of Order. Sto resistendo, ma finirò per cedere… solo che son 2.000 pagine, quando mai le leggerò? 😦

    • dicembre 29, 2010 alle 4:39 PM

      Io ho “Modeling for all Scales” e una serie di altre pubblicazioni… la prossima volta che ci si vede 🙂
      2000 pagine. Un pezzettino per volta, una paginetta al giorno… come le formichine 🙂

  3. dicembre 29, 2010 alle 9:47 am

    OK, adesso l’ho letto, siccome le rivoluzioni son lente e io ancora di più, adesso mi vado a ricaricare al sole poi magari riesco ad assimilare tutto 🙂

  4. 7 medo
    dicembre 29, 2010 alle 10:04 am

    E’ normale che dopo la lettura di tutto questo mi venga solo voglia di un lungo viaggio in Kazakistan? E’ normale che in quelle valli da dove origina la mela e dove pare si situi il Paradiso Terrestre ci sia uno dei maggiori tassi di violenza del mondo? Boh.
    E nel Paradiso Terrestre Eva quanti cani accoglieva?
    Esistevano i guinzagli e i pollai?
    Bah.
    Io non sono un agrario, ma come posso contribuire alla Rivoluzione?
    C’è mica un ettarino nel Lessolishire?
    Mah.

    • dicembre 29, 2010 alle 4:42 PM

      Ma? Cerchiamo?
      Presupposti della ricerca: niente cani nel raggio di 1 km….

      • 9 medo
        dicembre 30, 2010 alle 10:54 PM

        1. Ahaha, “niente cani nel raggio di 1 km” : di quelle bestiazze ce ne sono circa 7 milioni in Italia, pretendere di stare ad un kilometro dal più vicino di loro è semplicemente irrealistico. Piuttosto abiterò una imbarcazione, fino al giorno del giudizio come il fliegende Holländer*. Per di più guardato a vista da torme di cani sulla riva. Yorkshire ma di cinquanta kg (il mio incubo ricorrente).

        2. “Ma? Cerchiamo?”
        Ho ancora troppa febbre per poterci davvero pensare, la tua è una rincuorante battuta. Non avevo mai veramente pensato al fatto che, cacchio, averti come vicino per me è molto più interessante che
        – la vista mare;
        – metro e stazione a due passi;
        – commerci in zona;
        – prossimità municipio e ufficio postale…
        Vero è che da quelle parti ci son posti che visitai anni fa e ancora ho nel cuore (Agliè e dintorni)…
        Ci faccio un pensierino, appena questo imponente virus che si è impossessato di tutti i miei cari mi abbandonerà (non so se è “l’australiana” che mi son beccato, ma anche se era un cesso idiota, io rivoglio Megan Gale).

        *”Il mio vascello è solido, non soffre avarie.
        Sbattuto dalla tempesta e dal mal vento
        erro qua e là sulle acque…
        Da quando? Io non lo so dire,
        già gli anni io non li conto più.
        Mi sembra impossibile, ch’io nomini
        tutti i paesi ch’io ho trovato:
        un paese soltanto, verso il quale io ardo…
        non lo trovo: il paese del mio focolare!
        Accoglimi per breve tempo nella tua casa;
        della tua amicizia non t’avrai a pentire!”
        L’olandese volante, R. Wagner; estratto dal libretto

  5. dicembre 29, 2010 alle 12:31 PM

    Sono tre post che tento di resistere agli attacchi di pedanteria… ma è più forte di me:
    Conosciamo il De re rustica (Catone) e conosciamo la Rerum novarum (Leone XIII)… ma in effetti un Catone in trip potrebbe preferire un genitivo ad un ablativo 😉

    Invece ti ringrazio per aver affermato implicitamente che per saper vivere (orpo!) s’ha da essere naturalisti (o almeno laureati in Scienze Naturali a Padova quando la professoressa Braioni – oh, molti anni sono passati – faceva studiare Fundamentals of Ecology dei fratelli Odum). Per quanto chi ti scrive sia una smentita eclatante dell’assunto…

    Ma quando saremo pienamente consapevoli di essere fuori scala rispetto alle possibilità del pianeta, che faremo?
    … delle belle piante OGM che moltiplichino le capacità di fotosintesi – oppure …

    • dicembre 29, 2010 alle 4:49 PM

      Ma porca! Ma sai che me ne sono reso conto solo dopo aver letto il commento?!!
      Grazie mille… sono veramente un cialtrone. Sigh!
      Oh. Per ciò che riguarda gli OGM punto tutto sulla ricerca di un “oppure” anche se potrebbe essere ancora peggiore e quindi, a questo, punto dovrei ritornare sul primo “oppure” che però non mi fa impazzire, quindi dovrei cercarne un altro… nel frattempo finiscono le risorse ed io mi trovo fregato. Ma è solo un’ipotesi 🙂
      Magari si trova un “oppure” che va bene. In ogni caso non aborro gli OGM. Trovo solo che siano (a livello di mercato ed agrario, non scientifico) un “oppure” un po’ affrettato…
      Grazie ancora della pedanteria!
      Mi chino e mi prostro 😉

    • 13 sb
      dicembre 30, 2010 alle 1:55 PM

      si potrebbe cominciare a parlare come si mangia così che quasi tutti possano capire.

  6. 14 Ceci
    dicembre 30, 2010 alle 9:03 am

    Ci vuole sempre il commento quasi completamente off topic, eccolo qua: Gattaca è un OTTIMO film di fantascienza, senza effetti speciali mirabolanti ma basato sulla forza della sceneggatura!

  7. 15 mafalda
    dicembre 30, 2010 alle 9:22 am

    mi convince, e mi prenoto per il prestito.
    riducendolo in termini non tecnici e applicandola alla vita non solo all’orto si potrebbe sintetizzare: se in un sistema creato la proprietà emergente è la dissipazione di energia il sistema stesso è inutile e dannoso (e questo spiega molti miei fallimenti generali :)).
    il fatto è che posso sensibilmente capire se un sistema disperde energia, ma non altrettanto crearne uno che rimanga in equilibrio… conto sul libro

    • gennaio 4, 2011 alle 11:50 PM

      Soprattuto questo spiega perchè, prima di fare qualsiasi cosa, è bene sedersi in un posticino accogliente con un buon libro e cercare di far esplodere le nuvole con la forza del pensiero 🙂

  8. dicembre 30, 2010 alle 8:13 PM

    Nicola, mi raccomando: non assumere sostanze psicotrope che sarebbero soldi buttati .. basti già così! Certo che intersecare linguaggi per formare una lingua … bisogna partire da un comune alfabeto … e da un buon sillabario(in italiano!!)
    Piccola critica: gli animisti non confonderli con i grulli new age… perchè ho la vaga sensazione che i popoli nativi avessero-abbiano anticipato di qualche millennio l’intuizione dei fratelli Odum e l’energese. (concordo, il nome è tra la marca di pile e quello di una bevanda:-)

    • 18 medo
      dicembre 30, 2010 alle 10:59 PM

      No ma se adesso pure Odum me lo si sbatte nella cartella “grulli new ages”, allora screditiamo chiunque abbia avuto un pensiero critico nel novecento: Eddai……

      • dicembre 31, 2010 alle 8:21 am

        Veramente alludevo a …”simpatiche ed interessanti pratiche, come l’incollarsi cristalli di quarzo qui e là, mangiare solo foglie di frassino e il riallineamento delle energie interiori attraverso la focalizzazione dei punti di frizione dei corpi celesti sopra i 16 parsec” … gli spiriti dei boschi mi sono testimoni che nutro per Odum la più profonda stima, è che mi considero profondamente animista ma nutro il più totale disprezzo per l’appiattimento(verso il basso) che la new age ha fatto e fa delle pratiche spirituali dei popoli nativi.
        Lo dicevo che per sviluppare una lingua comune occorre partire dal sillabario.

      • gennaio 4, 2011 alle 11:59 PM

        Oh, bèh, si. In effetti “animismo” l’avevo messo tra virgolette per salvare quello “sano” da quello “sballato”.
        Il problema è che, per me, l’animismo o qualsiasi altra forma di spiritualità è un’assunto. Come il tavolo della cucina. Non è che devo santificarlo e grlorificarlo, sta lì, punto. Non lo annuncio mai con tono scandito e profondo e non lo osservo con occhio rapito. E’ il tavolo.
        Detto questo. Io (e tu anche) siamo popoli nativi.
        Nella fattispecie io sono del popolo della piccola borghesia impiegatizia torinese discendenza diretta della nobile tribù dei battilastra. (ancora a me, nei lontani anni in cui frequentai fugacemente l’I.T.I.S., mi diedero un pezzo di metallo, una lima ed un disegno tecnico, lo chiamavano “aggiustaggio”… non credo lo facciano più. Le tradizioni si perdono 🙂 )
        Scherzi a parte, ho sempre trovato molto interessanti i testi riguardanti i saperi di popoli lontani e continuo a leggerne a bizzeffe.
        Ma non sono mai riuscito a prescindere dalla mia appartenenza. Se sono io, sono io anche se cerco di pensare come un’Opi.
        Il rischio di essere la versione Trash di un’Opi è estremamente facile.
        Da qui, il sottile confine tra il sapere universale e la New Age.
        Chiamala memoria genetica se vuoi.

  9. 21 barbara m.
    dicembre 31, 2010 alle 1:41 PM

    ciao Nicola, passo al volo da casa d’altri per farti gli auguri di buon anno.
    ho appena traslocato a casa nuova 🙂 🙂 (azz quanti sono 1.000 metri di terra da sistemare!!! non oso pensare te alle prese con un ettaro…) e sto aspettando che mi montino l’antenna sul tetto che mi permetterà di riavere l’adsl che in campagna si sa non arriva. saluti, a presto B.

    • 22 federico
      dicembre 31, 2010 alle 1:53 PM

      immagina me con 7…

      • 23 barbara m.
        febbraio 4, 2011 alle 8:36 PM

        🙂 e figuriamoci quegli altri qua sotto con 70… 🙂
        vabbé

        bella questa discussione.

        tendo ad essere d’accordo col discorso agricoltura di sussistenza come agricoltura del futuro.
        però i poderi prima dell’avvento del trattore -almeno qua in Toscana- erano sui 3-4 ettari per 2-3 uomini e altrettante donne che potevano lavorarci. non credo che in un futuro senza macchine a meno di non includere nei poderi boschi e pascoli, si possa andare molto oltre a livello di gestione familiare.

  10. 24 Davide
    gennaio 5, 2011 alle 10:46 PM

    Ciao a Nicola e ai partecipanti del blog,
    Mi sembra di comprendere che l’ottimizzazione energetica della produzione naturale passa per la permacoltura e l’agroforesteria con utilizzo di specie più selvatiche ed adattate o adattabili all’ambiente locale. Alla fine si parla della rivoluzione del filo di paglia di Fukuoka, una rivoluzione del mondo che passa per un sistema produttivo a bassa immissione di energia.
    Lasciando per scontato (ma difficile) uno studio attento delle peculiarità ambientali naturali e una progettazione attenta per ottimizzare le risorse ritengo che il problema sia di calcolo di energia (quindi valutazione economica dei mezzi) necessaria iniziale da immettere nel sistema e di remuneratività della produttività.
    Escludiamo orti sinergici urbani o autosostentamento, la rivoluzione passa per l’agricoltura e su questa trovo che la divisione di 7 ettari in numerose parcelle di coltura diverse (3 cereali, frutta, verdure, foraggio e pascolo per allevamento, bosco..) comporti dei costi di coltura, manodopera, mietitura, gestione della produzione per pulitura sementi, impacchettamento e smercio che sono superiori alla gestione specializzata di una unica monocoltura, restano comunque i costi di affitto o ammortamento di mezzi meccanici, terreno, locali a norma per le lavorazioni… considerando poi una minore produzione variabile da un 20 ad un 50% temo che il sistema si paghi soltanto a fronte di una vendita diretta e a prezzo uguale o maggiore di un 30% del biologico che si trova normalmente in negozio (arrivano anche i bio di importazione a prezzi stracciati). Vorrei che Nicola fosse quello che telefona agli altri… ma le domande sono tante e le risposte pratiche poche, spero che tra i tanti che leggono nasca una partecipazione pratica per quantificare, una testimonianza di realizzazione, “io ho risolto così con questi risultati…” ma cercando nel panorama nazionale io ho trovato poco (anzi pure un truffatore).
    Riporto un po’ la cosa ai conti della serva.. alla fine sarebbe un ritorno ad una agricoltura dell’ottocento come gestione di una corte che produce di tutto.. cibo, abiti, mobili, case.. ma le corti avevano decine di persone a basso costo di manodopera all’interno, oggi gli swale si fanno con l’escavatore, la rippatura iniziale in profondità col trattore, gli abbattimenti di alberi con motosega, la mietitrebbiatura… non bastano i woofers, servono molte persone motivate. Questi sono i miei dubbi e le difficoltà che incontro.
    Sono il primo che cerca il modo migliore per investire in agricoltura naturale, non fraintendetemi, arrivate alla soluzione e telefonatemi!!!

    • gennaio 7, 2011 alle 2:06 PM

      Ciao Davide, il tuo commento sposta l’asse della questione non di poco.
      Se per tre post io ho apertamente delirato intorno al tema di una ipoptetica riforma agraria nella sua dimensione di tecnica e progettazione, il tuo commento mostra la faccia burocratica-fiscale-commerciale e meriterebbe altre tre puntate di delirio (attento a non provocarmi 🙂 )
      Io non ho nessun tipo di risposta alle tue domande semplicemente perchè io faccio l’orto e su quello posso agire. Le politiche di sviluppo, le rimuneratività legate alle fluttuazioni di mercato, i finanziamenti europei non sono materia in cui mi inserirsco troppo spesso (eufemismo per dire che mi interessano meno degli Swarowski di Paris Hilton)
      Dal mio punto di vista non si può basare una riforma agraria (tecnica ed economica) se gli attori della stessa non escono dai principi (tecnici ed economici) che ne hanno permesso il perdurare per secoli.
      Io sto iniziando a fare degli esperimenti, non so quali saranno quelli che funzioneranno ma so che ogni mia mossa dovrà reiventare un sistema ignorando o trovando i “vuoti” nel Sistema ufficiale.
      Per dire: tu escludi l’agricoltura di sussistenza e l’autoproduzione.
      A mio parere sbagli. Se si promuovesse questa micro forma di autoproduzione si eliminerebbe una buona parte di pressione sul comparto agricolo riducendone le necessità energetice e, probabilmente, migliorandone i margini energetici.
      Non si può più pensare di fare gli agricoltori “seri” prendendo un pezzo di terra e coiltivandolo a cereali mentre si aspetta che il mercato ci riconosca la giusta rimuneratività o che la comunità europea ci applauda perchè siamo “naturali”… l’unico risultato sarebbe l’ennesima certificazione “BIO” priva di contenuti se non di marketing.
      Se l’agricoltura continua su questa linea per altri 3-4 anni… non ti preoccupare: la manodopera a basso costo sarà abbondante ma affamata…

      • 26 Davide
        gennaio 8, 2011 alle 3:11 PM

        Si, sono spesso d’accordo con te Nicola e pure io mi ritrovo a cercare vie alternative di coltivazione, colture alternative, stile di vita alternativo…
        Ma non ci sono santi, se vuoi provare devi metterci dei soldi per comprare o affittare o impegnare della terra, locali e attrezzature e per mantenerle devi guadagnare a sufficenza, magari poco perchè non compri gli orecchini orecchini di Paris Hilton ma abbastanza per mandare avanti la baracca. Non parlo di incentivi o riforma del sistema, ma semplicemente della difficoltà di praticare in modo remunerativo (senza incentivi, corsi, fattorie didattiche..) una agricoltura naturale pura, presupposto unico per la sua diffusione e pratica in più fattorie.
        Quest’anno mi confronterò con un agronomo dell’icea per convertire al biologico 7 ettari coltivati a naturale da me e un contoterzista. Bisogna far quadrare i conti o non si va avanti tanto a sperimentare.
        Lo faccio perchè credo sia eticamente importante, perchè voglio sperimentare senza che i veleni delle coltivazioni di Meloni arrivino fin in camera da letto, perchè l’incidenza di alcuni tumori e malattie e maggiore in campagna che in città proprio per questi veleni e perchè la gente è cieca e non vuole pensarci e che chi più ne ha più ne metta.

  11. 27 medo
    gennaio 7, 2011 alle 7:42 PM

    Le scelte, dalla rivoluzione industriale in avanti, son sempre le medesime. Ripetiamocele che non fa mai male:

    1. vivere per lavorare per avere soldi
    2. lavorare per avere soldi per vivere
    3. vivere

    Facciamo una Grande Verifica, umanistica prima che economica e tecnologica.
    Occupiamoci della terza ipotesi quindi… Ripartiamo dalle basu, vediamo come e se una agricoltura di sussistenza e l’autoproduzione sono garantite, accessibile, fattibili per noi e per i nostri figli come lo sono stati (in parte…) per molte delle 459 generazioni di contadini che ci hanno preceduto e che formano i nostri padri.
    Fatto questo, ben venga la monetizzazione del surplus per sistemare due o tre buche sulla mulattiera che portano la nostra formaggia in più a Davide o a Nicola.

    La fine dell’energia a basso costo ci dà l’opportunità di ripartire da zero, se non altro mentalmente. Proviamoci.

  12. 28 Neofrieda79
    gennaio 27, 2011 alle 4:20 PM

    Caro Nicola, ti ho letto talvolta e scrivi molto bene le stesse domande che io, il padre di mia figlia e probabilmente molti altri (tra cui pochi con p.iva agricola, ma io personalmente aumento il numero)si pongono. Il salto con metterlo in pratica? Vogliamo colmarlo? Io mi chiedo come fare, mi interessa davvero. Grazie dei tuoi post e del tono un po’supponente che mi è di sprono. Ma non raccontarlo in giro 😉

    • gennaio 27, 2011 alle 10:05 PM

      Supponente? Chi io?! 🙂
      Si… è vero… sono un po’ boriosetto e supponente ma è che mi diverto a scrivere e mi viene fuori così, dal vivo sono peggio!!! (Medo, mia moglie e altri amici potranno confermare) 🙂
      Io sto per andare ad ingrossare i numeri delle P.IVA… a quel punto vedremo cosa succede. Non so esattamente come si faccia il salto ma credo anche che per ognuno sia diverso… vedremo. I fattori in gico sono moltissimi e non tutti a sfavore.

  13. gennaio 29, 2011 alle 11:35 am

    Ciao ragazzi,
    sono d’accordo con Davide.
    Tornare tout court all’agricoltura dell’800 mi pare poco di aiuto. Vorrebbe dire ignorare le conoscenze di altre culture e anche le nostre sperimentazioni da fukuoka alla hazelip e al simpatico bonfils. Perchè non possiamo parlare di orticoltura invece che agricoltura?
    Le origini dell’agricoltura, ager, civis ecc, non è che mi piacciano molto e portano con se un seme di sventura…

    Possibile che noi adesso soffriamo della sindrome della fiaba malefica?
    Ovvero, quando andavo a scuola mi insegnarono che il medioevo era un periodo brutto, sporco e cattivo. Che il rinascmento, si, quello si che era un periodo fico!
    Poi si è scoperto che magari non era così, che senza il recupero di mestieri arti e commercio del medioevo (prime università, flotte commerciali potenti, banche, ecc) il rinascimento col cavolo che nasceva.
    Ecco, non possiamo soffrire della stessa sorte?
    Cioè che ce l’hanno raccontata? E quindi ci crediamo talmente tanto che mollare questo sistema è arduo e che l’unica mentalità che ci può far sopravvivere è quella del ROI basato sui dindini?
    Certo bisogna informare i cittadini che la cavendish sta per essere distrutta dal fungo e quindi niente più banane…
    Oddio scusate lo sproloquio!

    Comunque, la questione soldi è fondamentale e come ha detto Medo in maniera succinta e stringata, è una cosa da cui non si scappa. Fate i “conti” prima di cominciare, perchè per dimostrare che l’agricoltura naturale pura funziona, dei soldi non bisogna averne bisogno oppure bisogna andare velocemente al punto di pareggio anche grazie ad altre modalità (baratto, scambio, servizi in natura…).

    Lavoro in una fattoria in permacultura (nuova, era un insieme di bosco da legna e pascoli per vacche, la stiamo trasformando in swales+keyline (con lo “yeomans plow”…)+food forest+orti vari e chi più ne ha…).
    Guardando i conti fino ad oggi vi posso assicurare che chi non ha un centesimo, la terra, le strutture e tutto il collegato non se li può permettere nemmeno col cannocchiale. I nostri sono 70 ettari circa e a voglia ad avere woofers e poi dove metterli e come mantenerli?
    Ce ne vorrebbero una quarantina come minimo…

    Stiamo considerando queste attività collegate:
    – ospitare volontari e Wwoofers
    – vendere ai gas della zona i prodotti degli orti e le uova (o polli, conigli, ecc)
    – coinvolgere gli abitanti del luogo nelle nostre iniziative
    – fare corsi ed eventi
    – attività di agriturismo, fattoria didattica, agricampeggio, mercatino e fiera
    – visite guidate alla fattoria
    – allevamento razze antiche e produzione frutta e verdura di varietà antiche
    – lavorazione dei prodotti (marmellate, tisane, erbe aromatiche)
    – vivaio
    – eccetera eccetera eccetera
    – l’ultima cosa è prendere nuovi collaboratori: no soldi, no lavoro pagato (anche se va contro ai nostri principi, ci rompe abbastanza non poter impiegare qualcuno, dover usare i volontari non ha molto senso, forse, questo è un mio punto dolente, qualcuno ha una opinone in proposito?)

    Ecco, non so se ve ne siete accorti anche voi, ma la parte corsi, diretta ai cittadini volenterosi, è una parte che potrebbe aiutare molto, molto, molto. E vedo questa tendenza in molti posti permaculturali in tutto il mondo. Panos fa un discorso diverso, ha molti scambi e regali e aiuti da amici e conoscenti, ed ha comunque una fattoria naturale piccola (tre ettari circa) e ci abita (coi wwoofers/volontari) solo nella bella stagione ed è un esempio pare unico, nessuno fa la stessa cosa.

    Ovviamente 70 ettari sono tantissimi, ma anche no. A volte lavorandoci, si ha l’impressione che non si sappia dove piantare l’ultimo paio di sambuchi.

    L’altra strada è quella della Regenerative Agricolture
    http://www.regenag.com/

    Sono molto interessata, soprattutto alla parte keyline e voglio invitare Doherty in Italia in agosto.
    Pare che molte realtà australiane (che poi magari visti i loro numeri sono una 30 di aziende, sempre di più che da noi, però) pare abbiano adottato metodologie più naturali con profitto, agganciando le coltivazioni monoculturali alla policoltura permaculturale.
    Anche gli americani si stanno muovendo, sempre una manciata…
    Ma in Italia siamo in grado di avere una panoramica sulle realtà alternative al sistema agricolo tradizionale oppure non c’è nulla perchè… non c’è nulla?

    Che dire, vi tengo aggiornati, per ora sono solo spese.
    Quando avremo dati più succosi vi chiamo (tanto io ho il tuo cell. Nicola!)

    Continuate così. Grazie!

    • febbraio 3, 2011 alle 7:05 PM

      Ho riflettuto molto sul fatto di commentare o meno, dopo aver letto giorni fa che cos’è l’esperienza “Autosufficienza.com” e la storia di quei 70 ettari… Mi fa piacere che denaro da vendita di buoni libri sia diventato salvataggio di umani, di pratiche, di terre, et cetera. Anni fa comprai tramite la società in questione dei libri, non ricordo più quali e fui contento del servizio.
      Ma mi fa male notare che ancora una volta un progetto nasce con una spesa milionaria o giù di li’… Ed allora, “a che pro”?
      Va beh. Ne ho visti tanti. Quasi tutti sono ancora là per aria.
      Ma non mi tolgo dalla testa che questa autosufficienza non è per niente “auto”. Capiamoci. Qui, cioè là da voi ma dappertutto si legga di tali esperienze, passa il messaggio che “chi c’ha li sordi commanna” come dicono nelle Marche. Se non si “raggranella” denaro in qualche modo (meglio se etico, bla bla: non è questo il punto: è il denaro in circolo nei modi di oggi che non è etico), o se non si eredita, o se non si vince al lotto, o se non si è già molto danarosi, in Italia si è fot-tu-ti. E’ possibile che si sia arrivati ad un tale degrado umano? Ad una tale impossibilità dell’azione “verde” e “rurale” senza pagarla, la terra, 5 o 10 volte tanto?
      Qualcuno che ha fatto tutto da solo io lo conosco. Ma non si sognerebbe poi di chiamare la sua esperienza autosufficienza. Boh. Forse è solo un problema di nomi, di style, di essere attrattivi. E capisco che bisogna esserlo per far avanzare le cose. Perchè poi i denari finiscono, più in fretta quando sono tanti.

      Poi ci/vi accusano di permacultura di bio-qualcosismo snob col mignolo alzato.
      E fanno bene? Secondo me no. Ma non è questo il punto.
      Possiamo fare altro? Potevate fare altro? La via facile è sempre la più facile?
      Secondo me c’è puzza di muso sbattuto contro al muro.
      Io vi faccio gli auguri, ma c’è una crepa da qualche parte e la brace è poca per la carne da cuocere.

      • 32 federico
        febbraio 4, 2011 alle 8:37 am

        Concordo Medo,
        c’è qualcosa di assurdo nel sistema con il quale vengono implementate questo genere di cose…di fondo: serve sempre molto denaro, generalmente destinato allo start-up…ma poi ne serve comunque molto altro ancora.
        perchè costruire una serra da 100 mq con muro di paglia e vetri recuperati, costa non più di 300-400 euro…
        ma nell’ordine reale delle cose, 400 euro è un mucchio di soldi, sempre ammesso che non si finisca in galera per abusivismo (altrimenti fra studi e annessi ingegneri, da 400 arriviamo a 2000).

        e allora qual’è la soluzione PER questo modello di sviluppo “petrolitico”?

        io azzerderei la fine dell’era sopracitata ed un ritorno a fare gli zappaterra, senza sofismi e senza mignoli alzati, magari con un pò piu di informazioni nella testa ma la terra rimane dura e bassa…anche se molto profumata.
        (p.s. fra quelli che hanno il terreno, mi ci metto anche io, non si tratta comunque di schierarsi con i guelfi o con i ghibellini…giusto?)

  14. febbraio 6, 2011 alle 1:06 PM

    Medo, ciao!
    Se credi che il mio post prcedente siaper fare pubblicità o altro posso chiedere a Nicola di cancellarlo, non avevo intenzione di nascondermi con un nome così scomodo.

    Ci sarebbero da fare degli incisi, ma non credo che ti importi più di tanto del perchè le cose nascono in un modo e con un nome.

    Il problema dei soldi è veamente importante, più di quel che non si pensi. In alcuni momenti mi chiedo perchè certa gente (me inclusa) faccia permacultura… a volte la risposta è PER I SOLDI! E questo mi fa abbondantemente incazzare perchè ci credo e vorrei fosse accessibile a tutti come metodo di progettazione, possibilmente aggratis. Ma questo è un mio punto di vista personale.

    Purtroppo o meno male hai ragione su tanti punti.
    Io credo di essere l’incoerenza fatta persona, ma concordo al 99% con te e sulle cose che hai detto. Tranne sul partire da zero, non ripartiremo da zero anche senza petrolio.

    Mi sono fatta i conti in tasca ed ho anche delle ragnatele. Per comprare un terreno di un ettaro, costruirci una microcasa in paglia (se possibile) e fare un pò tutto quello che serve, mi sono illusa che ci volessero circa 100.000 euro, che non ho. Per fare una cosa di medio prezzo a Reggio Emilia nei calanchi ho avuto richieste di 900.000 euro per tre ettari…
    In romagna i prezzi del terreno sono più abbordabili, ma chiedono sempre un bel pò. Alla pianura non mi avvicino nemmeno per sbaglio, quattro ettari edificabili sulla via emilia a bagno di reggio emilia 2 anni fa chiedevano 12 milioni di euro.
    Il 99% di noi (come ci possiamo definire) amanti dell’orto non ha speranze di comprare.
    Forse ecovillaggi e cohousing sono la soluzione, molti amici ci stanno provando in zone remote ed inaccessibili con speranze di spendere meno, ma i proprietari dei terreni se ne sono accorti e hanno alzato i prezzi. Non so.

    Se c’è una via alternativa, parliamone. Io sono qui per ascoltare ed imparare e se possibile proporre.
    Per adesso non ho tutta questa esperienza per dire come bisogna fare le cose senza denaro.

    Lungi da me dire che coi soldi si fa tutto, ho amici che senza soldi fanno quasi tutto, ma non hanno un terreno nè una casa da mantenere nè bollette da pagare.

    Vi ricordate il tizio che ha scambiato un attache con una casa?
    Forse è un modo.

    Aggiungo che potremmo iniziare noi un processo di diffusione di nuova modalità, o no?

    Ti va di raccontarci come ha fatto tutto da solo il tuo conoscente?
    Vorrei sapere se ci sono altre vie, per questo ho postato su orto di carta per aprire un confronto costruttivo e per creare una via nuova.

    boh,
    ciao a tutti
    Elena


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