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09
Dic
10

De rerum rustica (Catone in LSD compreso nel prezzo) – Puntata n°1

Quello che segue è più o meno il resoconto di ciò che un manipolo di ormonali futuri periti agrari ha dovuto subire in quel di Biella.

Immaginate la scena. Aula Magna (nulla di pomposo a parte il nome)

Enzo ha appena finito la sua parte sulla sostenibilità ed il nostro rapporto con la produzione alimentare.

In attesa che l’amico G parta con la descrizione “tecnica” dell’Agricoltura Sinergica io mi intrometto con l’otto-volante del pindarismo agro-eco-nomos-logico.

Che poi, in definitiva, dopo che ti ho fatto vedere cosa ha creato il nostro sistema alimentare e prima di descriverti una soluzione possibile cosa diamine vuoi aggiungere?

La prendo alla larga. Il presupposto di prenderla alla larga è che prima o poi si verrà condotti da qualche parte. Ce l’ha insegnato Cappuccetto Rosso. Io, di per mio ce la metto tutta per fare il Lupo (spelacchiato, raffreddato, cisposo ma pur sempre un po’ lupesco).


La Mesopotamia del 7000 a.C. È un punto abbastanza alla larga secondo alcune teorie un po’ semplicistiche ma generalmente accettate.

Una versione molto pelosa e con un notevole prognatismo di Marta Stewart inizia a lanciare dei semi fuori dal rifugio che condivide con Urgh, ottimo esemplare maschio da riproduzione. Tant’è che nella grotta si rotolano 7-8 marmocchi.

Urgh e la sua famiglia hanno smesso di vagare in giro alla ricerca “casuale” di cibo scegliendo la moderna vita stanziale del neolitico (vedi volantino illustrativo). Questo ha comportato alcuni problemi (vedi la sproporzionata quantità di marmocchi).

Comics di David Steinlicht

La nostra Marta Stewart, dovendo sfamare la progenie inventa una cosa di cui, secondo Jared Diamond, Bill Mollison, Fukuoka ed altri si poteva tranquillamente fare a meno: l’agricoltura.

La necessità della nostra pelosa nonna è quello di ottenere energia immediata nel minor tempo possibile. La scelta cade su sementi annuali (più facilmente riproducibili, ibridabili, selezionabili e, soprattutto, pronte da mangiarsi!)

Ok. Lo ammetto… seppur io condivida alcune teorie della Gimbutas non ne condivido il sesso il che mi rende un po’ meno legato alle questioni “politiche” di genere sessuale… ma giuro che se si vuole andare a bruciare i wonderbra in piazza mi unisco volentieri se non altro perché dopo quasi 30 anni di famiglia strettamente ginocentrica mi viene più facile che andare a bruciare i sospensori…

Ma torniamo a Marta.

L’agricoltura nasce, quindi, come produzione energetica “veloce” attraverso l’uso di piante annuali. E fin qui tutto bene, con buona pace di quell’essere inutile di Urgh che colleziona lividi ed abrasioni cercando di stabilire il sesso delle capre di montagna che ha appena finito di recintare. La caccia è ormai una scusa per mollare a casa la famiglia ed andare a scovazzare con gli amici nei villaggi vicini.

E, mentre l’inutile maschio, s’aggira creando i presupposti per un disastro demografico, la Marta inizia ad impostare le solide basi per un’agricoltura insostenibile, irrazionale e controproducente:

il diserbo, la lavorazione del suolo, le concimazioni e l’irrigazione.

Forse sperava così di eliminare i problemi causati da Urgh.

Una roba un po’ alla “muoia Sansone con tutti i filistei ma soprattutto quel pirla del padre dei miei figli” con buona pace del senso materno e della protezione della specie… pim pum pam. Uno di quegli svarioni alla Vicki di “Io, Robots” (nella versione di Alex Proyas… sigh…).

No. aspettate. Non vi perdete.

A cavallo della Seconda Guerra Mondiale il buon Dr. Lowdermilk (tenete a mente: Americano… sembra una bojata ma poi…) parte per un giro del mondo dell’agricoltura per studiare cosa ha portato al collasso produttivo le varie colture e società (un Jared Diamond senza i germi e le pistole molto prima di Jared stesso) e provate ad indovinare cosa ne deduce?

Che il diserbo, la lavorazione del suolo, le concimazioni, l’irrigazione e la pastorizia (volevate mica che Urgh si limitasse alla sovrappopolazione) sono state le principali cause del fallimento della produzione energetica e, conseguentemente, delle società che quest’energia supportava.

Si perchè, per ora, quando si parla di agricoltura si parla di ENERGIA (cibo, legna, materiali da costruzione, vestiario… arriva tutto da li. Ma soprattutto: cibo. Che senza poter mangiare, col cavolo che i tecnici sulle piattaforme petrolifere estraggono il prezioso greggio…)

Ma intanto, noi siamo in una valle fertile, tra due enormi fiumi, il Tigri e l’Eufrate.

Qui, nasce l’agricoltura. Sempre secondo le solite teorie un po’ semplicistiche ma universalmente accettate (d’ora in poi sintetizzato con S.T.S.)

A dimostrazione delle analisi di Lowdermilk, qui dove siamo, ora ci sono 6000 contractors del governo americano (cifre sparate a caso) ed una serie di imbarazza nti questioni geopolitiche nel bel mezzo di una distesa di sabbia farcita di cadaveri di dinosauri. Fine del terreno fertile.

Ci sarebbe da soffermarsi sul fatto che in ogni caso le prime forme di energia si sono mosse da li: agricoltura prima, petrolio poi… ma sono già sufficientemente confuso così.

La particolarità è che la stessa cosa è successa ai terreni che vennero dedicati all’ approvvigionamento dell’Impero Romano e ad intere aree intorno al fiume giallo in Cina…

Tutte zone in cui con l’espandersi delle richieste energetiche della popolazione si provvedeva a disboscare e arare zone collinari, o dove si creavano grandi e complesse opere irrigue che o collassavano sotto il peso di una manutenzione improbabile o, alla lunga, sedimentavano sali attraverso l’evaporazione in un terreno che, se trattato diversamente, sarebbe potuto essere altamente produttivo.

Quindi, possiamo tranquillamente dare per scontato che:

l’agricoltura nasce come produzione di energia

l’agricoltura tende a creare problematiche che ledono l’agricoltura stessa

I discendenti di Urgh e Marta se ne rendono conto e spendono sempre più energie per tenere in piedi il sistema. Anche perché i figli sono sempre di più e le richieste sempre in aumento.

Tant’è che i fenomeni di carestia e le guerre per le risorse sono all’ordine del giorno.

Anche se bisogna dire che era comunque un bel l’andare… all’inizio dell’inverno si costruisce un grande cavallo di legno, lo si porta davanti al villaggio nemico, ci si scazzotta per tutto l’inverno con grandi gesta di eroismo ed atti di inconsulta vitalità machista, si scrivono un paio di capolavori che possano rimanere negli annali della cultura mondiale e si torna a casa in tempo per la nuova annata agraria. Niente a che vedere con le guerre moderne.

Ad ogni carestia, essendo noi animaletti dotati di una peculiare capacità di inventiva, (peculiare perché non sempre abbinata ad una sana capacità di preveggenza) si trovava una soluzione.

Carestia. I Sumeri inventano la canalizzazione irrigua (con conseguente salinizzazione della Mesopotamia)

Carestia. Gli egiziani inventano l’aratro a buoi (con conseguente maciullamento della struttura del suolo soprattutto se applicato a terreni minimamente in pendenza)

Carestia. Jethro Tull inventa la meccanizzazione delle seminatrici (con conseguente ipersfruttamento del suolo)

Carestia. VonLiebig teorizza l’agricoltura chimica (che manco ci pensava lui ma la Bayer ringrazia)

Carestia. Norman Borlaug si becca il nobel per la pace con il grano con cui conduce la sua Green Revolution (impoverimento della biodiversità, aumento delle meccanizzazioni, irrigazioni, concimazioni chimiche e diserbi… ma che bello…)

In mezzo a tutto questo inseguirsi di carestie e soluzioni si inserisce l’unica vera rivoluzione che abbia mai stravolto la faccia del pianeta (dopo l’invenzione dell’agricoltura): la rivoluzione industriale.

 

Mi spiace… vi toccheranno altre simpatiche puntate…



19
Nov
10

Andiamo a prendereli da piccoli!

Avete presente le streghe del Macbeth?
Ma si, dai. Quelle tre che stanno nella brughiera a far non si sa cosa ma sicuramente hanno messo la maglia di lana.
Quelle che ti profetizzano cose arcane che tanto tu o non capisci o male interpreti.
Ma si dai.
Ecco. Loro sono come le streghe di Macbeth se le streghe di Macbeth indossassero fuseaux salsiccioformi dalle fantasie improbabili.
Si annunciano con lo strombazzare furente di un cagnetto bianco e marrone privo del concetto di territorialità.
Nulla che non gli si possa insegnare facendogli la pipì in testa. Non necessariamente solo al cane.

Sono nel campo a Lessolo. Quattro giorni di pioggia hanno reso il terreno della stessa consistenza della plastilina dopo che l’hai pasticciata per mezza giornata vicino al caminetto.
Tecnicamente: un terreno assolutamente non in tempra.
Devo comunque mettere a dimora le 250 piantine recuperate dalla forestale per le siepi e, tutto sommato, il prato drena a sufficienza.

In una scheggia di sole tra una nuvola e l’altra, loro compaiono dal fondo del campo. (Questo è il bello di avere un campo in “quasi piano” molto lungo: vedi chi arriva con un buon anticipo)
La prima mi apostrofa con un volume di voce che deve, necessariamente, superare il latrare del cagnetto. “Ma cos’è che fate qui?
Per una volta rispondo in maniera adeguata. Spiego che ci stiamo trasferendo e che in attesa dei lavori sulla casa sto preparando il campo per le coltivazioni, l’orto…
Ah. Vabbè! Ma ci sono persone apposta per fare queste cose…
Il preparatore di campi era una professione che mi ero perso. Devo dire che dal “chi è che hai sepolto lì” riferito all’orto di quattro anni fa c’è stato comunque un certo sviluppo.
Spiego che ci stiamo informando il più possibile per poter operare nella maniera migliore possibile.
Le tre sembrano soddisfatte e si scambiano occhiate di complice assenso. Una, abbozza anche un link con un suo parente che… Mi raccontano che quel posto era noto come cascina “Serra”. Essendo più o meno la dodicesima nomenclatura appioppata a quel posto, inizio a pensare di aver acquistato un’ex-multiproprietà. Si dilungano in descrizioni amene della vita rurale che si dipanava in quel luogo inserendolo d’ufficio nella melensa routine agreste del nord Italia degli ultimi 80 anni e mi salutano con il migliore degli auguri. “Ah, è sempre stato uno dei migliori prati della zona. Anni fa, una ragazza che abitava qui ha affogato il figlioletto nel pozzo… o era la figlioletta?
La casa è disabitata da prima che loro nascessero.

Avete presente le streghe di Macbeth?
Insopportabili stronze.

Sto facendo nuovamente delle cose catalogabili come strane.
Sto anche raccogliendo il materiale per cercare di raccontarlo in maniera quasi adeguata.
Nel frattempo mi ripasso Odum e compagnia bella nella speranza di sopravvivere alla lezione con le 4° e 5° dell’Istituto Tecnico di Agraria di Biella martedì prossimo.
Io, l’amico G. ed Enzo siamo stati invitati a parlare di Agricoltura Sinergica e compagnia bella ma, già che ci siamo, segretamente complottiamo per alzare un pelo il tiro ampliando l’introduzione.
Bisogna prenderli da piccoli. Sennò ti diventano vecchi.




L’ orto di carta

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